Un tempo, viveva sulla Terra. E anche allora, egli era un principe fra la sua gente. Il suo branco prosperava, i suoi compagni erano sempre nutriti e forti anche durante le peggiori carestie. Nessuno osava combattere contro di lui od il suo branco.
La morte giunse per mano degli umani. Giunse dopo una gloriosa battaglia, che i loro stessi antichi nemici a lungo ricordarono nelle loro saghe.
Ma la più bella poesia ancora non avrebbe reso giustizia al valore di Pelliccia di Brina. L’onnipotente Odino lo sapeva, e mandò le sue Valchirie a recuperare l’eroe caduto.
Il Principe tornò a nuova vita, e con il suo branco ricomposto, trovò nelle foreste della favolosa Asgard una casa in cui vivere in pace.
Di recente[i], una svolta oscura della sorte aveva costretto Hrimhari a separarsi dai suoi simili, per tornare a vivere e combattere su Midgard, al fianco dei potenti Campioni dello Zilnawa. Ma il Principe-lupo non aveva mai dimenticato i suoi doveri verso Odino ed il Reame Dorato...
Un incarico in particolare, gli era stato affidato di recente da Odino in persona. Un incarico degno dei suoi talenti.
Un incarico che si stava rivelando invero più difficile del previsto.
Trovare Fenris.
Il mostro in guisa di lupo era fuggito prematuramente dal suo confino su Asgard[1], e localizzarlo era una priorità al di sopra di ogni altra fedeltà...Eppure, nonostante si stesse impegnando con ogni fibra del suo essere, ancora Hrimhari non era riuscito a trovarne traccia. Alla fine di un’altra giornata infruttuosa, il principe dal manto d’argento era crollato, esausto, in un sonno senza sogni. O quasi.
MARVELIT presenta
Episodio 11 – Il fuoco sotto le ceneri
Nei cieli degli Stati Uniti, a una quota che solo i più avanzati aerei possono raggiungere, sfrecciava un modello unico nel suo genere, la fortezza volante StarGlider-1000. Portato a piena operatività dopo la Guerra dei Mondi, l’SG-1000 era la base mobile delle Forze Speciali di Difesa Nazionale dello Zilnawa. Il più avanzato concentrato di tecnologia di ricerca, spionaggio e combattimento che si potesse rendere mobile.
E, a chi di voi si stesse chiedendo che cosa ci facesse l’FSDN in gran forze, in un territorio ben lontano dalla sua giurisdizione, rispondo di andare a dare un’occhiata più da vicino.
Precisamente, in sala comando...
...Dove il maxischermo centrale mostrava in vividi colori i particolari della più recente delle grandi tragedie.
Particolari di una città distrutta. Non un solo immobile era rimasto in piedi, la devastazione era totale. Erano passati giorni, e ancora una nuvola di polvere oscurava in parte lo scenario. Come api instancabili, gli elicotteri volavano fra le macerie, alla ricerca di un occasionale sopravvissuto.
In una finestra a parte, appariva un frammento di quell’orrore: una specie di cratere che non mostrava nulla di diverso dal resto di quella che un tempo era la città di Phoenix, Arizona.
“Quella è la nostra destinazione, Campioni,” disse Simone Giapeto, Direttore delle FSDN, dalla sua attrezzatissima poltrona di comando. “Secondo lo SHIELD, un’organizzazione chiamata Il Nido usava una fittizia società edile per mascherare una propria base sotterranea. Membri, scopi e natura dell’organizzazione possono essere ancora sconosciuti, ma le misure che erano disposti ad utilizzare per nascondere la propria presenza sono, purtroppo, più plateali.”
Giapeto passò le dita sulla ‘pulsantiera’ a LCD, e la finestra sul cratere passò a mostrare un cantiere virtuale, terminato –si trattava di un centro direzionale, del quale spiccavano quattro edifici di una ventina di piani, dalle pareti di cristallo, disposti a breve distanza l’uno dall’altro in una formazione quadrata.
Un attimo dopo, la ricostruzione mostrò uno spaccato degli stessi edifici.
- Capitan Ultra, il teamleader, provò un brivido istintivo, emozione avvertita e condivisa da Schizoid Man..
- Equinox, l’Uomo Termodinamico, non disse nulla, ma da quello che suo padre era riuscito ad insegnargli di fisica nucleare, le complesse ‘venature’ hi-tech che percorrevano i palazzi, e il loro nucleo monolitico non suggerivano alcunché di buono. Anzi, avevano un che di sinistramente familiare...
- Il Ninja Bianco rimase impassibile dietro la maschera che lasciava scoperti solo gli occhi, ma la sua mente stava già elaborando piani di azione.
- Robert Takiguchi, il giovane pilota del Mazinkaiser era impallidito violentemente. Era il solo ad avere compreso appieno la natura delle cose che stava vedendo. “Overkill,” sussurrò.
Simone Giapeto annuì gravemente, e agli altri Campioni radunati disse, “Un acronimo non renderebbe adeguatamente l’idea, e gli scienziati militari che lo immaginarono gli diedero invece questo nome.
“Overkill è, in sintesi, una bomba termonucleare composita. Ogni edificio contiene una carica, ed esse sono accuratamente sincronizzate. Esplodono come una sola, ottenendo una resa del 100% del loro potere distruttivo.
“Le fonti SHIELD affermano che il dispositivo a Phoenix è stato concepito per trasformare l’intera area urbana fino alla periferia in un unico cratere di cinquanta metri di profondità con un’esplosione a quota 0[2].
“Il gruppo locale dei Rangers è in qualche modo riuscito a disattivare questa ‘base’ del Nido, ma non a disinnescare l’Overkill. E poiché lo SHIELD ha decisamente troppe patate bollenti per le mani [3], l’ONU ha chiesto allo Zilnawa di metterci a disposizione per il recupero, la custodia ed il disinnesco degli ordigni. E, modestamente, penso che la scelta sia la più azzeccata, dato il momento.
“Capitano, lei insieme ad Equinox e Schizoid Man, vi occuperete di analizzare lo stato dei silos che ospitano gli ordigni e neutralizzare eventuali difese automatiche.
“Il Ninja Bianco e Hrimhari, appoggiati dal Mazinkaiser e dallo Starcomet di questa base, si occuperanno nel frattempo della ricerca e recupero di quanti più sopravvissuti possibile. In tale situazione, prenderanno ordini dal Dottor Daniel Stone come fossi io. Domande? Nessuno? Bene, un ultima cosa allora: il primo che di voi, che per qualunque ragione, si permettesse di uscire dal seminato, lo licenzio. Chiaro? E, sì, Dave,” fece a Schizoid Man, “Hrimhari mi ha informato delle sua ‘missione’ personale...Ed è per concedergli un po’ di spazio, che gli ho concesso un po’ di tempo per sé. E ora, Campioni, pronti a entrare in azione!”
L’SG-1000 giunse finalmente sulla verticale delle rovine di Phoenix. Il lungo muso della fortezza si aprì in quattro pannelli, come fossero state il calco della struttura sottostante. Con un suono come di un’esplosione, lo Starcomet si staccò dalla madre. I fianchi dello Starcomet si distesero per le ali a geometria variabile che erano. Il muso dell’SG-1000 si ricompose per riacquistare aerodinamicità.
La cabina dell’ascensore di plastivetro si avvicinava alla sua destinazione, i numeri dei livelli scorrere sulle pareti –3...2...1... Robert si tese.
0! Il pavimento della cabina si aprì. Robert sollevò le braccia, e si lasciò cadere
lungo il tubo telescopico che, dal soffitto del colossale hangar, portava fino al super-robot che vi giaceva sulla schiena. La macchina misurava 30 metri, un concentrato di tecnologia come non si vedeva sulla Terra dai tempi degli Shogun Warriors.
Il tubo portò Robert nella cabina di pilotaggio, all’interno della calotta cranica, che proprio sopra gli occhi si apriva in due placche a doppia punta. Robert scivolò senza difficoltà sul sedile. Il tubo si ritirò.
Posò le mani sul pannello di guida –di fatto, un touchpad che sostituiva l’antiquato gioco di leve e cloche dei predecessori. Sofisticati sensori registrarono l’impronta genetica e le onde cerebrali dal casco; richiese un microsecondo. Le luci della cabina si accesero, la calotta si chiuse con un sibilo idraulico.
Gli occhi del gigante si accesero, gialli. Le sirene di allarme risuonarono a titolo precauzionale, in quanto il personale era già stato allertato di allontanarsi. Allo stesso tempo, ogni infrastruttura era già stata ritirata in speciali alloggiamenti nelle pareti.
Il grande portello posteriore dell’SG-1000 si aprì come la bocca della proverbiale balena, mentre veniva estroflessa la pista di lancio.
Robert attese l’accensione di tutte le luci di ‘GO’ lungo le pareti del corridoio, inspirò, e, “Maziinga fuori!”.
Il super-robot venne eruttato in un fiore di fiamme di propulsori, ed andò ad unirsi alla rotta dello Starcomet.
A bordo, Robert fu subito contattato dal capitano del Comet. Sul display della sua visiera, il Dottor Stone appariva come un uomo sui quaranta, il volto magro ed affilato, dagli occhi accesi di una luce severa. In contrasto, i suoi capelli corvini erano lunghi fino alla base del collo e un ciuffo ribelle spuntava da sotto la visiera del berretto. Sulla visiera, spiccava il simbolo della Talon: un’aquila maestosa in picchiata ad ali spiegate appoggiata al globo terracqueo.
Stone, che tutto sembrava tranne un ‘Dottore’ in alcunché se non nell’arte militare, disse, “Takiguchi, ricordati di affidarti strettamente agli scansori. Sono state segnalate attività supernormali causate da disturbi nell’etere; fantasmi, insomma, e l’occhio può essere ingannato.”
“Ricevuto, signore. Ah...da dove comincio, qui? C’è solo l’imbarazzo della scelta.”
“Inizia dalla periferia nord, lungo la Statale 60. Sono giunti segnali radio da dei sopravvissuti sulle seguenti coordinate,” e le trasmise a parte. “Poiché sembra che stiano bene, non è stata data loro priorità nelle ricerche. Ora vai.”
Un X-101 uscì dal ventre del Comet, e planò verso le rovine. Una volta atterrato, ne uscirono il Ninja Bianco e Hrimhari nella sua forma quattrozampe.
Il lupo si mise ad annusare l’aria con tutta la concentrazione possibile. Era egli pragmatico abbastanza da non insistere dove non fosse necessario –se Fenris era riuscito a nascondersi così bene persino a lui, non aveva senso ignorare per questo le esigenze dei suoi amici ai quali doveva la vita[4]!
Purtroppo, era un pensiero di ben poca consolazione –ovunque i suoi sensi andassero, incontravano solo il lezzo del passaggio di Hela! La rovina di questa città di Midgard superava persino l’operato di Seth su Asgard...
I suoi occhi coglievano le forme vaghe dei caduti aggirarsi senza uno scopo, private troppo presto, troppo in fretta del loro prezioso fardello. Non osò lanciare i propri pensieri a loro, nella certezza che sarebbe stato risucchiato dalla loro disperata agonia.
Hrimhari continuò a muoversi fra le macerie, cercando...
Affidarsi agli scansori..! A Robert sarebbe venuto da ridere –persino per il suo sguardo allenato, trovare un essere umano sarebbe stato impossibile! Persino per lui, che veniva da un paese dove i terremoti erano all’ordine del giorno, quella distruzione era più di quanto potesse immaginare. Kobe era stato veramente niente, a confronto!
C’era, in una macabra ironia, un vantaggio nell’osservare un simile scenario –il più piccolo particolare fuori posto, come, in questo caso, un veicolo ancora integro e in piedi, risaltava come un pugno nell’occhio!
Il veicolo era un pickup della Ford, un ‘mulo’ come lo chiamavano gli Americani. Le portiere della cabina erano aperte, ma del guidatore stesso o del passeggero, nessuna traccia...
Robert arrestò la rotta del Mazinkaiser, ed analizzò la cabina di guida...Aggrottò la fronte. Adesso poteva notare che il finestrino dal lato opposto era rotto, e alcune chiazze di sangue decoravano il sedile del guidatore..!
“Maledizione,” sibilò il pilota.
“Ve lo dico subito, gente: qui ci vuole un miracolo, altro che le FSDN...Almeno, sappiamo che quei farabutti li sanno costruire solidi, i loro giocattoli.”
Ultra osservava il cratere dall’alto, attraverso la sua Ultravisione. Non aveva parlato a caso: i monolitici nuclei degli ordigni erano l’unica cosa rimasta intatta in quel pozzo riempito fino all’ultimo centimetro quadrato di detriti assortiti. Tirarli fuori avrebbe richiesto settimane, se non...
“Non si sottovaluti, Capitano,” disse Giapeto. “Lei è perfettamente in grado di rimuovere quelle macerie e scoprire i nuclei. E lo sa.”
Il canale di comunicazione era aperto, e anche gli altri due eroi udirono quelle parole dettate con fredda sicurezza.
“Sappiamo quale sia la fonte dei suoi poteri, Capitano,” continuò Giapeto. “Sappiamo che la pirofobia manifestata all’inizio della sua carriera era una reazione inconscia al suo dono...Dopotutto, la visione del donatore stesso era qualcosa da fare vacillare molti altri nella sua posizione.
“Lei è riuscito a trovare la forza di evolversi nell’uso del potere Ultra...Ma ancora non è sufficiente. E il tempo di attendere non è purtroppo un lusso che possiamo permetterci. Capitano, se quegli ordigni finiscono nelle mani sbagliate, possono dare vita a una catastrofe inimmaginabile. Non permetta alle sue paure di avere la meglio.”
Ultra guardò il cratere. Sudore freddo gli colava lungo le guance.
Paura?
No, ancora oggi Griffin Gogol, piccolo riparatore ed attore di second’ordine, nutriva un genuino terrore per le implicazioni del suo potere...Per la profezia che veniva insieme ad esso...E non c’era modo che persino la Talon Corporation sapesse di essa...
Per questo, si era creato un’efficace serie di barriere. Essere un super-eroe era il suo sogno nel cassetto, e fino a quel momento lo aveva soddisfatto senza esporsi eccessivamente...
Ma se avesse fatto quello che gli veniva chiesto...
Non avrebbe potuto tornare indietro.
Non era giusto... “Cap?”
La voce di Schizoid Man lo scosse dai suoi pensieri.
“Senti, amico...Insomma, qui non c’è bisogno di scervellarsi tanto. Delle tue origini non potrebbe fregarcene di meno,” lanciò una breve occhiata ad Equinox, che annuì. “Se non te la senti, lo capiamo, OK? Dicci solo dove sono esattamente quei cosi, e io e Terry scaveremo una via...”
“Non se ne parla nemmeno,”
Sotto la visiera blu, Cap aveva assunto un’espressione determinata –che diamine, era una vita che fuggiva, ed era ora di metterci una pezza! Del resto, se c’era una cosa su cui non si doveva contare, nella comunità dei super, era la validità di una profezia...
Se solo potesse convincersi di quei pensieri..! “Lasciate fare a me, e vedrete come lavora un professionista, branco di matricole.”
Si concentrò.
La scansione a radar e raggi X aveva trovato un altro particolare che sarebbe altrimenti sfuggito: un passeggero a bordo del furgone.
Una volta atterrato, Mazinkaiser si chinò in avanti fino a permettere a Robert di saltare agevolmente dalla cabina.
Il giovane aprì la porta. L’uomo all’interno era un esemplare magrolino, alto poco meno del giovane pilota. I suoi crespi capelli neri erano imbrattati di sangue all’altezza della tempia. Quello che rimaneva dei suoi occhialini pendeva pietosamente da un orecchio. Era imbavagliato e legato come un salame, ma non aveva smesso di tentare di liberarsi. Le corde avevano morso i polsi a sangue.
Robert non tentò neppure di perdere tempo a slegare la corda, ma la taglio con una lama monomolecolare inserita nel guanto.
Quando ebbe finito, l’uomo lo afferrò per le spalle con una forza disperata, la presa percettibile attraverso lo spesso tessuto antiproiettile. “LILA! Cosa ne è stato di lei?! È viva? Sta...” poi, per un momento, il suo sguardo si fece opaco.
Riconoscendo i sintomi dello choc, Robert estrasse un tubetto metallico da una tasca della cintura, e lo appoggiò alla gola dell’uomo, all’altezza della carotide. Esitò un momento, eseguendo un calcolo mentale, e, sperando di non stare per ammazzare il poveretto, premette un pulsante sul fianco del tubetto.
Si udì un breve sibilo, e lo sguardo dell’uomo si fece lucido. Il suo respiro accelerò un po’, ma era altrimenti stabile. Si guardava intorno come un giocattolo con la molla supercarica. “Gesù, non so chi tu sia ma Luigi Carlo Candelari non se lo scorderà...e se ora vuoi scusarmi...” come niente fosse, Candelieri spostò Robert e fece per uscire dal furgone. Ma non appena ebbe messo piede fuori, una mano guantata lo trattenne per un braccio.
“Al tempo, mister. La roba che ti ho dato serve solo a tenerti in piedi, e non ci resterai a lungo, in quelle condizioni.”
Candelari lo fissò come se, per la prima volta si fosse accorto della sua presenza. “Lila...Ragazzo, hai visto Lila? È una ragazza, una mezza indiana, e...” il respiro gli si fece affannato.
Robert lo aiutò ad uscire dal furgone, e lo sorresse gentilmente. “E’ tua figlia, questa Lila?”
“Uh-uh,” Candelari scosse la testa, e diede una versione succinta dei fatti che lo avevano precipitato in quell’incubo nell’incubo[5].
Su Asgard, gli uomini-lupo erano famosi per la loro abilità di scout. Non a caso, più di un dio del male aveva tentato di costringerli ad esplorare per suo conto le difese dei paladini della luce, o peggio...
Una quieta determinazione caratterizzava la specie di Hrimhari. Persino quando una pesta veniva apparentemente abbandonata, essa poteva essere ritrovata dopo molto tempo.
Trovare delle tracce di sopravvissuti sotto l’ennesimo cumulo di macerie, fu salutato dal Principe-Lupo con lo stesso entusiasmo di chi fosse riuscito a vedere il Sole in una giornata senza nuvole. Per la seconda volta, si fermò sul punto interessato, puntando con la zampa ed ululando con forza.
“Ricevuto,” disse la voce di Stone attraverso il comunicatore subcutaneo. “Stiamo arrivando. Prosegua pure, Maestà.”
E Hrimhari riprese la ricerca –strani tipi, questi uomini della Talon! Tutti quanti gli davano quel rispetto che nessun altro mortale gli aveva riservato fino a quel momento...Nessun altro, tranne Rahne. La sua bella dal pelo rosso come le fiamme, e il fuoco della passione che covava sotto il suo cuore timido, come i fuochi della vita che ancora covavano sotto le ceneri di questo sfortunato posto. Non si era ancora premunito di cercarla, ma avrebbe dovuto farlo, appena avesse avuto abbastanza tempo per sé...
Il guaio di avere a che fare con le armi da fuoco moderne, era che ormai il proiettile ti raggiungeva prima di quanto facesse il suono dell’arma stessa. Hrimhari scoprì di essere stato colpito nel momento in cui udì il ‘crack’ del fucile! Guaì, e rotolò fino a sbattere contro un moncone di muro.
“Mostri,” disse qualcuno, emergendo da un cumulo. Era una donna, una donna di mezza età che indossava abiti ormai laceri ed incrostati di sangue. I suoi capelli erano bianchi di polvere, il volto coperto da una spessa patina dello stesso materiale. I suoi occhi erano spiritati, il suo sorriso illuminato di una determinazione folle. La sua voce era un chiocciare quasi meccanico. “Mostri. Bestie. Demoni.” Ridacchiò. “Dovete essere purgati.”
La ferita si stava già rimarginando, e Hrimhari era certo di potere almeno evitare di farsi ammazzare. Ne aveva passate invero di peggiori...
Poi, le sue orecchie si focalizzarono, un attimo prima che emergessero gli altri –uomini, donne, perfino ragazzi. Tutti armati, chi di pistola, chi di fucile, chi di un coltello. Tutti non meno folli in volto.
“Dammi un pizzicotto, vuoi?” fece Equinox.
Ma Schizoid Man era altrettanto ammutolito, la mascella ignobilmente pendula.
Nel cielo, Capitan Ultra era di colpo diventato il centro di un’attività energetica che si poteva paragonare solo a una tempesta di fulmini. Saette crepitavano dal suo corpo in una successione sempre più intensa, sempre più abbagliante. I ‘fulmini’ danzavano sul cratere, e dove colpivano, le macerie tremavano, si spostavano verso l’alto come se le saette fossero state altrettante tenaglie che le avessero saldamente afferrate.
Finalmente, le macerie levitarono. Dapprima a pezzi isolati, poi in mucchi sempre più grandi...E, infine, con un rombo di frana,
l’intero cratere si svuotò in un geyser incontrollato!
In mezzo al frastuono di quell’eruzione, non si poté udire il grido di terrore di Capitan Ultra, ma la sua espressione, un momento prima che egli stesso venisse investito dal frutto del suo operato, era inequivocabile.
Poi, egli stesso divenne una parte di quel geyser.
A bordo dell’SG-1000, Giapeto osservò con orrore quell’inaspettato sviluppo...Ma non ebbe il tempo di fare di più, perché la fortezza volante si trovava esattamente sulla rotta del geyser di detriti! Un momento dopo, l’intera struttura vacillò sotto il colpo! Gli allarmi iniziarono a suonare.
“Rapporto!” urlò Simone Giapeto. “I nuclei! Erano fra quei detriti?”
Uno dei tecnici, tenuto saldamente alla sua posizione dalla cintura di sicurezza, osservò una serie di display. “Negativo, Professore! Sono rimasti nel cratere. Sono...”
“Professore!” urlò un secondo tecnico, una donna. “Letture biometriche ambientali fuori scala! I valori indicano...” Ma non aveva bisogno di aggiungere altro. Il maxischermo lo sottolineava a sufficienza.
Mentre i detriti ricadevano, nel cielo sulla verticale del cratere si erano formate delle nuvole. Cumuli neri, liquidi come inchiostro, tempestati di fulmini di un malsano colore verde.
Poi, venne il vento –una corrente così intensa da fare tremare la superfortezza. E col vento, vennero i lamenti, come se tutte le anime dannate del mondo stessero dandosi raduno a Phoenix.
“Siamo nei guai, vero?” fece Equinox.
Episodio 12 - Il fuoco sotto le ceneri (II Parte)
“Buonasera, mondo. Per la CNN,
vi parla Carmen Twohawks dal cuore delle rovine che un tempo era la
città di Phoenix, Arizona.
“Poche ore fa, il gruppo di
superumani della nazione sudafricana dello Zilnawa, i nuovi Campioni,
hanno cominciato le operazioni di recupero di strumenti tecnologici, la cui
natura i rappresentanti del CAAMIF[ii]
hanno rifiutato di rendere noti al pubblico.
“Poco fa, tali operazioni,
supervisionate dalla fortezza volante delle FSDN[iii],
hanno subito un’inaspettata battuta di arresto[iv].
Come potete vedere, il cielo sopra di noi sembra essere impazzito. Le nuvole
nere che vedete vorticare sopra di noi stanno mettendo in crisi persino la
fortezza volante, che fatica a mantenere la sua posizione.
“Eppure, quaggiù il vento non
scorre. L’aria è calda, soffocante, immobile. Si odono distintamente i rombi
dei fulmini nel cielo, la fortezza è ora illuminata come un fuoco di Sant’Elmo.
“Non possiamo non chiederci: cosa
ci stanno nascondendo? Possibile che in qualche modo le autorità
americane siano state ingannate da un governo straniero sulla
natura e gli scopi di questi misteriosi strumenti? Restate in onda.”
Cosa ci facesse una cronista con tanto di cameraman in un’area interdetta. Quali sciocchezze stesse blaterando mentre si atteggiava a pilastro della libera informazione –tutto era assolutamente irrilevante, al momento.
“Gesù...Se viene giù...” Equinox, l’Uomo Termodinamico quasi si fece il segno della croce, ipnotizzato dallo spettacolo del gigante in balia della tempesta. Al suo fianco, Schizoid Man non era meno preoccupato –e, sopratutto, entrambi non sapevano assolutamente cosa fare!
“Che diavolo state combinando?” era la voce arrabbiata di Simone Giapeto, Direttore delle FSDN. “Equinox, recupera Capitan Ultra! Schizoid Man, cerca di sondare mentalmente questo fenomeno! Le nuvole sono solo un sintomo, l’origine della cosa è in qualche modo biologica. I livelli delle bioenergie sono schizzati a livelli riscontrabili solo in una configurazione mistica di enorme potenza!”
Obbedirono senza perdere un istante. Il corpo di Equinox si levò in volo, spinto dal campo di plasma fuoriuscente dal suo corpo congelato. Si diresse verso il punto in cui era caduto il suo compagno, dopo che questi era stato investito da un geyser di detriti, pioggia apparentemente causata da una errata gestione del suo potere –ma bastava veramente così poco, a metterlo a terra..?
Cessò quei pensieri appena lo vide. Coperto di polvere, ma tutto intero, persino nel multicolorato costume. La gioia divenne subito perplessità. “Ma che..?”
Capitan Ultra stava in ginocchio, tremante, le mani poggiate a terra, il respiro affannato...
Equinox atterrò accanto a lui, e vide finalmente i rivoli di lacrime impastate a polvere che rigavano il suo volto. “Cap..?”
Lui scosse la testa, l’espressione vitrea sotto la visiera, senza neppure accorgersi del compagno. “Non...posso...Non...”
Un fulmine nel cielo scosse Equinox, che afferrò Ultra per le spalle, e lo scosse vigorosamente. “Senti! Qualunque sia il tuo scheletro nell’armadio, sfrattalo! Se non te ne fossi accorto, qui siamo nel mezzo di una...Cristo!” Un nuovo tuono fece tremare il suolo stesso! E, ancora, non un filo di vento era sceso su di loro.
Schizoid Man dovette coprirsi gli occhi –adesso, i fulmini si susseguivano a catena contro un vortice nero, seguendo le correnti nuvolose, confluendo nell’occhio in una forma sferica dapprima irregolare e frastagliata, ed a mano a mano sempre più delineata, sempre più simile a un cuore infernale dalle arterie di elettroni...
I capelli gli si raddrizzarono. Il mutante era talmente rapito da quel fenomeno, da non accorgersi quasi dello StarGlider-1000 che si allontanava alla svelta, verticalmente, da quel primo assaggio di inferno.
Potevano ancora volare, e di più, per ora, non potevano chiedere. L’HW e SW Mys-Tech resistevano a stento a quell’assalto crudo ma di una potenza incalcolabile!
Finalmente, l’apparecchio si portò sopra la formazione tempestosa, e le scosse terminarono. Sotto di loro, la tempesta era un disco frastagliato, simile a un maelstrom da incubo.
L’atmosfera a bordo, per la prima volta da quando l’avveniristico apparecchio era stato inaugurato, era venata dalla paura. La voce di Simone Giapeto, la voce del comando, sicura di sé, giunse come una secchiata d’acqua gelata.
“Signor Juliennes, stato delle comunicazioni?”
Il Francese annuì, sollevato ed allo stesso tempo sorpreso dal risultato della diagnostica. “Diagnostica negativa, Professore.”
Lo scienziato si rivolse ad un altro tecnico. “Signor Myotis, contatti il Globaltron. Usi il fenomeno in corso per una ricerca comparata su tutti i fenomeni mistici nello stato dell’Arizona dall’era Prehyboriana ad oggi. Voglio ogni dato, ogni pettegolezzo, ogni qualcosa che ci aiuti a capire che sta succedendo.”
L’uomo si era già messo in azione, e le dita volarono sulla tastiera a cristalli liquidi. Il Globaltron era il database definitivo, basato sulla stessa tecnologia ottica che alimentava il database ‘vivente’ della base dei Rangers. La ricerca, che altrimenti avrebbe richiesto giorni con i migliori mainframe in Internet, avrebbe preso poco più di...
“Professore!” uno dei tecnici, un nero, era se possibile sbiancato in volto, assumendo un tono grigiastro. Stava guardando i suoi monitor come se potessero saltargli addosso e morderlo. “E’ Overkill. I componenti nucleari...Stanno attivandosi!”
“Professore!” un altro puntò al proprio monitor. “Signore, la nostra centrale nucleare! Il flusso di decadimento è diventato irregolare!”
Giapeto sentì la gola diventargli secca. Ordinò meccanicamente al tecnico Greco di inserire anche quei dati.
Avrebbe volentieri detto che era impossibile, di ricalibrare i sistemi, di ricontrollare...
Ma non avrebbe guadagnato niente, illudendosi.
E, ora, Simone Giapeto non aveva più bisogno di ricerche.
Sapeva cosa stava per succedere.
Che Dio li aiutasse tutti!
Mentre la tragedia dell’ex-cantiere che era stata la base della misteriosa organizzazione nota come il Nido doveva ancora delinearsi in tutta la sua terribile furia,
un giovane essere umano cercava di prevenirne una. Se non era già troppo tardi.
Il mezzo per tale scopo: un piccolo velivolo monoposto dalla fusoliera triangolare monoblocco, velivolo che non aveva eguali nell’industria aeronautica al di fuori dello Zilnawa. Il Kaiser Pilder.
Volava alla più bassa quota possibile, cioè quasi sfiorando il suolo desertico costellato di crepe sismiche.
Il suo pilota, Robert Takiguchi, avrebbe voluto volentieri usare i mezzi pesanti, ma non ci teneva affatto a spingere i cattivi di turno a nascondersi più efficacemente, o, peggio, ad andare in panico ed uccidere i loro ostaggi per liberarsi di un ingombro alla fuga.
I criminali in questione erano una gang nota come le Blood Wheels –teppisti di second’ordine, che la polizia avrebbe potuto facilmente gestire...se non fosse che ora, una forza di polizia civile aveva praticamente cessato di esistere! Ogni essere umano con un’arma da fuoco era ora il re, e questi fetenti si erano organizzati per mettere su il loro bravo regno di terrore...
Robert tornò a concentrarsi sui sensori. Non poteva fare altro che muoversi in cerchi sempre più ampi, sperare che...
Il radar iniziò a lanciare segnali. Allo stesso tempo, la vide! Una nuvola di polvere grossa che era un piacere! “Bingo bango bongo...” canticchiò Robert. Quella colonna non poteva certo essere sollevata da un paio di motociclette...
Fece scorrere le dita sulle tastiere a LD e fece atterrare dolcemente il Pilder. Un altro comando, e dal muso del velivolo decollò un piccolo uccello meccanico, un drone con un occhio elettronico migliore di quelli di qualsiasi aquila.
Robert zufolò a fior di labbra, mentre seguiva lo spettacolo. Sperò proprio di non essersi sbagliato, o... “Sì!”
C’era qualche jeep, e tutte erano bene incolonnate...ma, di fatto, il più della carovana era composto da una flottiglia di moto. E ogni suo occupante portava sulla schiena un fucile o una mitragliatrice.
“Bene così, vermi...fate la posa per l’uccellino...così...” Robert regolò l’obiettivo fino al punto che si sarebbero potuti contare i brufoli sulla pelle di alcuni degli ‘Easy Riders’ in chiodo nero, ogni giubbotto recante il simbolo insanguinato delle ‘Ruote di Sangue’.
Robert sorrise –i vermi avevano fatto molto male, a lasciarsi dietro un testimone vivo[v] che potesse descriverli. Infatti, il pilota in forza ai Campioni riconobbe senza dubbio il motociclista in testa alla carovana: Jeb, dalla bandana rossa e la benda all’occhio destro. Così come riconobbe la ragazza, Lila Ironhoof, legata ed imbavagliata sul retro della jeep di testa, proprio dietro a Jeb.
Almeno, è viva, pensò Robert con sollievo. Non perse neppure tempo a chiedersi se questa missione ‘speciale’ fosse un problema o no per il Comando. Lui doveva recuperare dei sopravvissuti, ed era quello che avrebbe fatto...
Il Kaiser Pilder decollò. La velocità era tutto, ora! “Maziinga, Fuori!” E mentre gridava il comando, spinse il motore a tutta potenza.
Di nuovo quel suono!
Jeb afferrò il microfono appeso sul manubrio. “Allora, vedetta! Che diavolo era? O volete che vi lasci agli scorpioni?”
La voce maschile di risposta era esitante. “Ah...Capo...In cielo non c’è assolutamente*” Qualunque cosa avesse voluto dire, fu troncata di netto dall’esplosione che distrusse la vedetta insieme alla sua jeep!
Due veicoli, in piena corsa, sterzarono violentemente, e conclusero il loro testa-coda scontrandosi con le moto che li affiancavano.
Jeb aveva radunato gente spinta dalla fame, dalla disperazione e dal bisogno di un capo, uno qualunque. I mezzi erano stati sottratti al parcheggio aperto di un concessionario specializzato in fuoristrada su 2 e 4 ruote. Armi e cibo erano stati raccolti con raid mirati a spese dei pochi sopravvissuti sotto choc ed incapaci di reagire.
La forza della ‘banda’ era un castello di carte, e l’arrivo del Kaiser Pilder lo spazzò via con la forza di un ciclone! Moto e jeep si dispersero in varie direzioni, chi sbandando e rovinando a terra, chi proseguendo per fuggire il più in fretta possibile. Delle ‘Ruote’, solo pochi, i fedelissimi di Jeb, ebbero la presenza di spirito di sparare all’intruso...Per quello che serviva, contro la quasi indistruttibile Starlega della fusoliera...
Il velivolo superò i resti del gruppo, e,
compiendo un perfetto giro della morte,
si portò dietro alla testa del gruppo.
A quel punto, si aprirono gli sportelli, ed emersero due cannoncini Vulcan.
Jeb ebbe solo una frazione di secondo, per comprendere ed agire –al diavolo, una possibilità di vivere in più, anche con un braccio rotto, era meglio che diventare carne macinata!
Jeb si gettò a terra, mentre le altre moto, mentre i suoi amici –tutti venivano letteralmente disintegrati da un volume di fuoco sufficiente ad abbattere un caccia militare!
Jeb rotolò più volte sul suolo ardente e polveroso, sicuro di avere sentito delle costole incrinarsi...Ma non ebbe tempo di pensarci. La sua attenzione fu catturata da un nuovo suono!
Il suono dei propulsori di una gigantesca figura umanoide. Jeb credé di avere definitivamente perso la testa, non avendo mai sentito neppure nominare il potente Mazinkaiser
Vide il Kaiser Pilder sfrecciare verso il super-robot, vide il velivolo inserirsi con una fluida manovra nel cranio della macchina. Vide gli occhi del titano accendersi. Lo vide passare da uno stato di immobilità, alla ‘vita’.
Ancora Jeb non gli tolse gli occhi di dosso, mentre la terra tremava sotto il suo arrivo. Nessuno gli tolse gli occhi di dosso.
Con la solennità di un angelo vendicatore, Mazinkaiser indicò con un dito la jeep dove era tenuta Lila. “Adesso la lasciate libera. E forse vi consegnerò alle autorità, invece di uccidervi tutti.” Parlò con una voce echeggiante, gravida della serietà della sua promessa.
Il giovane che avrebbe dovuto prevenire la fuga di Lila annuì, terrificato, e si voltò ad obbedire. Jeb non ebbe nulla da dire, naturalmente –del resto, era abbastanza sveglio da capire quando la sorte aveva preso la svolta sba... “Uh?”
Improvvisamente, il super-robot si era irrigidito! Il suo corpo prese ad illuminarsi come il più grosso albero di Natale mai visto! Mazinkaiser si portò le mani alla testa, e gridò!
Poi, Mazinkaiser cadde sulle ginocchia. E in quella posizione, prostrato, rimase. Immobile.
Jeb sorrise.
Una ferita al fianco? Non certo una cosa grave. Non per lui...Almeno, lo strano dardo che il mortale gli aveva lanciato contro era passato da parte a parte. E il suo fattore rigenerante era già entrato in funzione.
Altro discorso era un’intera folla di uomini e donne, tutti accomunati dalla pazzia pura. Tutti armati. Tutti decisi ad avere il suo sangue!
Hrimhari, il Principe dei Lupi delle foreste della favolosa Asgard, soppesò in un attimo tutte le sue poche opzioni. Era circondato, debole per la perdita di sangue...Ma era anche vero che i suoi avversari erano ottenebrati, scoordinati. E la loro catena aveva un punto debole..!
Hrimhari, si tese e ringhiò ad uno degli uomini armati di fucile. Fece una finta di scattare verso una ‘preda’.
Fucili, coltelli e bottiglie rotte furono sollevati, puntati.
In un istante, l’aspetto antropomorfo fece posto alla forma ‘naturale’. Il gruppo esitò, ma solo per un attimo.
Un attimo di troppo: una specie di saetta d’argento schizzò fra le gambe di un ragazzo che reggeva una bottiglia rotta, facendolo cadere a terra. Quando i fucili tuonarono, era già troppo tardi.
Hrimhari si nascose dietro delle macerie. Ansimava –c’era qualcosa che non andava...era ancora debole. Eppure...
Persino il passaggio allo stato ‘antro’ fu doloroso. Si controllò il fianco.
Sanguinava! La ferita si era riaperta...ma non era possibile! Non...
“È l’influenza del male.” Nel parlare, apparve come dal nulla, anche se il lupo sapeva che egli era stato sempre al suo fianco.
Lui. Il Ninja Bianco.
Il misterioso mutante si chinò ad esaminare la ferita, il cui sangue presentava ora una colorazione anormalmente scura. Il Ninja mise mano a una tasca della propria cintura. Ne estrasse una polvere luminosa di riflessi metallici. “Questo brucerà, ma impedirà il diffondersi del male.”
Quando le dita guantate di bianco si posarono sulla ferita, Hrimhari si tese allo spasimo, e quasi svenne per il dolore!
“Il dolore ti impedisce di percepirlo, per ora, ma lo vedrai anche tu, fra poco.”
“Vedere..?” Hrimhari si guardò intorno, e fu la sua vista astrale, a percepirla –come una corrente oscura nella purezza del vento. Come i fili di fumo precursori del grande incendio...Venivano dappertutto, diretti verso il punto in cui si trovava... “Lo...StarGlider...” A malapena, si accorse della fasciatura in cui vennero avvolti i suoi fianchi.
In compenso, Hrimhari si accorse di un nuovo cambiamento, tutt’intorno a lui...
Un cambiamento alquanto radicale: il lupo era ancora seduto contro un muro, ma, semplicemente, il resto dei miseri resti di Phoenix era scomparso. Al loro posto, c’era ora una grande distesa ghiacciata, battuta da una tormenta il cui gelo era secondo solo ai ghiacciai del Niffelheim.
E lui era lì! La sua forma nera dai malevoli occhi di brace spalancò la bocca che un giorno avrebbe ucciso il Padre di Tutti, e quella bocca vomitò un torrente di mistico fuoco!
Hrimhari vide le fiamme investire un’altra figura, questa umana e dalla pelle scura, vestita di una nera armatura –e di più non fu possibile vedere, perché le fiamme la trasformarono in una tremenda torcia!
E mentre un’armatura vuota, semifusa, cadeva a terra, Fenris si voltò a fissare il giovane lupo negli occhi.
Hrimhari ne fu certo –negli occhi della creatura c’era timore. Era stato scoperto. Il suo destino era segnato!
A quel punto, Fenris ringhiò...e scomparve! E con lui, scomparve la visione del ghiacciaio[vi].
Hrimhari sorrise. Almeno, il contatto era stato effettuato. Ora il cacciatore poteva trovare la sua preda ovunque e comunque si nascondesse. Doveva riprendersi, e poi avvertire Odino...
Un’ondata di debolezza lo travolse. E questa volta, il lupo non ebbe bisogno della vista astrale, per vedere le correnti oscure ispessirsi, formare un disco alto nel cielo...
Il megaschermo ne era pieno, una babele di immagini ed altrettante lingue, tutte venate dalla stessa perplessità e paura. Ogni notiziario, ogni bollettino, su ogni canale –criptato o no che fosse- stava dicendo la stessa cosa: improvvisamente, in tutto il mondo, qualunque cosa avesse un motore, una pila, una testata nucleare, stava impazzendo! Le stesse miniere di uranio avevano cominciato a brillare spontaneamente...
Simone Giapeto, per contro, stava fissando con estrema attenzione una serie di cascate di dati sullo schermo della propria postazione. Non osava quasi respirare, da qualche parte di sé convinto che se solo avesse pronunciato una parola, la magia della scienza sarebbe stata esorcizzata...
Finalmente, lo scienziato annuì. Sempre fissando lo schermo, attivò il comunicatore a cuffia. “Attenzione, Campioni. Sospendete tutte le operazioni in corso: radunatevi all’ex base del Nido e preparatevi ad agire secondo le mie istruzioni. Ripeto: sospendete tutte le operazioni in corso.” Aprì un altro canale. “Dottor Stone, situazione?”
Sul megaschermo apparve una nuova finestra, questa occupata da un uomo dal volto magro ed affilato e dai lunghi capelli corvini. Daniel Stone sudava freddo. “Professore...Ah, qui sono stato costretto a fare atterrare lo Starcomet. Le pile nucleari sono...Ma lo sa già, immagino.”
Giapeto annuì. “Lo sconvolgimento del mana, causato dall’improvvisa morte di quasi un milione di persone e numerose altri esseri viventi, ha fatto da catalizzatore per la Darksoul. Il processo potrebbe essere arrestato, ma l’unico che può farlo, Karshe, è irrintracciabile per ora[vii]. Possiamo solo sperare di potere arrestare il recipiente di quello spirito dannato nei suoi primi momenti di vita, prima che focalizzi appieno il suo potere.” Perché se ciò fosse successo, ogni molecola radioattiva sarebbe entrata a far parte di una reazione a catena globale incontrollabile!
Un rapido consulto con Giapeto aveva prodotto una risposta che il giovane super-essere sintetizzò in una frase fin troppo chiara. “Non credo che ci sia altra scelta, uomo: a mali estremi, estremi rimedi.”
Ormai la luce era insostenibile per l’occhio umano. Nel disco nero erano visibili le tormentate forme astrali delle anime dei deceduti. Gli spiriti urlavano, prossimi ad essere intrappolati in una condizione peggiore della morte...
Schizoid Man ricambiò l’occhiata di Equinox senza esitazioni –in fondo, era la prima volta che tentava di intervenire sulla psiche di qualcuno, ma se l’alternativa era diventare cenere radioattiva...
Una mano nera e una mano ocra si posarono sulle tempie di Capitan Ultra...E un attimo dopo, due mani coperte di pelliccia argentata si posarono su quelle del mutante.
Il Ninja Bianco, provvidenzialmente apparso come al solito grazie al suo teletrasporto, si dispose in posizione di difesa accanto ad Equinox. Yllyni si mise sulle teste dei suoi eroi. La tempesta mistica aveva almeno un effetto positivo sulla minuscola figura della faerie, che accumulava mana a un ritmo frenetico.
“Hai bisogno di una guida, amico mio,” disse Hrimhari, fissando Schizoid Man. Il principe lupo avrebbe dato l’anima per riposare, ma mantenne la voce ferma, rassicurante, ipnotica. “In una foresta tortuosa, solo i talenti di un cacciatore possono guidarti verso la meta. Seguimi. Corri con me.”
Dicono che quando guardi un lupo negli occhi, quegli occhi possono restituirti lo sguardo. Dave Martin si perse nello sguardo ambrato, si perse nei propri pensieri, entrò in un mondo fino a quel momento solo immaginato. Tutto intorno a lui scomparve. Si ritrovò circondato da un tunnel amorfo di luci, suoni, sensazioni che minacciavano di travolgerlo; e in quel vortice, l’ombra luminosa di Hrimhari, come l’occhio quieto del ciclone, correva davanti a lui. E lui la seguì, evitando di fissarsi sui ricordi che non erano i suoi, non osando fermarsi, non osando indugiare.
Martin vide la vita di un uomo scorrergli davanti fin dalla nascita, fin dal momento in cui lo stesso soffio vitale toccava il suo corpo, per trasformare un efficiente agglomerato di organi in una creatura unica. Vide l’infanzia, con i suoi mille traumi e problemi. Hrimhari lo guidò nei recessi delle memorie più tormentate, i cui colori erano cupi e desideravano inghiottirlo per alimentarsi di nuovo dolore...
E proprio quando Schizoid Man credè di soccombere all’ordinato caos della mente dell’amico, Hrimhari si fermò. Solennemente, si voltò a guardare l’amico. Si mise seduto, ed ululò.
E fu la luce.
°Signore Iddio...° Mai fu frase più azzeccata.
I turbini erano scomparsi. Il caos aveva ceduto il posto all’impossibile. La forma astrale di Dave Martin era ancora dentro la mente di Griffin Gogol, il mutante lo sapeva...
E quella mente ospitava il cosmo stesso. Uno spazio infinito, tempestato di stelle, la gloria del tutto.
E al centro di quella gloria stava il Creatore. Una figura immensa, così grande da potere prendere in mano una stella come un giocattolo. Una figura umana, vestita di una semplice tonaca bianca. Una figura dal volto antico come l’Universo stesso, incorniciata da capelli bianchi e lunghi come la barba fluente.
L’essere sedeva su un trono d’oro, in una posizione rilassata, propria di chi si può permettere il lusso di contemplare una cosa piccola come il cosmo dall’alto della propria presenza.
Il Creatore, aveva pensato Schizoid Man, mentre galleggiava di fronte a quel volto. Si sentì semplicemente annichilito, a quella vista. °Sei..?°
La testa annuì. Sono Dio. La sua voce era assurdamente quieta, ed allo stesso tempo forte abbastanza da annientare interi soli con una sillaba.
E adesso, che cavolo faceva? Era un frammento di immaginazione impazzita di Cap? Era per questo che..?
Sono il Padrone del Sole. Sono colui che ha donato a Griffin Gogol il suo potere.
I pensieri del mutante continuavano a girovagare come cani sciolti. Gli venne da ridere forte: aveva appena scoperto che Cap era un egomaniaco di quelli tosti, per arrivare a una simile vetta –quello, o si era sparato della roba davvero buona!
Dio
sorrise, come un padre benevolo. So
cosa stai pensando, e per questa ragione dovresti comprendere il tuo amico.
Come tanti figli miei, lui crede in me con sincerità...Ma la mia Visione può
mettere a dura prova una fede basata sull’Invisibile...Così, egli non si crede
ancora capace di gestire il mio dono. Non desidera una responsabilità così
grande sulle sue spalle, come molti miei fedeli che lo hanno preceduto. Il
dubbio è pur sempre una condizione necessaria al libero arbitrio.
E adesso cosa?
Simone Giapeto osservò i valori biometrici di Capitan Ultra. La sua mente andò automaticamente a un guasto, o a interferenze causate dalla ‘tempesta’.
Cuore, polmoni, cervello –il corpo e la mente erano in ordine, certo...Ma ben altro discorso era l’aura. Il mana dell’eroe sembrava essersi amplificato a livelli...
“Professore! Ci siamo!”
L’uomo sudò freddo, tornando a concentrarsi sul megaschermo. “Signora Vorijskov, prepari tutti gli armamenti utili. Se Capitan Ultra non rinviene dal suo stato prima di adesso, dovremo essere noi ad appoggiare i rimanenti Campioni.”
Il disco nero, con il suo carico di saette e di anime, si contrasse in un batter d’occhio alle dimensioni di una figura umana, amorfa, abbozzata.
Poi, dal cuore della creatura esplose un raggio nero come un frammento di tenebra.
La lama oscura penetrò nel suolo. Spazzò via detriti e terreno come se neppure esistessero.
Equinox, Yllyni e il Ninja Bianco osservarono un mucchietto di resti umani, carbonizzati, emergere da quel cratere, trascinati nella luce nera come in una allucinante Ascensione.
Equinox sollevò le braccia, già illuminate dal plasma. “Niente da fare, cocchino! Qualunque sia...Uh?”
“No!” lo interruppe bruscamente la voce di Giapeto. “Quello stato fisico può essere la nostra sola speranza di batterlo appena il processo sarà completo! Non vi avvicinate neppure!”
In quel momento, i resti –cioè il teschio, parti della gabbia toracica, la colonna vertebrale, e una tibia- furono assorbiti nel proto-essere di energia, nella Darksoul...
E fu la luce!
Un lampo fatto di fotoni e di grida ultraterrene, un sole che portava con sé il gelo dell’inferno più profondo.
Un inferno dal quale William Taurey era appena tornato!
Era tornato, ed era ora diventato uno con la sua guida, lo spirito maligno che diede il suo potere all’Uomo dei Miracoli!
Episodio 13 - Dies Iræ (I Parte) [un Inferno2 tie-in]
Centro Comando Aviotrasportato delle FSDN dello Zilnawa StarGlider-1000
“Hmm…questo sì che è interessante.”
A parlare, era stata una creatura il cui aspetto era decisamente il migliore candidato al termine di ‘interessante’, piuttosto che il suo paziente.
Si trattava di una femmina, che di umano aveva la morfologia e le proporzioni –tutt’altro che irrilevanti. Per il resto, dai lunghi ciuffi di pelliccia candida che spuntavano dalle maniche dell’uniforme immacolata con una stella rossa sul petto, alla folta coda rossiccia e curvata, alla postura digitigrada su zampe coperte da stivaletti che lasciavano scoperte le punte artigliate, al delicato muso affilato, la femmina era un perfetto esempio di Collie.
“Interessante in che senso, Dottoressa Carmidia?”
Senza scomporsi un pelo della flemma, l’antropomorfo animale si voltò verso il suo superiore, Simone Giapeto. “Professore, la mente del paziente è perfettamente attiva su tutti i livelli. Fisicamente, il suo corpo è in forma perfetta. Il problema è che non ne vuole sapere di uscire dal suo stupore. Ha paura.”
Giapeto fissò il paziente, cioè Capitan Ultra, teamleader dei Campioni dello Zilnawa. L’eroe, nel suo costume multicolorato, era immerso in una vasca di duroglass, riempita di liquidi nutrienti/medicanti e naniti che permettevano la respirazione senza maschera. Altri naniti disciolti nel liquido registravano e trasmettevano ogni più piccola variazione metabolica nell’eroe.
Giapeto scosse la testa. Lo sapeva, che le informazioni su questi super-esseri imposti da Alexander Thran erano ancora incomplete! Ed il momento di questo collasso non poteva essere peggiore!
Il comandante della fortezza si torturò il mento con due dita, rimuginando sulle opzioni, potendo solo considerarne una: aspettare. Senza Ultra, recuperare le quattro bombe nucleari che minacciavano l’intera area di Phoenix –o, meglio, quello che ne rimaneva, era impossibile. C’erano troppe macerie, da rimuovere… “Dottoressa, faccia tutto quello che deve per scuoterlo, a costo di impiantargli naniti nel cervello e farlo diventare una marionetta.”
Decisione difficile, ma indispensabile: lo Zilnawa aveva bisogno di una buona pubblicità, per tranquillizzare l’opinione pubblica sull’idea di una base capace di fregarsene elegantemente dei confini nazionali…Senza contare che quegli ordigni potevano tornare molto utili…
Con tali, ed altri, pensieri per la testa, Giapeto uscì dalla stanza. Dietro di lui, il medico-cane scomparve in uno scintillio.
Giapeto entrò in una cabina –praticamente, una specie di vagone mobile pneumatico. La partenza fu veloce, gli scossoni smorzati dagli assorbitori inerziali.
Uno di quegli altri pensieri riguardava lo stato del gruppo.
Un membro in particolare: Robert Takiguchi. Il GPS teneva sotto controllo il suo ‘mezzo’, il super-robot Mazinkaiser, ma quanto al pilota, se ne era allontanato senza alcuna spiegazione. I contatti si erano interrotti con la malaugurata rinascita dell’Uomo dei Miracoli, e nel periodo che ci era voluto per sconfiggere il nuovo possessore della Darksoul, poteva essere successo di tutto![viii]
La porta della cabina si aprì, pochi istanti dopo, sulla sala-comando. Almeno, c’era di buono che, per ora, il redivivo William Taurey era fuori gioco. Il suo potere destabilizzava ogni materiale fissile nel mondo, e il black-out con Mazinkaiser ne era stata la conseguenza.
“Rapporto danni, signori,” disse, mettendosi seduto sulla poltrona sopraelevata al centro della sala. Subito iniziarono ad alternarsi le voci da ogni tecnico presente, in una cacofonia ordinata. Avrebbe potuto facilmente essere aggiornato in un attimo dal computer, ma era più importante mantenere un’interfaccia personale con l’equipaggio, che non doveva mai sentirsi ‘alienato’ dai superiori o spersonalizzato.
Completato il rapporto, Giapeto contattò il resto del gruppo. Almeno, potevano rendersi utili sorvegliando il sito delle bombe.
Sul monitor grande, che mostrava una panoramica delle rovine di Phoenix, si aprì una finestra occupata dal volto fiammeggiante di Equinox, l’Uomo Termodinamico. “Come sta Cap, Professore?”
Giapeto riassunse la situazione. “In sintesi, signori, è inutile tentare di recuperare le bombe con altri mezzi che voi. Potremmo usare gli LMD[ix], ma il software Seldon indica un eccesso di negatività da parte dei media. Siamo costretti a mostrare vulnerabilità. Avete notizie da Hrimhari?”
Il metaumano scosse la testa.
Giapeto bestemmiò in un dialetto norditaliano a fil di voce, ma lì non si poteva fare proprio un bel niente –non fino a quando Fenris non avesse deciso di restituirlo sano e salvo. Forse.
Alla fine, che gli piacesse o no, l’unica era mandare i tre Campioni alla ricerca di Robert. Anche se letteralmente nessun altro poteva pilotare Mazinkaiser, perdere altro tempo era un’opzione inaccettabile. Giapeto fu sul punto di trasmettere l’ordine...quando, ancora una volta, il mondo impazzì.
O, meglio, per primo suonò l’allarme generale. Giapeto, come ogni singolo membro dell’equipaggio, ebbe appena il tempo di chiedersi cosa avesse potuto spingere il computer di bordo ad attivarlo, quando dalla sala di comando, e da ogni possibile finestrino e monitor, la risposta fu orrendamente chiara.
“Signore Iddio...” Giapeto quasi si fece il segno della croce. L’allarme divenne il solo suono risuonante nella sala-comando.
Era come un’onda nera, sul maxischermo. Nasceva da un punto di fronte al Sole, dando l’impressione che fosse l’astro stesso a starsi spegnendo per un qualche cancro cosmico.
Prima ancora che i sistemi automatici zumassero sul fenomeno, giunsero i suoni. Un coro di risate, decine, centinaia, migliaia di voci su tutto lo spettro dell’atroce, voci dannate e felici di esserlo, di anime malate pronte a contaminare qualunque cosa sulla loro strada.
Un attimo dopo giunse l’ingrandimento.
Erano demoni. Un numero incalcolabile di mostri venuti dai più profondi abissi del male. Un’orda tanto fitta da sembrare liquida. E orribilmente veloce.
Un orrore ipnotico nella sua vastità. Giapeto dovette farsi forza, per scuotersi, e quando l’ebbe fatto, attivò il comunicatore esterno. “Campioni! Ritirata, ritirata! Rientrate alla base adesso! Non potete combatterli!” Poi, alla consolle, “Madre, raggio trattore, adesso!”
T: -0h, 20m, 51s – Il Deserto ad est di Phoenix
“Mettiamola così, amico, chiunque tu sia: o puoi fare qualcosa, o non la puoi fare. E non ho proprio intenzione di aspettare di perdere la mano.”
Dentro la cabina del Mazinkaiser, Robert Takiguchi serrò i denti in frustrazione. Le aveva tentate tutte, ma il robot era praticamente morto: non appena la pila nucleare che lo alimentava aveva dato fuori di matto, il sistema era andato in shutdown per evitare danni ai suoi delicati componenti. Inoltre, quella specie di ‘cortocircuito’ aveva causato un ben doloroso feedback ai danni del collegamento mentale fra il pilota ed il robot. Col risultato che, anche diversi minuti dopo, Robert si sentiva come se il cervello gli fosse appena uscito da un frullatore.
Almeno, attraverso la calotta di vetro unidirezionale, il criminale di nome Jeb non poteva vederlo. Robert poteva permettersi di aspettare ancora qualche minuto, nell’attesa di riprendersi...
Pio desiderio! Uno dei fedeli di Jeb, leader della banda delle Blood Wheels, trascinò una ragazza accanto all’uomo in bandana rossa da pirata e bomber chiodato. La ragazza, una mezzosangue indiana dai lunghi capelli corvini, era saldamente legata ai polsi ed alle caviglie, e la sua passività era solo dovuta all’avere compreso che sprecare forze a dimenarsi era pressoché inutile.
Fulmineo come un serpente, Jeb posò una lama paurosa sulla gola di lei. Sorrideva con la sicurezza di chi non stava bluffando. “Hai 10 secondi per uscire da quel bambolotto gigante, poi lei avrà una nuova bocca per respirare. Uno...due...tre..."
E che altro poteva fare, il pilota? Tirò una maniglia posta sul bracciolo, ed attivò l’apertura idraulica manuale. Con un sibilo, la calotta si aprì. Jeb era arrivato al ‘nove’ proprio in quel momento.
Robert uscì lentamente, le mani alte, ed in tale posizione, saltò giù. Subito una delle ‘Ruote’ si avvicinò abbastanza da prendergli le pistole dalle fondine.
Jeb era sinceramente sorpreso. “Un moccioso? Cazzo, sembri abbastanza piccolo da andare avanti a latte e biscotti di mamma. E Giapponese, per giunta...” Scosse la testa. “Obbe’, tanto da te mi basteranno le istruzioni per pilotare...”
“Il software di guida,” lo interruppe pacatamente Robert, “è un sistema multistrato. Deve riconoscere contemporaneamente la mia voce, i miei parametri fisici, il mio DNA, ed i miei tracciati mentali. Altrimenti, Mazinkaiser resta come lo vedi.”
Jeb fece una mezza smorfia, poi fece un cenno al suo sottoposto. Il giovane barbuto fece vacillare Robert con un nerboruto manrovescio.
Mentre il giovane inghiottiva il proprio sangue, Jeb, con gelida rabbia, disse, “Quando Jeb dice ‘abbaia’, tu abbai, cane mangiariso. Quando Jeb dice ‘taci’, tu stai zitto e scodinzoli. E Jeb ti dice di tacere, chiaro? Ve ne devo una bella grossa, da quando voi giallini mi avete fatto fuori i nonni durante la Guerra. E non pensare che ti creda, sul tuo software-torta. O mi insegnerai a pilotarlo, o aprirò la tua amichetta apache come un quarto di bue. Chiaro?”
Robert annuì. Che lo stronzo la lasciasse incustodita solo per un minuto..!
Durante quel ‘colloquio’, il resto della banda, cioè quelli che erano sopravvissuti all’attacco del Kaiser Pilder[x], radunò i pochi mezzi rimasti. A quelli che non avevano un mezzo, Jeb diede ordine di prendersi tutte le armi disponibili, e fece distribuire cibo ed acqua. “Voi restate qui. Neppure un cane deve avvicinarsi a pisciare su quel Mazincoso, chiaro? Noi ritorneremo presto con il rinforzino.”
Robert fu ammanettato polsi e caviglie, e portato su una jeep separata da quella dove stava Lila Ironhoof. Per conto suo, la ragazza non ci stava capendo nulla, salvo che avrebbe dato l’anima al Diavolo in persona, pur di potere tornare indietro nel tempo, per essere rimasta a casa, invece di andarsene ad una festa con gli amici per l’ennesima volta...Chissà cosa stava facendo lui, in quel momento[xi]...
La carovana si avviò. Jeb, seduto al volante, una pistola di Robert puntata su Lila al suo fianco, dalla radio disse al pilota, “Nel caso fossi curioso, mangiariso, ci stiamo dirigendo ad un vecchio bunker della Guardia Nazionale che i buromani di Washington si sono dimenticati di possedere. Me ne ha parlato, e con dovizia di dettaglia, un collega carcerato, un G.I. che aveva il solo vizio di spassarsela troppo con le signorine facili.
“In quel posto, troveremo tutto quello che ci serve per passare il tempo in allegria, mentre tu mi dirai tutto quello che c’è da sapere, e senza ficcanaso ad interromperci...anche se credo passerà un bel po’ di tempo, prima che la legge possa riorganizzarsi decentemente.”
Robert teneva lo sguardo sulla strada. Era impassibile, un filo di sangue incrostato gli decorava un lato del mento, ma aveva voglia di sorridere...
Adesso, doveva solo prepararsi. Iniziò a concentrarsi.
T: -0h, 5m, 12s
Il panorama non dava la minima impressione di una presenza di strutture costruite dall’uomo. Non c’era un sentiero visibile, niente di niente. E il Sole sembrava più caldo del solito...
L’aria era come elettrica. Tutti, Robert compreso, si sentivano più tesi del normale, come se l’aria fosse stata satura di ‘cattive vibrazioni’...
Robert era pronto, almeno. Una scossetta elettrica dalla ricetrasmittente nel casco gli aveva da poco segnalato che Mazinkaiser era di nuovo operativo. C’era solo da sperare che la burocrazia militare avesse deciso di dare torto alle rosee previsioni del capo delle Blood Wheels, o era finita. Jeb poteva parlare ed agire come un figlio di troia, ma non era uno stupido, non avrebbe abbassato la guardia...
Nel rumore dei vari motori di due e quattro ruote, il suono non fu neppure percepito, all’inizio. E quando, finalmente, le ‘Ruote’ in testa se ne accorsero,
era già troppo tardi: come un angelo vendicativo, un elicottero da guerra, armato di tutto punto, era su di loro!
Robert agì: tese i muscoli, e spezzò le manette –una particolare tecnica meditativa gli permetteva di aumentare il livello di adrenalina a livelli di solito riscontrati nei famigerati Berserker nel pieno della loro follia. In quello stato, Robert poteva combattere, per un breve periodo, con la forza, la precisione e l’agilità di un superuomo. Si trattava solo di sapere usare al meglio quel tempo.
E lui lo fece. Spezzate le manette, si voltò a spezzare il collo del suo custode con un solo pugno! Afferrò il volante, e girò la jeep direttamente contro quella di Jeb, che ancora non sapeva a quale minaccia dedicarsi per primo...E quando lo capì, i due veicoli si erano già scontrati!
Robert non attese che il testacoda finisse. Lasciò il volante, e con un salto fu sul cruscotto dell’altra jeep. Istintivamente, Jeb sparò, ma colpì solo l’aria vuota. Un secondo dopo, si ritrovò un piede stampato in faccia!
Robert si sedette sull’inerte Jeb, afferrò il volante e frenò a tavoletta. “A proposito, signorina: il signor Luigi Candelieri sta bene. È stato lui, a mandarmi sulle sue tracce.”
A quelle parole, lei quasi svenne dalla gioia, dimenticandosi persino di essere ancora ammanettata. “Io...grazie, signor...” Certo che Jeb aveva ragione, quel ragazzino avrebbe potuto essere un suo fratellino, anche se per come parlava ed agiva –senza contare un fisico ben più sviluppato di quello di un coetaneo- poteva essere scambiato per un maggiorenne, a prima vista. “Ma...Mio padre? Non sa niente di lui? Sta bene..?”
Robert scosse la testa. “Non ho ancora avuto modo di controllare. Ma ci vorrà poco, glielo posso promettere.”
Dietro di loro, la banda si era nuovamente sfaldata. L’elicottero stava atterrando davanti a Robert in un accecante turbinio di polvere.
Jeb era stato stupido, almeno in quell’occasione: con la distruzione di Phoenix, e l’imposizione della legge marziale, non c’era neppure da scommettere, che i militari avrebbero rispolverato ogni singola struttura, anche quelle risalenti alla Guerra Civile!
Armi in pugno, cinque soldati scesero dall’elicottero. Robert scese dalla jeep. Si sentiva a pezzi per lo sforzo sovrumano, ma non poteva permettersi di recuperare adesso. Urlando per farsi sentire sopra il rotore, si presentò e diede ad uno di loro, un sergente, la sua tessera di membro delle FSDN. Dato un rapido aggiornamento sulla situazione e sugli altri ‘gentiluomini’ in fuga, e mentre Lila veniva liberata, Robert disse, “Sergente, la ragazza deve essere riportata da suo padre. Contatterò la mia base per...” Non finì la frase.
Fu come se un banco di nuvole si fosse materializzato davanti al Sole, creando come un crepuscolo. Poi, un allarme risuonò nel casco!
Robert reagì voltandosi in direzione della ‘nuvola’; abbassò gli occhialini. Subito, ebbe una visione ingrandita di un particolare della nuvola...
Fece scattare la mascella quasi automaticamente, attivando il richiamo per il Mazinkaiser. Pregò solo che il robot facesse prima di quell’orrore composito, che si stava estendendo ad una velocità spaventosa! Mazinkaiser, come ogni singolo pezzo di hardware di proprietà dello Zilnawa, era protetto da dispositivi Mys-Tech. Una volta nel robot, Robert non avrebbe corso alcun rischio contro quelle creature maligne...
Perso nei suoi pensieri, Robert non si accorse dell’improvviso cambio di espressione di Lila.
La ragazza, improvvisamente, sorrideva. Sorrideva perché, come un raggio di sole, nei suoi pensieri cupi si era fatta largo una singolare certezza –che non doveva assolutamente continuare a preoccuparsi per il suo caro paparino, se questi fosse morto. Giusto? Certo, lei era una cattiva ragazza...ma le cattive ragazze andavano dappertutto, lo sapevano tutti..! E una volta liberatasi di suo padre, a chi altri avrebbe dovuto rendere conto se non a sé stessa?
Mazinkaiser stava arrivando. Robert tirò un sospiro di sollievo...e perché, poi?
A pensarci bene, in fondo, per cosa stava rischiando la vita, combattendo come un pazzo minacce a destra e a manca, quando aveva bene il diritto di vivere una vita felice e spensierata come i suoi coetanei? Non aveva già sudato abbastanza, per salvare quello stupido lucertolone di Godzilla? Chi cazzo glielo faceva fare, di farsi trattare come una specie di marionetta?
Il super-robot atterrò in una fiammata dei jet podali. Il suolo tremò per l’impatto.
Robert guardò la sua macchina. Anche lui sorrideva, adesso. Era finalmente giunto il momento di farla pagare alla grande, ai bastardi che non sapevano fare che sfruttarlo in nome di un’utopia risibile.
Poi, avrebbe fatto sapere al mondo intero chi era Robert Takiguchi!
Un raggio trattore dalla cabina di pilotaggio lo avvolse, trascinandolo verso l’alto.
Quando fu dentro, Robert attivò il link mentale...Trasmettendo al robot la propria contaminazione spirituale.
In risposta, la macchina divenne di colpo nera, di un nero lucido ed abbagliante come ossidiana. Con un orrendo suono liquido, la griglia della bocca si aprì longitudinalmente, il metallo comportarsi come mercurio,
fino a quando non fu rivelata una ghignante bocca zannuta.
Negli occhi comparvero due pupille a fessura, mentre questi si deformavano in un’espressione crudele come il ghigno.
Mazinkaiser si batté il petto, e ruggì la sua rinascita demoniaca!
Phoenix
L’allarme arrivò tempestivo...Ma non abbastanza veloce.
Nello stesso momento in cui Simone Giapeto si rivolse ai Campioni a terra, era già troppo tardi.
Schizoid Man non udì il suo superiore. Avvertì solo l’improvvisa fitta all’addome, come una pugnalata di ghiaccio, un male che si diffuse in lui alla velocità del pensiero.
Il mutante cadde in ginocchio, la sua voce carica di un familiare tono piagnucoloso. “Oddio...Oddio...Cosa è successo...Cosa ci faccio qui..?” Poi, la personalità di Chip Martin fu, per un momento, nuovamente sommersa da quella di Dave Martin, il cui tono era amaro, deciso, l’esatto opposto. “Ma stai zitto, essere inutile! Non ti ci provare nemmeno, a...” un attimo, appunto, passato il quale Dave urlò!
Schizoid Man cadde disteso, in preda ad una crisi epilettica. E quando fu passata, al posto di un uomo il cui corpo era diviso per la lunghezza in due colori, c’era ora un individuo in abiti civili, laceri, i capelli castani arruffati.
C’era solo Chip Martin. “Mamma..? Papà..?” gli era già capitato, altre volte, di trovarsi da qualche parte senza sapere minimamente cosa avesse fatto l’’Altro’. La vista degli orrori nel cielo, le rovine della città, l’astronave nera sopra di lui...Doveva essere un incubo, sì, senza dubbio era così.
Alzarsi, correre via a gambe levate, per quanto malferme, gli venne semplicemente istintivo.
Equinox vide il suo teammate fuggire, ma la cosa non poteva interessargli di meno.
Perché la sua mente era interamente occupata da ben altri pensieri. O meglio, da un solo pensiero.
Un pensiero che aveva una forma precisa, davanti ai suoi increduli occhi.
La forma dei suoi genitori!
O meglio, due orrendi simulacri, come il giovane Terrance Sorenson li ricordava nei suoi momenti più cupi.
“Una delusione dopo l’altra...L’ho sempre detto, che non hai alcun valore, figlio.” Suo padre era una mostruosità scarnificata e bruciata dal fuoco. Il volto bruciato mostrava i denti scoperti, bianchissimi, e due bulbi oculari assurdamente integri e carichi di odio, nonostante non ci fossero più muscoli facciali a dare un contorno a quell’espressione. Il cadavere levò un dito accusatore scarnificato, brandelli di pelle pendenti intorno alle falangi. “Se non fosse stato per te, avrei potuto portare avanti le mie ricerche, scalare il successo che mi spettava! Guardati, adesso, sei solo un mostro! Inutile! Un giocattolo da usare a convenienza degli altri, una cavia malriuscita!”
Equinox cadde in ginocchio, il corpo un alternarsi impazzito di ghiaccio e plasma infuocato. Scuoteva la testa, guardando implorante verso la madre. “Io...”
Non l’aveva vista morire, ma quando le avevano detto di cosa era morta, Terrance non aveva avuto difficoltà ad immaginarlo. Con la mente, aveva visto cosa il cancro da radiazioni le aveva fatto, il suo corpo rinsecchirsi, disseccarsi dall’interno, mentre i capelli cadevano a ciocche, ed il sangue le usciva da ogni orifizio. Aveva desiderato di diventare cieco lui stesso, gli occhi velati dalla cataratta, la mente vacillante e delirante –un corpo tenuto vivo da una crudeltà mascherata da pietà Ippocratica...
Il cadavere di Amanda Sorenson, così gracile che un soffio di vento avrebbe potuto fare volare via, si chinò ad accarezzare la testa del figlio. Parlò con una voce, per contro, identica a quella di un’Amanda in piena salute. “Tu non sei inutile, figlio mio...Ma resti un incidente di percorso. Se mi avessi dato retta, quando ti dissi di non gettarti nel fuoco a salvare tuo padre, ora saremmo vivi, io e te. Sono così infelice, al pensiero di avere sprecato la mia vita per una cosa così inutile come la tua esistenza...Vuoi farmi felice, Terry? Vuoi restare con me, adesso? Per sempre?”
Singhiozzando, lui si rifugiò in quell’osceno abbraccio contro seni avvizziti e putrescenti. “Lo voglio, mamma. Lo voglio davvero...Ho tanta paura...Non voglio restare solo...”
Non vide i due cadaveri sorridere...
...Come non li videro i tecnici a bordo dell’SG-1000.
Per loro, per gli strumenti, Equinox stava semplicemente in ginocchio, ad abbracciare l’aria, parlando con i fantasmi della propria mente.
‘Non si tratta di una possessione karmica,’ disse, con perfetta modulazione umana, il computer centrale detto Madre. ‘In qualche modo, almeno nel caso specifico, l’effetto di alterazione della realtà influisce sui processi mentali, liberando le aree represse ed ostili del pensiero delle vittime.’
Inutile chiedere se l’equipaggio dell’SG fosse in pericolo –sarebbe già successo. “Madre, possiamo usare il raggio vettore su di loro? Teleportarli?”
‘Mi dispiace, ma è impossibile effettuare un puntamento. Gli scansori sono fortemente ostacolati dall’iper-attività karmica.’ A confermare le sue parole, la semplice interfaccia video del maxischermo era erratica, disturbata. A tutti gli effetti, la fortezza volante da miliardi di dollari era cieca.
Sorda e muta, almeno quello, no: i canali su frequenza subspaziale erano inintaccati dall’eccesso di magia. E, attraverso i canali dello Zilnawa, stavano ricevendo notizie molto sconfortanti.
Il fenomeno era, di fatto, esteso in tutto il mondo[xii]! Orde di demoni e casi di follia di massa erano di colpo diventati all’ordine del giorno. Anche nello Zilnawa, coloro che erano stati colti di sorpresa, fuori dalle loro case, ora vagavano in preda ai propri demoni interiori...
Giapeto batté un pugno sul bracciolo –almeno sapessero cosa stava provocando quegli effetti! Per quanto ne sapeva, in quel momento, i capi delle potenze nucleari stavano decidendo di esorcizzare le loro paure con il fuoco delle bombe!
Bella fregatura, possedere un sistema di comunicazione così esclusivo, che solo 2 nazioni al mondo lo possedevano...E forse, era il caso di contattare l’altra, per stabilire una tregua e coll*
Di nuovo l’allarme! Il maxischermo stava già mostrandone la causa.
Fu di nuovo ammutolimento.
Perché il demoniaco Mazinkaiser stava arrivando a tutta velocità verso di loro!
Madre valutò la situazione ed attivò la barriera. Ora, bastava solo che questa reggesse, mentre il Direttore delle FSDN pensasse ad un modo per impedire al robot posseduto di andare a finire il lavoro del terremoto!
Episodio 14 - Dies Iræ (II Parte) [un Inferno2 tie-in]
StarGlider-1000, Q.G. mobile delle FSDN dello Zilnawa, sui cieli di Phoenix, Arizona.
Il display in una delle finestre del maxischermo segnò in quel momento l’inizio del secondo giorno della crisi, del nuovo Inferno portato sulla Terra.
Definire ‘tesa’ l’atmosfera nella sala comando, come ovunque nell’enorme fortezza volante, sarebbe stato un bell’eufemismo.
Simone Giapeto, comandante della base e delle Forze Speciali di Difesa Nazionale, cercava di mantenere una parvenza di compostezza, pur sapendo che i suoi occhi tradivano l’enorme tensione che lo stava mangiando vivo.
Il collegamento alla rete satellitare mondiale aveva provato oltre ogni dubbio che la crisi era uniformemente distribuita in tutto il mondo. Semplicemente, non c’era alcun posto sicuro dove rifugiarsi. Quasi tutti gli esseri umani erano posseduti, impazziti, preda dei loro demoni personali e dei demoni venuti dal Limbo. Si salvavano tutti coloro che potevano disporre di una protezione mistica, o mys-tech come per l’equipaggio dell’SG-1000, o altre rare eccezioni.
Per il resto...Una stima ottimista del tasso di mortalità, mostrata sullo schermo, dava da preoccupare non poco. Negli ospedali, i pazienti in terapia intensiva o in condizioni semi-critiche erano di fatto condannati. Le vene ed arterie stradali erano diventate campi di battaglia con cumuli orrendi di lamiere e carne umana. Incidenti a catena si stavano verificando nei maggiori impianti industriali e nelle centrali nucleari. Aerei di linea erano precipitati come mosche. Una superpetroliera si era schiantata contro le coste Inglesi, ed ora una marea nera si stendeva lungo la Manica. Le forze armate di tutto il mondo erano fuori controllo...
Ma, per quanto lo riguardava, Giapeto aveva ben altre preoccupazioni per la testa. Una era l’SG-1000 stesso: erano costretti a mantenerlo molto lontano dalla città, che era diventata sempre più un calderone di energie mistiche concentrate! Almeno, a quella quota, dovevano preoccuparsi solo dei demoni minori, questi incapaci di violare i sigilli protettivi.
L’altra preoccupazione era l’unica speranza per quello che restava di Phoenix, la punta di diamante delle FSDN, i Campioni, erano a loro volta fuori gioco. Solo tre degli eroi erano immuni al tocco del male, capace di animare gli stessi oggetti e renderli mostri affamati: Capitan Ultra e Hrimhari erano due.
E poiché le disgrazie non vengono mai da sole, Capitan Ultra era incapacitato ad intervenire a causa di un coma autoindotto, ed ora giaceva nell’infermeria della fortezza. Quanto al Principe-Lupo di Asgard, questi era per sua natura immune dal tocco corruttivo...C’era solo da sperare che fosse capace di salvare i suoi compagni, adesso. Uno di loro, almeno...
Per il terzo guerriero...più che una certezza, la sua ‘immunità’ era un dato presunto, e fino a quel momento, in assenza di comunicazioni da parte sua, bisognava assumere il peggio...
Anche perché c’era un fattore nuovo da considerare: i demoni avrebbero dovuto essere attratti dalla vasta concentrazione di energie oscure nell’area di Phoenix come api dal miele...eppure, solo pochissimi si trovavano in quel perimetro. Come se qualcun altro avesse reclamato a sé il territorio. Il top dog, chiunque fosse, doveva essere davvero potente, per tenere a bada una simile orda...
Le cupe considerazioni furono interrotte da una nuova esplosione al suolo!
Giapeto sospirò –almeno, a suo modo, quella era una buona notizia...
...Perché voleva dire che Equinox, l’Uomo Termodinamico era ancora vivo –per quanto tale condizione, al momento, fosse tutt’altro che apprezzata da uno dei suoi compagni.
Hrimhari poteva non essere capace di emettere gelo o calore, poteva essere decisamente vulnerabile ai poteri di Equinox, ma aveva dalla sua velocità e stamina da vendere...Senza contare che, nel suo stato di follia, Equinox era incapace di prendere decentemente la mira.
Il lupo d’argento, un marsupio appeso alla schiena, scartò per evitare un’ennesima raffica di plasma. La sua conformazione fisica, fra quelle macerie, era decisamente più utile della postura bipede-plantigrada del suo avversario.
Almeno, per ora, Dave Martin era al sicuro e tanto bastava...Certo, avrebbe dovuto restare con lui, ma anche medicinali e cibo erano una priorità fra quelle rovine dove non un edificio era rimasto in piedi.
C’era voluta un’intera giornata per trovare quel poco che ora portava con sé, ma Hrimhari avrebbe cercato fino al Ragnarok, se fosse servito per il suo amico...
Altra raffica, dall’alto -questa volta, appuntiti dardi di ghiaccio! Come proiettili di mitragliatrice, si conficcarono nel suolo a pochissimo dal suo fianco sinistro. Solo uno sfiorò la sua carne –non un problema per il suo fattore di guarigione, ed il dolore ed il gelo servirono solo a spingerlo a fare più attenzione nel non lasciare intuire la sua meta.
“Inutile, sei inutile come sempre, figlio.” Il cadavere bruciato del padre di Terry Sorenson stava in piedi, sospeso nell’aria, al fianco del super-essere avvolto dal ghiaccio. “Non riesci neppure a colpire un animale disarmato. Tu volevi una possibilità di fare almeno una cosa buona nella tua inutile vita, e guarda! Guarda come stai sprecando la tua occasione!”
La bocca di Equinox era un sorriso folle. A quelle parole, l’espressione si incupì, e l’eroe voltò la testa verso lo spettro. “Stai zitto, papà! Ancora poco, e quel coso peloso farà la fine che merita. Hai detto che solo io lo posso ammazzare, e lo farò. E poi...”
“Non osare parlare a tuo padre in quel modo, giovanotto,” disse il cadavere rinsecchito e devastato dal cancro che in vita era stato Amanda Sorenson, sua madre. Lei stava in piedi all’altro fianco del giovane. “Ricorda: siamo i tuoi genitori, e almeno adesso ci devi rispetto, per ripagarci di averci ucciso!”
Equinox annuì mestamente. “Mi dispiace, mamma. Adesso, io...eh?” quando era tornato a guardare in basso, la sua preda era scomparsa!
Nascosto in quello che fu l’ingresso di una banca, in mezzo ad uno strato di inutili banconote, Hrimhari contò fino a dieci, approfittando di quella preziosa pausa per recuperare le forze.
Col passare dei secondi, il Principe-lupo ebbe conferma di un altro sospetto: Equinox non possedeva la concentrazione necessaria per ricorrere alla vista termica! Altrimenti, il rintracciamento sarebbe stato una sciocchezza.
Ancora un minuto, un ultimo sguardo al cielo...Sì, era libero.
Hrimhari corse verso il nascondiglio.
Phoenix rappresentava un caso a sé. Prima dell’arrivo dei demoni, la distruzione scatenata da Maelstrom[xiii] aveva ucciso in un colpo solo oltre 700.000 persone, causando uno sconvolgimento dell’etere improvvisamente saturato di altrettante anime in pena, confuse. Il mana, percorso dalle correnti inquiete, era diventato un catalizzatore per le forze oscure. Per i demoni del Limbo, la città era diventata l’equivalente di una stazione di rifornimento. La loro forza era all’apice...Anche se il decrescente numero di vittime da possedere li costringeva ad una relativa vulnerabilità.
Un buon mago avrebbe potuto facilmente sterminare le orde degli invasori, qui. Un buon mago che prima avrebbe dovuto fare i conti con la furia di una delle vittime: Robert Takiguchi, alla guida di un egualmente posseduto Mazinkaiser.
Il super-robot aveva subito una drammatica metamorfosi: la sua corazza era diventata nera, e il suo volto aveva assunto un aspetto demoniaco, con tanto di pupille agli occhi ed una bocca spalancata piena di zanne! In quello stato, distruggere le poche strutture d’emergenza messe su dalla Guardia Nazionale per la prima assistenza ai sopravvissuti era facile come buttar giù castelli di carta.
Almeno, fortunatamente, quelle strutture erano state realizzate come centro di smistamento. Erano pochissimi, i civili presenti. E quelli, insieme ai militari, in preda alla propria follia, avevano perlopiù abbandonato la tendopoli. Quelli rimasti non avevano avuto una sola speranza.
Nella cabina di comando, Robert ghignava come un pazzo, un filo di bava dall’angolo della bocca, gli occhi sbarrati, i pensieri percorsi dalla macabra soddisfazione di vedere morire la gente sotto il suo tallone. Difenderli? Difendere questi insulsi, inutili ometti piccoli piccoli? Avrebbero dovuto riverirlo! Doveva essere lui a dare gli ordini, e non quel vecchio pazzo nel suo nido volante!
Un peccato, non essere riuscito a distruggerlo dopo un’intera giornata di tentativi! Ma non importava: avrebbe comunque dimostrato di cosa era capace! Avrebbe fatto di Phoenix la capitale del suo regno!
Il rifugio. Un parolone, per uno scantinato di lusso, per quello che era stato il caveau di una banca. Ma, stando sottoterra, la struttura corazzata aveva resistito al sisma. Solo per caso, la porta era aperta al momento della catastrofe, e Hrimhari non era il tipo da criticare la sua buona stella.
Il lupo attraversò il tunnel da lui scavato con l’istintiva prudenza della sua specie. Il naso e le orecchie gli segnalarono il ‘via libera’, e, soprattutto, la presenza del suo ‘protetto’.
Superata la soglia vera e propria del caveau, la figura quadrupede lasciò il posto ad una antropomorfa. “Dave..?”
Deboli luci tremolanti illuminavano l’ambiente. Almeno, Dave se la sapeva cavare con quella diavoleria moderna che i mortali chiamavano ‘luce elettrica’. L’amico gli aveva menzionato un ‘generatore d’emergenza’...
“Non mi chiamare in quel modo! Io non mi chiamo così!”
Hrimhari si tolse il marsupio dalla schiena. “Ho portato acqua e cibo...Dave...”
Il ragazzo stava accovacciato in un angolo, in mezzo ad un mucchietto sparso di gioielli, obbligazioni e monete d’antiquariato. Vestiva abiti laceri, puzzava della propria paura, aveva uno sguardo ebete con le pupille a spillo. “Non mi chiamo Dave...Mi chiamo Chip...Non mi chiamo Dave...Mi chiamo Chip...”
Hrimhari porse un pezzo di pane secco al ragazzo, che lo prese ed iniziò a rosicchiarlo meccanicamente. Una mano pelosa accarezzò la guancia dell’altro. “So che non è così. Lo sai anche tu, Dave. Ti stai torturando inutilmente. Non sei un cattivo ragazzo. Non lo sei mai stato.”
Il giovane mutante guardò il lupo antropomorfo con un’espressione smarrita. “Sono stato cattivo, papà. Mi dispiace...Mi dispiace...Mi dispiace...”
“Dave, eri solo un bambino, eri curioso.
“Ho condiviso ogni tuo ricordo, ogni tuo più nascosto pensiero, quando ti ho guidato nei recessi della mente di Capitan Ultra[xiv]. So che non sono state le pozioni date a tua madre, a scatenare la tua follia. Tu ti chiami davvero Dave Martin, e Chip era il tuo compagno di giochi immaginario.
“Tuo padre era un uomo importante, e ti teneva al sicuro dai pericoli isolandoti dai tuoi coetanei. Chip era quello che tu non eri, obbediente, remissivo, sempre pronto a dire di sì...Ma senza fare abbastanza esperienza sociale, Chip è rimasto con te, fino a diventare parte di te...”
Una nuova luce passò negli occhi di Chip/Dave, Fu un solo attimo, ma accese speranza nel cuore del Principe, che proseguì.
“Ma tu eri forte, Dave. Avevi il controllo, e alla fine avresti abbandonato Chip, non è vero?
“Ma intanto eri già arrivato al tuo tredicesimo anno di età. Il tuo corpo cominciava a funzionare in modi nuovi. Stavi avvicinandoti alla tua maturità...ed eri solo.”
Il respiro di Chip/Dave si era accelerato. I suoi occhi erano una tempesta di emozioni cangianti, e fissavano quelli di Hrimhari come un cobra la sua preda.
“Lucky, come il cane che lo aveva preceduto, era stato preso per te per difesa, neanche come compagno di giochi...Ma tu ti eri affezionato a lui. Era il tuo solo amico.”
“No...”
“Eravate soli. Come quasi sempre. Tu non stavi nutrendo pensieri osceni, Dave. Eri curioso. Volevi esplorare, niente di più. Era un gioco.”
“Taci....ti prego...” ora Chip/Dave tremava, sudava freddo.
“Non successe nulla. Solo un tocco...Non c’è cucciolo che non avverta questa curiosità. È naturale...”
“Basta...” Un brusco cambio di tono. Una vena dura si era insinuata nella voce del giovane.
“Il fato rio volle che tuo padre entrasse in camera proprio in quel momento.”
“Non...dirlo...”
“Ti chiamò mostro, Dave. Ti fece provare vergogna e disprezzo di te. Ti picchiò fin quasi a farti perdere conoscenza...E ancora non gli bastava.”
Lacrime scesero copiose dagli occhi chiusi, strizzati fino a far male.
“Tuo padre ti ha trascinato in giardino, poi è tornato in casa. Tu hai sentito i guaiti di dolore di Lucky. E ti sei convinto che fosse colpa tua...”
Chip/Dave smise di piangere. Digrignava i denti, adesso. Il suo corpo era tutto una molla, tesissimo, pronto a saltare.
“Poi ha portato Lucky, mezzo morto, in giardino. Citava versi da un vostro libro sacro, e in una mano reggeva una pistola. Disse che lo faceva per il tuo bene, che ti voleva bene, e che avresti capito. E sparò a Lucky. Uccise il tuo solo amico. E tu credevi che fosse colpa tua. Eri convinto che Chip non avrebbe mai lasciato succedere una cosa simile, perché Chip non provava pensieri osceni, non era un cattivo ragazzo.”
Un verso, un ringhio, uscì dalla gola dell’umano.
“Tuo padre usò nuove pozioni non per curarti, ma per alimentare la tua follia. Perché Chip fosse il suo figlio diletto, senza poteri mutanti, un ragazzo come gli altri, servile, disciplinato.
“Ma non avevi dimenticato Lucky, Dave. Per questo resistevi alla dipendenza dalle pozioni, resistevi a Chip: guardando me, vedevi Lucky, e capivi di essere stato una vittima, e non un mostro.” Hrimhari si mise muso-a-naso con l’amico. “Torna alla luce, Dave. Tuo padre non potrà più farti del male, te lo prometto. Io*urk!*”
Le mani del ragazzo erano scattate con una velocità che aveva sorpreso lo stesso Hrimhari, che si trovò nella salda presa di un folle.
“Bugie! Bugiebugiebugie! Papà ha ragione: le bestie come te sono contronatura! Le bestie come Dave sono contronatura! Non puoi ingannarmi, nonpuoi! Io...Io...”
La verità era che, per quanta forza potesse metterci Chip/Dave, questa era del tutto insufficiente a fare seriamente del male al Principe-Lupo, a cui bastava serrare i polsi nei punti giusti per allentare la presa. Anzi, Hrimhari avrebbe potuto ben facilmente spezzare quella presa in un momento...Ma sapeva anche che se avesse ceduto alla violenza, avrebbe solo dato man forte al ‘lato oscuro’ di Dave.
All’inizio, Hrimhari non aveva capito come mai Chip si stesse dimostrando così potente –non si era mai mostrato così aggressivo...Ma, all’inizio, Hrimhari non aveva percepito l’estraneo che alimentava la fiamma della follia, un’entità nascosta in quei pensieri folli come un filo d’erba in un prato...
Ma, finalmente, l’entità aveva commesso un errore! Si era mostrata! Sapeva di stare perdendo la battaglia per l’anima della sua vittima, e stava ora tentando un ultimo, disperato gesto!
E nel farlo, la sua natura impura si stava scontrando con la purezza del lupo. Per questo Chip/Dave non riusciva più a spiccicare parola.
Per questo, esitava! “Io...”
Hrimhari dovette esercitare una forza minima, per togliersi quelle mani dalla gola...e prese il volto del ragazzo fra le proprie. La sua voce era gentile. “Non vuoi uccidermi. Se lo facessi, Chip avrebbe vinto per davvero; perché avresti perso l’ultima occasione per perdonarti.”
“Io...” per un momento, il volto di Chip/Dave fu quello per metà nero di Schizoid Man. Poi, fu quello terrorizzato di Chip. Poi fu quello implorante di Dave... “Volevo bene a Lucky. Era mio amico. Non...voglio...essere...solo...”
“Non lo sarai. Te lo giuro. Sul mio onore...e sul mio cuore.”
Non lo si poté neppure definire un bacio; fu solo un lieve, sfuggente, sfiorarsi delle labbra. Non c’era passione, solo una comunione di sentimenti, un momento breve nel tempo ed eterno nello spirito, un momento in cui il sole di amicizia ed amore brillò come una nova.
Un sole che consumò letteralmente il cancro mentale e spirituale di Dave Martin! Con un urlo orrendo, il demone fu espulso dalla sua preda, riducendosi in un momento a un pugno di scintille. Ed anche quelle, presto, svanirono, lasciandosi dietro i due giovani abbracciati strettamente.
Stava seduto su un cumulo di macerie, proprio sopra l’insegna di una lavanderia a gettoni, una versione in gelo e fuoco del celebre Pensatore...
I ‘cadaveri’ sedevano ai suoi fianchi come sinistri angeli custodi. “Pensare è ancora troppo difficile per te, figlio!” disse il ‘padre’. “Siamo noi, a pensare per te! Tu devi solo obbedire! Alzati e...”
“Stai zitto, papà.” Quasi un sussurro, lo sguardo fisso da qualche parte non sul panorama morto, bensì dentro di sé...
“Non osare parlare a tuo padre in questo modo,” disse la ‘madre’. “Sei vivo solo perché lo devi a noi, e...”
“Ma stai zitta, mamma.” Stavolta, a voce un po’ più alta.
Era vero, Terrance ‘Terry’ Sorenson era ossessionato dal suo senso di colpa per le tragedie che avevano investito i suoi genitori. Era vero...Ma non del tutto.
Era anche vero che un’altra parte di lui desiderava piantarla con questo senso di colpa del cazzo! Suo fratello –o meglio, il figlio di primo letto di Amanda- Steel, lui sì che aveva imparato ad affrontare la vita a suon di cazzotti! Legge, rispetto, ordine...tutto un mucchio di balle, alla fine! Roba buona per i frignoni!
“Sì...Cari genitori,” si alzò in piedi, sorridendo soddisfatto, “potete proprio andare dove dico io.” Ma già i demoni stavano adattandosi alla nuova linea di pensiero, questa volta pronti a sfruttare ogni*
Chiamatelo cliché, chiamatelo sistema inflazionato...Ma finché funzionava, sarebbe stato applicato senza fallo!
Equinox fu sorpreso di non provare dolore. La lama di una katana gli usciva dal cuore, eppure non scorreva un solo filo di sangue ! L’Uomo Termodinamico guardava l’oggetto con uno stupore quasi comico, senza proferire parola...Fino a quando non urlò orrendamente –o meglio, urlò il demone che lo possedeva, che esplose in vampate direttamente attraverso gli occhi, la bocca e le orecchie di Terry!
Equinox perse conoscenza, tornò ad essere un ragazzo di colore, e si accasciò all’indietro, direttamente fra le braccia del Ninja Bianco.
L’enigmatico eroe si caricò il compagno in spalla. Una vera seccatura, averci messo così tanto solo per tessere una barriera mentale e spirituale fra sé ed i demoni...Ma era anche vero che non era mai stato costretto ad operare in simili condizioni!
Il Ninja guardò verso il cielo, questo incredibilmente sgombro di demoni; il disastro di Phoenix aveva avuto un solo effetto collaterale ‘positivo’, se così si poteva dire...Poche prede umane disponibili, pochi demoni in giro.
Il che voleva altresì dire che i maledetti stavano concentrando le forze altrove!
Per quanto tempo pensi di continuare così, figlio mio?
Griffin Gogol stava rannicchiato in posizione fetale, una posizione alquanto difficile da prendere sul serio, visto che insisteva a raffigurarsi con tutti gli abiti civili addosso, dalla camicia a quadri ai pantaloni di velluto a coste, ad un paio di scarpe economiche. Teneva lo sguardo puntato ovunque verso la volta stellata in cui era immerso, ma non verso
la gigantesca figura umana, avvolta da una bianca tonaca. Un uomo canuto, dai folti capelli bianchi come la barba fluente, seduto su un elaborato trono fatto del più fine marmo, tempestato di gioielli dalle forme più originali, dai colori più brillanti che mente umana potesse immaginare...
“Io...” Griffin scosse impercettibilmente la testa. “Io non avevo ancora capito...Tutto questo potere...Non sono degno...Non voglio morire...”
La figura del Padrone del Sole sorrise. Il timore, quello posso capirlo, figlio...Ma la presunzione, anche se si tratta pur sempre di un tratto così comune a tutta la tua specie, no. Credi forse di essere più saggio di me? Al mio posto, avresti saputo scegliere meglio?
“...”
Certo che no...Griffin, neppure il più grande dei Re può conoscere una minima frazione della mia volontà. Io ti ho designato quale difensore del tuo fertile mondo, paladino della mia creazione. Ti ho lasciato il tempo di riflettere...ma ora credo che tu debba affrontare le conseguenze della tua paura.
Un semplice atto di volontà, e i pensieri di Griffin furono letteralmente investiti dalle immagini di quanto stava accadendo a Phoenix in quel momento! Una parte di lui avrebbe voluto chiudersi ancora di più, rifiutare di farsi coinvolgere dall’orrore del nuovo Inferno scatenato sulla Terra. L’altra... “E’ colpa mia?” di riflesso, l’uomo abbandonò la sua posizione fetale, ergendosi in piedi davanti all’Essere Supremo. Lo choc sul volto era mescolato ad un’angoscia terribile. “Sono stato io la causa di..?”
Il Padrone del Sole scosse la
testa. No, figlio. Una
donna malvagia, con l’aiuto di altre terribili creature, ha abbattuto le
barriere fra la realtà ed il Limbo. La situazione è disperata; in tutto il
mondo, ogni super-essere è impegnato fino allo stremo, ricorrendo a forze che
neppure sospettava di possedere. Puoi essere da meno, Campione, quando così
tante vite innocenti dipendono da te? Quasi tutti i tuoi compagni sono salvi
dai nefasti effetti del mal d’Inferno...Ma se Mazinkaiser non sarà esorcizzato,
le conseguenze saranno inimmaginabili.
Credi che la tua vita possa avere più valore? Rispetterò la decisione della tua risposta, perché il libero arbitrio vi è stato dato perché poteste usarlo. Ma voglio che sia una risposta ragionata, sincera.
Sullo schermo, Mazinkaiser ruggì. Spiegò un paio di ali simili a quelle di un pipistrello, e decollò, trascinandosi via incurante quello che restava della tendopoli.
“Direzione confermata,” disse la voce femminile, impersonale di Madre, il computer di bordo, anticipando la domanda di Giapeto. “Mazinkaiser raggiungerà Thunder Mountain entro 3.4 minuti.”
Il Direttore delle FSDN serrò i denti –che gli piacesse o no, a quel punto non aveva altra scelta! “Signor Yang, attivare le batterie principali. Faccia fuoco su Mazinkaiser.”
“Signore...”
“Adesso, signor Yang.” Il tono era di quello che non ammetteva repliche, ed il giovane Coreano digitò la sequenza di comandi, preoccupato più di avere discusso un ordine preciso che di stare per colpire una macchina insostituibile nella difesa del mondo...
I portelli scorsero via, rivelando le cinque torrette a triplo cannone rotante sul ventre della fortezza. Subito esse fecero fuoco all’unisono –una potenza di fuoco sufficiente a demolire una corazzata...
...Potenza, naturalmente, del tutto inutile contro la Starlega che rendeva impervia la corazza di Mazinkaiser. Potenza, tuttavia, sufficiente a distrarre la macchina posseduta, che voltò la testa con un verso seccato, prima di cambiare la sua rotta.
Allontanarsi era fuori questione: anche se la potenza della barriera cinetica doveva essere parzialmente sacrificata all’alto consumo dei sigilli mistici, la ritirata poteva spingere Robert a sfruttare le armi del Mazinkaiser per arrivare alla preda...Con un po’ di fortuna, invece, avrebbe ancora una volta cercato di abbattere l’SG-1000 con la forza bruta.
E se nel frattempo non fosse arrivato un miracolo, si sarebbe fatto ricorso all’unica arma capace di distruggere la Starlega: un’esplosione termonucleare a distanza ravvicinata!
Più vicino. Mazinkaiser non dava segno di fare altro che volere giocare al kamikaze...
CONTATTO!
In sala comando tutti chiusero gli occhi, istintivamente...ma per la ragione sbagliata! Infatti, quando li riaprirono, un attimo dopo, videro che la luce che per un attimo aveva riempito il maxischermo non era stata causata dal cedimento della barriera...
Bensì dall’impatto fra Mazinkaiser ed un gigantesco Capitan Ultra. L’eroe brillava del proprio potere come una torcia vivente, irresistibile forza della natura. Il super-robot fu travolto come un pupazzo.
“Ti devo chiedere scusa, amico mio,” disse Ultra. “Ma credo che, date le circostanze, saprai perdonarmela, vero?" E detto ciò, concentrò quel potere nel suo raggio Ultra.
Un potere che, sufficiente o no a demolire la quasi invincibile Starlega, fu decisamente efficace nell’opera di esorcismo! Il Mazinkaiser sembrò volere esplodere nel suo assordante dolore...Ma quello che morì fu il demone, che lo abbandonò come l’ormai inutile pelle di un serpente. Il nero della corazza scomparve, lasciando posto al familiare grigio, la bocca e gli occhi tornarono quelli di sempre.
I sistemi automatici avevano ripreso il comando, tenendo il robot in volo. Robert, per conto suo, aveva voglia di vomitare –e non tanto per l’esaurimento fisico, no...
Era la sua mente: il giovane pilota ricordava tutto. Sapeva perfettamente quello che aveva fatto in preda alla sua furia, ed ora che poteva comprenderlo lucidamente...
“Robert, rapporto. Rispondi, Robert. Come...”
“L’ho sentita la prima volta, Professore,” disse lui ricomponendosi. “L’ho sentita...e mi scusi se non faccio salti di gioia, adesso.” La sua voce si induriva per gradi, ma questa volta era lucida. “So anche cosa devo fare, signore. Non ci metterò molto! Maziin-GO!” E partì verso il suo obiettivo, seguito ad altrettanta velocità da Ultra...
Thunder Mountain, Quartier Generale pro tempore del SuperComando Integrato delle neocostituite Forze Integrate di Risposta e Gestione Catastrofi
Un QG sotto assedio degli stessi uomini e donne che avrebbero dovuto difenderlo dagli attacchi esterni. Guidati dai demoni, i membri della Guardia Nazionale, che erano rimasti all’aperto nel momento dell’invasione, stavano facendo del loro peggio per demolire le grandi porte d’acciaio che proteggevano l’ingresso al complesso militare.
“Crede che ci metteranno molto, Generale?”
Il Generale di Divisione Trey Anderson non poteva non ammirare il sangue freddo dell’ex-Governatrice, Janet Dee Hull, la ‘nonnina tonante’. Sapeva che era ormai allo stremo lei stessa, come chiunque nella base. Quale che fosse stato il miracolo che aveva protetto la base dall’essere invasa da quelle forze sovrannaturali[xv], evidentemente non impediva agli esseri umani di tentare al posto dei demoni... “Resisteremo fino a quando non si esauriranno le scorte di viveri e di acqua, signora Governatrice.” Al diavolo le elezioni! Per lui, quella donna sarebbe rimasta il simbolo dell’Arizona che combatteva, non una mezza mangiaspaghetti dell’ultima ora! “Quelle porte possono resistere a ben altro che una folla impazzita, per quanto armata. Sono più preoccupato per i poveretti che vengono calpestati vivi...Uh?”
I sistemi di comunicazione con l’esterno erano impazziti, inutili. Solo le telecamere a circuito interno funzionavano, ed esse mostrarono chiaramente l’improvviso ribaltamento della situazione: raffiche di ampi fasci di energia colpirono dall’alto la folla impazzita, scacciando come un’onda di acquasanta i demoni dai loro corpi! L’intera operazione, la purifica di duecento individui, non richiese che poco più di un minuto!
Una fluttuante immagine della testa di Capitan Ultra apparve sopra il tavolo, facendo sobbalzare i presenti. “Scusate se non mi trattengo, signori, ma ho una centrale nucleare di cui occuparmi. Al resto dei demoni ci penserà il mio collega.
Ci fu più di uno scambio di occhiate fra i sei convenuti...ma nessuno osò parlare –tanto, che altro potevano fare se non pregare?
“Robert, Madre ha stabilito che i demoni si comportano come un’entità collettiva. Se riesci ad attirare la loro attenzione, ecco cosa faremo...” e Giapeto spiegò il piano.
Robert annuì, il suo volto una maschera di determinazione –avrebbe fatto i conti con la sua coscienza in seguito, ora contava solo la vittoria! “Professore, lei si tenga pronto. Rust Tornado!”
Mazinkaiser era giunto sulla verticale di Thunder Mountain. Dalla grata della sua bocca fu sparata una raffica di vento saturo di particelle taglienti.
I demoni furono investiti senza scampo. Quelli che resistettero al vento furono annientati da quelle particelle. Si dissolsero come neve al sole.
Mazinkaiser si fermò sopra di loro. “Allora, cocchi? Non ce la fate contro uno solo?” fece ‘vieni-vieni’ con l’indice. “Coraggio, son qua!”
I demoni risposero: urlando in una cacofonia ultraterrena, si gettarono come uno solo contro la preda.
“Bravi fessi...Fire
Blaster!” E dalle piastre a
‘V’ tronca sul petto partì una raffica laser ad ampio raggio! Migliaia di
demoni furono consumati all’istante...ma ancora non bastava –era come cercare
di bruciare uno sciame di locuste con un cerino!
Ma non importava. Mazinkaiser partì, seguito
dallo sciame.
Giapeto non poté non essere impressionato: le cose erano veloci!
Riuscivano a tenersi a brevissima distanza dal super robot!
“Uhm, Professore..?” fece Robert, con giustificata preoccupazione.
Giapeto annuì. “Fuoco.”
Dall’Sg-1000 partì una salva di una decina di
missili. Dopo un volo in formazione ampia di circa 1 minuto, gli ordigni
esplosero...rilasciando complessivamente una nuvola di microsfere fluttuanti,
ognuna non più grande di un pugno, tutte tenute sospese da dispositivi
repulsori.
Robert non osava ancora tirare un sospiro di sollievo. Anzi, per la
tensione quasi si stava mordendo il labbro inferiore a sangue. “Ora o mai più,
immagino...Andiamo, Mazinkaiser!”
La mano destra digitò un comando sul touchpad.
Il robot rispose passando di colpo alla massima velocità! Colti di
sorpresa, i demoni furono lasciati indietro.
Mazinkaiser uscì dalla nuvola. “Raggi
fotonici!”
Alcune mine furono colpite, ed esplosero all’istante con una forza
impressionante per la loro piccola massa! In una reazione a catena, esplosero
velocemente,
una dopo l’altra,
fino a che l’intera nuvola divenne una sfera
di fuoco!
Passarono due, interminabili, minuti, prima della conferma...
“Scanalisi confermata: lo stormo delle creature extradimensionali è stato
annientato.”
Alle parole di Madre, la sala comando esplose in un urlo collettivo di
gioia! Poco ci mancava che volassero i coriandoli.
Giapeto non ebbe voglia di raffreddare gli umori proprio adesso –che si
sfogassero pure...per qualche minuto. Del resto, il collaudo del sistema
anti-sciame aveva funzionato alla perfezione. E questi demoni inferiori non
sembravano essere tipi capaci di imparare dai propri errori...
No, erano i suoi Campioni a preoccuparlo per davvero! In particolar modo
Robert –quel trauma doveva essere affrontato al più presto, prima che mettesse
radici ben più pericolose della possessione...
Episodio 15 - Ritorno alla base
Città-Stato dello Zilnawa, Vreedefort Region, Sud Africa.
A 48 ore dalla crisi mistica globale ribattezzata dai media come Inferno2, le prospettive per l’economia di questa piccola, ma ricchissima nazione fondata sulla più avanzata tecnologia, erano a dir poco rosee.
Per quanto le vittime ed i disastri fossero stati contenuti, a dispetto di ogni logica previsione, c’erano stati comunque abbastanza danni e perdite da trasformare in lucrosissimi appalti…Senza contare le innumerevoli prospettive di mettersi in tasca più di una lobby…
Si trattava solo di risolvere un serio problema di credibilità. E Alexander Thran, fondatore e Presidente della potente Talon Corporation, vero padrone dello Zilnawa, era l’uomo più adatto.
“Signor Presidente, quanto commesso da Mazinkaiser a Phoenix durante la crisi non può essere considerato ‘atto criminale’. I dispositivi di protezione concepiti dalla mia azienda a difesa del super-robot non prevedevano un attacco dall’interno.” Enumerò quella verità con calma olimpica, senza traccia di arroganza. Anche se avrebbe potuto semplicemente ordinare al Presidente dello Zilnawa di non aprire un’inchiesta, avrebbe poi dovuto renderne conto alla Corte Internazionale dell’Aja, alimentando i sospetti invece che placarli…
Abner K’auna era stato eletto all’unanimità, una percentuale plebiscitaria, nella primissima elezione dello Zilnawa. Costruito come un quarterback, il volto granitico decorato da una barba nerissima, curata e folta, a 35 anni K’auna aveva girato il mondo. Thran in persona gli aveva chiesto di indossare il manto istituzionale, dopo avere letto il suo curriculum: ragazzo-prodigio, laureato a Yale a pieni voti, all’età di 27 anni K’auna era socio a pieno titolo di Steiner, Garoux & Wolff, uno dei più importanti studi legali del mondo…nonché rappresentante legale della Talon.
K’auna si distingueva per la sua capacità di prendere decisioni giuste sotto stress, qualità che Thran apprezzava particolarmente…Purtroppo, K’auna non aveva particolare esperienza con quelle delicate situazioni ‘speciali’, dove i super-esseri erano coinvolti, e lo sapeva.
In tale senso, Thran era il suo ‘consulente’. Non gli piaceva, gli era stata promessa (e finora aveva ottenuto) piena autonomia, ma non aveva scelta. “Perché il robot non si è disattivato?”
“Mazinkaiser è predisposto per funzionare, una volta che il pilota sia al suo posto. La disattivazione automatica avviene solo a fronte di un mancato riconoscimento genetico/vocale/mentale. Vero, il pilota era posseduto, ma gli schemi mentali erano ancora i suoi. Mazinkaiser non distingue fra ordini ‘giusti’ ed ‘ingiusti’.”
“Il punto è esattamente questo,” disse K’auna, indicando con un dito una lettera dell’Ambasciata USA nello Zilnawa. “Il pilota era in sé, ed ha scientemente ucciso dei civili, schiacciandoli come scarafaggi[xvi]! Non solo, la nostra, a Phoenix, doveva essere una missione di soccorso nonché di recupero di 4 ordigni nucleari. E abbiamo fallito in tutti i fronti!” L’ultima frase era uno sfogo, e di quello sfogo sarebbe stato responsabile il Direttore delle FSDN, Forze Speciali di Difesa Nazionale.
Thran sorrise, il sorriso che i suoi tratti orientali rendevano simile a quello di un djinn. “Il pilota di Mazinkaiser, così come due dei Campioni dello Zilnawa, così come oltre 6 miliardi di esseri umani –tutti vittime di un fenomeno paragonabile ad un’isteria di massa. Nei ranghi militari di tutto il mondo si sono avute defezioni, assassini, abuso dei mezzi a disposizione…senza contare gli incalcolabili incidenti fra i civili.
“Francamente, se qualcuno vuole manipolare la Corte dell’Aja in un processo puramente politico, si facciano avanti. Sarà alquanto…interessante, quando vorranno chiamare in causa Darklady, o qualcuno dei suoi alleati.”
Ed era quello che pensava anche il Presidente dello Zilnawa. Il problema era che se davvero qualcuno avesse voluto aprire le fasi preliminari di un processo…
Interpretando quei pensieri, Thran disse, “Mi occuperò personalmente di frustrare ogni assurdo tentativo di sminuire l’immagine dei difensori dello Zilnawa…Anche se, presumo, sarà opportuno abbassare per un po’ il loro profilo.”
K’auna annuì. La commessa era persa, la frittata era fatta…Almeno, non tutto il male veniva per nuocere: l’Africa era un continente dove un gruppo di super-esseri poteva tornare molto utile…
…Per quanto, nella palestra a bordo della base mobile StarGlider-1000, Robert Takiguchi si sentisse tutt’altro che ‘utile’.
Aveva 18 anni, ma il fisico era ben sviluppato, e dava l’impressione di essere almeno sopra i 20. In quel momento, stava usando quel fisico per picchiare duro contro un sacco riempito non di sabbia, ma di polvere di ferro. Tale era la rabbia che metteva nei colpi, che il sacco subiva come fosse stato riempito di piume!
“Sono due ore che vai avanti così. Vuoi vedere se ti si sfonda il cuore prima del sacco?” Capitan Ultra stava appoggiato ad una parete, le braccia incrociate al petto. Cercava di mettere un minimo di humour nelle parole, ma era come parlare al vento.
Robert Takiguchi, il pilota di Mazinkaiser, con indosso solo un paio di boxer, le mani e le caviglie coperte da uno strato di bende, il corpo coperto da uno strato di sudore, serrò i denti e mollò l’ennesima sequenza calcio-doppio pugno-calcio. “Morire ora sarebbe troppo facile, Capitano. Sono un assassino, e peggio ancora, sono stato un debole.” Calcio “Ho permesso ai miei demoni interiori” pugno “di prendere il controllo.” Pugno “Non sono stato solo una vittima del male,” calcio-calcio “sono stato un complice.”
“Tu e qualche miliardo di persone,” ribatté Cap. “Robert, non eri in te…Anche Terry e Dave erano andati fuori di matto. Se non fosse stato per il Ninja Bianco e Hrimhari, ci sarebbero altri morti da aggiungere all’elenco!”
Ma Robert non ascoltava, ormai: poco gli importava che anche Equinox e Schizoid Man fossero impazziti. Loro non avevano ucciso nessuno, e con i ‘forse’ non si creavano i colpevoli.
Lui era colpevole. Diverse famiglie erano in lutto per colpa sua!
A quel pensiero, Robert
lanciò un urlo, e colpì con tutta la forza rimastagli! Il pugno sfondò il
sacco, penetrandolo come cartone.
Il giovane rimase lì, ansante, praticamente appoggiato al sacco.
Cosa poteva fare? Non ci sarebbe stato un processo, niente azioni disciplinari interne…E la cosa peggiore era che non poteva materialmente lasciare i Campioni! Non c’erano altri piloti, e non ce ne sarebbero stati per molto tempo: addestrarne uno adatto al super-robot richiedeva un investimento soprattutto di tempo, e il tempo era un lusso che non avevano. Non ora che i nemici dello Zilnawa si erano mostrati.
E non avrebbe abbandonato la sua nuova casa comunque, questa era la verità. Non avrebbe permesso altre morti in nome di un nuovo atto di codardia…
Sentì un asciugamano posato sulle spalle. “Nessuno ti chiede di andare a combattere, adesso.” Capitan Ultra estrasse gentilmente il braccio di Robert dal sacco. “Fatti prescrivere un po’ di Hypnocil in infermeria, se temi gli incubi, ma fatti una bella dormita.”
Come uno zombie, Robert si fece condurre docilmente fuori dalla palestra.
Simone Giapeto, Direttore delle FSDN, aveva tutte le ragioni per sentirsi giù di morale, e il briefing del Presidente non aveva aiutato.
Tenersi bassi. Giocare agli eroi a livello locale, almeno fino a quando la stampa non avesse deciso di scegliersi un altro bersaglio da crocefiggere…Non che sarebbe mancato molto, ora che Bush aveva deciso di riprendere il programma di guerra contro l’Iraq…
Giapeto sospirò. Dio, l’uomo era l’animale più domestico e più stupido che ci fosse, per citare Battiato. Dopo un’invasione aliena ed una demoniaca, era solo sensato aspettarsi un lungo periodo di pace, durante il quale leccarsi le ferite, riflettere sul bene e sul male…
No. L’Onnipotente aveva fatto una creatura anche troppo adattabile!
Seduto alla sua poltrona nella sala-comando, lo scienziato si rivolse ad una finestra sul megaschermo. “Allora, Psychlone? Mi pare di capire che ti stai ambientando in fretta al tuo nuovo...supporto.”
La finestra si espanse, mostrando una stanza a pianta cubica. Nel mezzo della stanza, immerso in eclettiche manovre contro ostacoli a scomparsa da tutte le pareti, volava Dave Martin…avvolto da un guscio-armatura fatto interamente di energia psichica.
“Ora che sono libero da Chip, vado a mille, Prof,” disse il guerriero, prima di trovarsi davanti uno sbarramento di aste acuminate troppo intrecciate fra loro per evitarle.
Psychlone estese il braccio, e dal polso partirono mini-missili termici a guida automatica. Ogni missile, un centro –di più, all’impatto, la detonazione si estese in altri frammenti esplosivi. Con un colpo solo, in un momento, fu aperto un varco più che sufficiente. Psychlone lo attraversò, per andare ad atterrare sul ‘pavimento’ –in quella stanza, ‘su’ e ‘giù’ erano praticamente inesistenti. Era sinceramente sorpreso dalla rapidità delle proprie risposte.
L’armatura si dissolse, rivelando Dave. “Professore, non ho mai avuto un’esperienza così...intensa,” disse alla proiezione olografica di Giapeto all’altezza del suo volto. “E lei dice che potrò fare anche di meglio?”
“Esatto. Poiché i Campioni devono prendersi una pausa, per ora, ne approfitterò per mettere a punto degli esercizi volti ad esaminare più a fondo le tue potenzialità. Per ora, puoi ritirarti.” L’ologramma si spense.
Una flessione dei muscoli, e l’armatura rispose aprendosi intorno al giovane. Dave attese che si richiudesse, poi rimise l’elmo a teschio al suo posto. Solo a questo punto, l’armatura di Psychlone si riconfigurò in una forma più simile ad un qualche velivolo –non ci si sarebbe mai abituato...Ma non era a questo, che il mutante stava pensando, ora.
Dave sorrise, ed uscendo dalla stanza si mise a canticchiare un motivetto di Shakira...
Non ci si sarebbe abituato.
Il Sire Odino era stato il Sovrano della Favolosa Agard per millenni, e vedere l’irruento Thor ricoprire ora quel ruolo era…disorientante.
Cionondimeno, Hrimhari era conscio abbastanza dell’importanza del rango da non osare discutere la posizione del biondo Dio del Tuono. Questi, fiero nella sua corazza, il volto incorniciato da una folta barba fluente, parlava attraverso l’immagine astrale generata dallo Scettro di Odino. “Dunque, la tua decisione è finale, Principe-Lupo della Foresta Incantata.”
Nella sua forma transpecie, chino su un ginocchio, il lupo d’argento annuì. “Sì, Sire. Ho un debito di vita con questi mortali chiamati Campioni, e finquando avranno bisogno di me, io dovrò cacciare al loro fianco. Sono sicuro che mio figlio Frekkjari saprà essere un buon capo per il mio popolo. È invero giovane, ma si è dimostrato precoce nell’apprendere, ed è rispettato.”
Thor annuì gravemente…prima di permettersi un mezzo sorriso “Così sia, Hrimhari. Comprendo bene quanto intensi possano essere i legami con le genti di Midgard. Tu stesso vivesti su questo mondo, pertanto debbo ritenere la tua decisione ben meditata.”
Thor levò il martello di Uru, il potente Mjolnir, in un gesto di saluto. “Sappi che il Sire Thor accorrerà personalmente al tuo fianco, qualora il bisogno lo imponesse! E per provarti questo impegno…” il martello emise un bagliore. Un momento dopo, la luce investì la figura di Hrimhari…
Quando la luce si fu affievolita, un ciondolo decorava la gola del lupo. Un monile d’oro, terminante in un pendente ovale di giada incorniciato d’oro. Dentro il pendente, brillava ad intermittenza una scheggia…di metallo di Uru!
Hrimhari era letteralmente rimasto a bocca aperta. “Mio Signore! Questo è…”
“E’ poca cosa, per i servigi che hai reso al Regno Dorato in alcuni dei suoi giorni più bui. La forza di Thor sia con te, nobile principe.” Un ultimo gesto di saluto, e l’immagine svanì.
Il lupo si mise in piedi, rigirandosi il gioiello nella mano, incredulo. La forza di Thor…
“Non sapevo che avessi un figlio,” disse la voce alle sue spalle.
Vergognandosi per essersi lasciato prendere alla sprovvista, Hrimhari si voltò…Nell’emozione del momento, non aveva riconosciuto la voce di Dave, rientrato nelle stanze riservate ai Campioni. Hrimhari sorrise, mentre la porta si chiudeva alle spalle dell’umano. “Frekkjari è il mio primogenito…Di altri cinque sono il sire, ma solo lui è stato capace di guadagnarsi l’eredità alla guida della mia gente.”
Dave si mise seduto sul suo letto. Guardò il lupo antropomorfo con un sorriso mesto. “Mi dispiace…non volevo, ma ho sentito tutto, e…Lo fai anche per me?”
Hrimhari annuì, mettendosi seduto accanto al giovane. Senza dire una parola, si abbracciarono, confortandosi a vicenda, senza alcun tono di sensualità –era in compenso la cosa che più vi si avvicinava, l’espressione di un’amicizia potente, un legame di spiriti.
Si staccarono, pur tenendosi ancora per le mani. Il lupo disse, “Ho condiviso il tuo più intimo essere, e sono felice di essere compagno di una creatura così nobile ed intrigante, Dave Martin…E non dimentico che se non fosse stato per te, che raccogliesti il grido di aiuto di Yllyny[xvii], e per il pronto soccorso di Capitan Ultra, sarei morto…o peggio…”
“Sì, sì, bla bla bla. Il rischio è il nostro mestiere, palla di pelo, è nel contratto!” La voce proruppe insieme all’ingresso a passo svelto di Terrance ‘Terry’ Sorenson. La coppia staccò le mani a velocità-luce, arrossendo come semafori.
“Tranquilli, piccioncini,” disse il giovane nero, avvicinandosi all’armadio. Aperte le ante, iniziò a frugare come un segugio in cerca dell’osso. “Sono troppo occupato a pensare a come investire il nostro R&R. Personalmente…ahh, questo è quello che il medico ha ordinato!” estrasse nell’ordine: una T-shirt giallo-limone con scritto davanti Peace, love & rad!, T-shirt bianchissimi con una ruggente testa di leopardo disegnata all’altezza della natica destra, calzini neri corti e scarpe da ginnastica supertech che avrebbero potuto benissimo andare al posto dei cingoli di un carro armato! Completava il tutto un paio di occhiali da sole aerodinamici. Terry se li mise, e sembrava che stesse sorridendo a 32 bianchissimi denti dal finestrino di un jet in volo. “Fico, eh?”
Dave non sapeva se sorridere di circostanza od essere brutalmente onesto. Una gocciolina di sudore gli scendeva dalla tempia. Vide la stessa, identica espressione sul muso di Hrimhari, e capì che non avrebbe mai avuto il coraggio di farsi vedere al fianco di Terry! Non fuori da una discoteca, almeno…
Terry sbuffò, si tolse gli occhiali e, appesosi il malloppo di vestiario al braccio, si diresse verso il bagno. “Lascia stare, man. Lo stile è roba che non si impara dall’oggi al domani.”
“Uh…” a corto di parole, Dave disse, quasi a casaccio, “Ad ogni modo, fra me e Hrimhari non c’è…”
La doccia stava già scrosciando. La voce di Terry giunse attutita dalla cabina. “Ti stai vergognando con la persona sbagliata, man, lo sai…E comunque, male che vada, lo so già che sei matto come un cavallo, giusto?” e il maledetto ridacchiò.
Uomo e lupo si scambiarono un’occhiata oltraggiata! Nella doccia, Terry aveva iniziato a uccidere l’Aida a squarciagola.
Dave esibì un sorriso inquietante, e guardò la porta. “Quanto sei veloce, a correre?”
“Come il vento fra le montagne, amico mio.”
“Nel qual caso…” Dave puntò il dito verso il bagno.
Di colpo, un Do di basso divenne un Si strozzato. Un momento dopo, un urlo cubitale riempì il corridoio fuori dai quartieri dei Campioni!
Dave e Hrimhari sfrecciarono via, inseguiti da dardi ghiacciati, palle di fuoco e bestemmie irripetibili. Un vero peccato, che Terry avesse dimenticato che non solo Dave era guarito dalla sua schizofrenia, ma era ancora capace di generare oggetti solidi fatti di psico-energie…
I due si fermarono di colpo, all’allarme intermittente delle sirene! Un momento dopo, giunse la tranquilla voce di Madre, il computer quantico di bordo. “Attenzione. Lo StarGlider-1000 è in procinto di atterrare presso il Centro Spaziale di Cape Laika. Si prega di raggiungere una posizione sicura, e prepararsi.”
“Una posizione..?” prima che Dave avesse finito di parlare, due portelli nelle pareti compirono una rotazione, per mostrare delle solide imbracature. “Oh.”
La pista riservata all’Sg-1000 era una specie di colossale arteria che tagliava in due l’enorme complesso che era Cape Laika, sede della Zilnawa Space Colonization Agency. A sinistra, stava il ramo ‘civile’ della ZSCA. A destra, quello militare, cioè il QG a terra delle FSDN.
La fortezza volante atterrò sul tarmac chilometrico con insospettata grazia. Un collaudato gioco di retrorazzi fragorosi come una tempesta fermò il velivolo proprio al confine con la pista. Passarono diversi minuti, durante i quali si udirono solo lo sbuffare degli sfoghi e il ticchettare del metallo in raffreddamento...Poi, degli enormi ganci sbucarono dal suolo, e si fissarono ai ciclopici carrelli. A operazione avvenuta, la sezione del tarmac su cui posava l’SG-1000 iniziò a scendere.
La piattaforma discese per un centinaio di metri, prima di arrestarsi nel mezzo di un hangar.
Decine di portelli si aprirono, e le scale furono estroflesse. Tubature per il carburante e tubature imbottite di strumenti diagnostici andarono ad agganciarsi come capillari al corpo della fortezza. I robot addetti alla manutenzione entrarono in azione, e presto l’hangar divenne un rumoroso alveare di attività, illuminato da una miriade di piccoli soli.
“Gesù,” fu il solo commento di Terry, la cui testa sembrava un metronomo a furia di cercare di cogliere ogni particolare di quello spettacolo. Intanto, il portello posteriore dello StarGlider si era aperto, e Mazinkaiser veniva estratto per le sue revisioni.
“Oy,” commentò Griffin Gogol, ravviandosi il ciuffo di capelli che spezzava la sua calvizie. “Se solo una simile organizzazione fosse stata a disposizione durante la Guerra dei Mondi...”
“Cos’è che avevano detto..?” fece Dave, che indossava un abito leggero, dai colori neutri e decisamente più sobrio rispetto a quello di Terry, “Che non c’era stata l’omologazione o qualcosa del genere?” Accanto a lui, Hrimhari, nella sua forma naturale, si sentiva intimorito da uno sfoggio di grandezza tale da rivaleggiare con quelli del Regno Dorato...
“C’era stato un calcolo politico, questa è la triste verità,” disse la voce maschile, pronunciata con tono quieto, eppure in qualche modo in grado di sovrastare il rumore ambientale.
La voce di Alexander Thran, che arrivava accompagnato dalla solita Kristen Reese, l’ineffabile segretaria-modella e mano destra del suo principale. Come sempre, la donna stringeva nel braccio un notepad elettronico con abbastanza potere di elaborazione da rivaleggiare con un mainframe.
“Un...calcolo?” fece Griffin, che non si sentiva molto teamleader nei suoi abiti borghesi alquanto ‘ordinari’ –camicia a quadretti, pantaloni di velluto a coste e bretelle rosse. Senza contare la calvizie –Signore, come invidiava Terry che portava con orgoglio la sua pelata integrale!
Thran annuì. “Con i Campioni ridotti ai soli Takiguchi e Ninja Bianco, non ho ritenuto utile esporre lo Zilnawa alle ‘attenzioni’ dei Marziani. I super-esseri di questo mondo erano troppo impegnati a coprire gli obiettivi ‘tradizionali’ degli invasori, per potersi occupare anche di proteggere la mia nazione. C’era la certezza che lo Zilnawa sarebbe stato gravemente ferito, sprecando i decenni di lavoro necessari a farlo emergere come faro di speranza per questo continente. E questo è quanto.”
Le lampade generavano un calore non indifferente, eppure l’atmosfera fra il gruppo e il Presidente della TC scese di parecchi gradi...Per poco, però.
Alla fine, gli eroi sapevano che da quel freddo calcolo era davvero nata una speranza. Anche se non tutto era filato come doveva, almeno loro erano serviti a qualcosa. E potevano fare ancora di più...
Giapeto vide il gruppo dirigersi verso uno dei tubi-ascensore. Si sentiva ragionevolmente sicuro che non avrebbero combinato casini…E sarebbe stata un’ottima occasione per osservare le loro reazioni in un ambito non-combattivo.
Era soprattutto curioso su Dave Martin: libero dalla personalità oppressa e timida di ‘Chip’, il ragazzo era chiaramente capace di adattamento rapido alle novità, nonché di un coordinamento mente/corpo che, nei primi rilevamenti, trovava un rivale solo nel famigerato Taskmaster…
Lo scienziato Italiano sorrise amaramente. Quanto detto da Thran corrispondeva a verità…fino ad un certo punto.
La Guerra dei Mondi era stata un ‘bonus’ inaspettato; i Krikkers erano stati astuti, bisognava concederglielo…Ma non era certo per loro, che la fortezza volante era stata tenuta all’ancora, non quando era pronta da ben prima della GdM.
E l’ironia suprema, la causa di quel sorriso amaro, era che alla fine la prudenza si era rivelata inutile. La vera minaccia dallo spazio stava tornando, e c’era solo da sperare che le contromisure fossero pronte[xviii].
O Progetto Exodus avrebbe conosciuto la sua prematura fine.
Uscì per ultimo, lo sguardo fisso davanti a sé, attento a non urtare contro qualcosa, la mente persa nei pensieri.
Aveva chiesto di essere lasciato da solo, e lo avevano accontentato.
Naturalmente Robert sapeva di essere comunque monitorato 24 ore su 24. I nano-impianti nel suo circolo sanguigno e nel sistema nervoso si sarebbero assicurati di dare un ritratto dettagliato del suo stato psicofisico. Almeno, fino a quando non avesse tentato il suicidio o roba del genere, lo avrebbero lasciato in pace.
Cosa poteva fare?
Entrò nel t-a. Fu subito avvolto dai potenti campi di forza generati sulla matrice di quelli della Donna Invisibile, e fu spinto tanto velocemente quanto gentilmente verso l’alto, dando la precisa impressione, ad un osservatore esterno, di stare volando.
Quando uscì, Robert si ritrovò a contemplare la maestosità delle due cittadelle. Circondato da densi banchi di nuvole d’acciaio, il Sole splendeva sulle torri di cristallo e metallo, trasformandole in fontane luminose dai riflessi prismatici. Robert ricordava bene la prima volta che le aveva viste, l’emozione di trovarsi di fronte ai santuari del futuro del mondo.
Certo, non si era fatto illusioni: sapeva che l’incarico che Reese-San aveva menzionato lo avrebbe dotato di un potere fatto per combattere, distruggere.
Ora sapeva cosa voleva dire, e ai suoi occhi le torri luminose erano diventate simbolo di un futuro lastricato anche col sangue.
Robert mise le mani nelle tasche del suo ‘chiodo’ in cuoio chiaro, e a passi lenti si diresse verso il parcheggio. Una cosa poteva farla, per sfogarsi, almeno…
Nel cielo, le nuvole si tinsero dei primi fulmini…
Episodio 16 - Gente che va…
Distaccamento SHIELD presso la città-stato dello Zilnawa, Vreedefort Region, Sud Africa
“Comincio a temere che ci stiate tirando una qualche fregatura,” commentò l’uomo. Il Tenente Mugana, nero come lo poteva essere lo stereotipo dell’Africano Purissimo, era originario del Wakanda, ed era cresciuto a pane, tradizioni ed hi-tech che nella maggior parte del mondo se lo sognavano. Durante la sua carriera presso lo SHIELD, si era tenuto in stretto contatto con i suoi orgogliosi genitori, ed era stato con la morte nel cuore che aveva dovuto assistere, impotente, alla tragedia della guerra civile nella sua bella patria.
Abel Mugana si era sempre chiesto come sarebbe andata a finire, se i ribelli avessero trovato un fronte più potente di loro. Un fronte a cui sarebbe bastato il gigantesco super-robot alto 30 metri che una piattaforma articolata speciale stava portando nell’hangar. Fortunatamente, i progettisti di quei distaccamenti avevano pensato a potere alloggiare il grande Red Ronin nel caso fosse servito. Sicuramente, non avevano mai pensato al Mazinkaiser, una delle più potenti armi nonconvenzionali realizzate dalla fantasia umana.
Uno sbuffare di motori e pistoni idraulici annunciò il termine dell’operazione. Il portello d’ingresso si chiuse con un fragore assordante. I cavi di lega a base titanio che fermavano il robot all’autoarticolato erano una pura formalità, l’equivalente di un’etichettatura, per indicare il temporaneo ‘custode’ del Mazinkaiser.
“Non vedo di che tipo,” commentò freddamente Simone Giapeto, Direttore delle Forze Speciali di Difesa Nazionale dello Zilnawa. I suoi occhi andarono alla ventiquattrore saldamente legata al braccio di Mugana. “Senza il modulo di interfaccia, se anche il pilota di Mazinkaiser decidesse di cambiare idea e rubare il veicolo, si troverebbe fra le mani solo un rottame da qualche miliardo di euro.”
“Intendevo un altro tipo di fregatura,” ribatté Mugana. Come il suo gran capo, il Colonnello Fury, non era aveva peli sulla lingua. “Sappiamo per certo che una qualche organizzazione terroristica che crediamo guidata dal Dottor Demonicus sta facendo polpette di una gran parte di siti contenenti la più alta tecnologia[xix]. Se arrivasse qui, non avremmo altra scelta che lasciarvi riarmare questo ammazzasette,” e con un pollice indicò Mazinkaiser “e costringerci a raccomandarvi per un qualche perdono.”
A controbattere quell’osservazione fu la più influente autorità dello Zilnawa e di metà del commercio hi-tech mondiale, Alexander Thran, fondatore e Presidente della Talon Corporation e padrone di fatto dello Zilnawa. L’uomo fissò Mugana con occhi come laser. “Se avete fondamento di credere che lo Zilnawa abbia organizzato tutto questo, Tenente,” pronunciò quel grado come fosse stata la cosa più insignificante del mondo mortale “le consiglio di dirlo esplicitamente, prima che Kofi Annan si trovi fra le mani una seria denuncia per diffamazione.”
I due laser si incontrarono a mezz’aria e fecero scintille. Mugana non osò spiccicare parola, già pentendosi solo di avere aperto la bocca. Thran era capacissimo di farlo trasferire al più insignificante ruolo di assistente in qualche oscuro magazzino pieno di tazze dei cessi dell’HYDRA con una sola lettera -il Colonnello Fury non era il solo a conoscere qualche bello scheletro nell’armadio…
“Ad ogni modo,” riprese Thran, “abbiamo adempiuto alla risoluzione presentata, e Mazinkaiser è effettivamente disarmato e sotto la vostra custodia.” Lo disse come a dire ‘che vi vada di traverso’, e questa volta non ci furono obiezioni da Mugana. “Questo esaurisce le nostre adempienze verso l’ONU per i fatti di Phoenix[xx]. Non vi saranno altri super-robot nelle FSDN per il periodo di tempo determinato dal Consiglio di Sicurezza. Domande?”
Mugana prese il documento e DVD contenente il provvedimento in questione. Adesso, bisognava solo sperare che il sostituto del pilota di Mazinkaiser non fosse un altro caso da lettino e analista…
Al di fuori della regione del Vreedefort Crater, appena fuori dai confini dello Zilnawa, la natura era, per contrasto, assolutamente intatta. Le maggiori arterie di trasporto consistevano di eleganti tubature di una lega polimerica trasparente come cristallo e solida come il metallo. Le tubature erano rette da pilastri alti al di sopra della vegetazione.
Due corsie sovrapposte, monorotaia magnetica sotto e sopra corsia piatta per i veicoli a ruote -permessi solo veicoli a idrogeno ed elettrici, noleggio disponibile 24 ore su 24.
Occorreva un permesso speciale, per potersi muovere con un motore, anche se ecologicamente corretto, nella riserva naturale.
Robert Takiguchi, membro delle FSDN, lo possedeva. E aveva deciso di sfruttarlo fino in fondo. La sua ‘moto’ era un HoverSpeeder-J1, che lo teneva a circa un metro dal suolo, a una velocità di 120 Km/h -un curioso tentativo di suicidio, considerando che la giungla non era esattamente luogo privo di ostacoli.
Un’osservazione inutile, in virtù del fatto che il giovane era il pilota di Mazinkaiser, e che una giungla non era, per lui, peggio di un deserto sconfinato.
Correva sotto una pioggia battente, era zuppo fino al midollo, ma non poteva importargliene di meno. Se almeno un malanno gli fosse venuto, sarebbe stata la sua prima rata per la meritata dannazione eterna!
Aveva ucciso degli innocenti! Aveva ceduto all’oscurità che alberga in ogni cuore, ed aveva usato l’angelo d’acciaio come un demone di distruzione. Aveva calpestato malati e feriti, e chi provava a difendersi, come scarafaggi. Ed aveva goduto.
Non era colpa sua, dicevano. L’evento Inferno2 aveva coinvolto ogni essere umano sulla Terra...
Bella consolazione, per le vittime!
Con la visione annebbiata dalle lacrime, Robert scorse il crepaccio davanti a lui. Il crepaccio nato dall’antico impatto meteorico che aveva generato il Vreedefort Crater.
Il ragazzo sorrise amaramente -sarebbe stato classificato come un semplice incidente, senza disonore. Un tentativo di saltare il fosso fatto senza la sufficiente velocità. Non sarebbe rimasto abbastanza, di lui, da recuperare in qualche corpo biodroide o con la nanotech. Con un po’ di fortuna, la fine sarebbe stata rapida. Mazinkaiser era un’arma eccezionale, e un nuovo pilota poteva essere addestrato relativamente in fretta…
Robert mantenne la velocità abbastanza alta per l’imminente salto. Suo padre non avrebbe approvato, certo…Ma avrebbe approvato ancora meno l’idea di un figlio criminale e libero per mere ragioni di convenienza.
Non chiuse gli occhi. Avrebbe vissuto il momento fatale con dignità.
Salto! L’HS sembrò volersi librare fieramente nel cielo, fare il possibile per arrivare dall’altra parte del crepaccio. Uno sforzo, ovviamente, inutile. A metà salto, la parabola divenne discendente, e l’HS finì dritto contro la parete opposta. La tanica di idrogeno esplose in una conflagrazione che consumò all’istante il veicolo. I rottami fiammeggianti rimbalzarono verso e contro l’altra parete, biglia di un flipper infernale, che terminò la corsa da qualche parte verso l’inferno…
La pioggia era quasi un muro d’acqua, ormai. Il cielo era una cappa metallica così scura che il passaggio dal giorno alla sera non era stato assolutamente notato. Per le strade, il traffico era ridotto alle sole pattuglie della polizia ed ai mezzi di emergenza di ronda. Il più del traffico si svolgeva attraverso le linee ferroviarie sotterranee.
Vista dall’esterno, alle ore 20:21, la città dello Zilnawa sembrava una città fantasma, impressione amplificata dalla completa assenza di luminosità dagli edifici, le cui finestre erano trattate per non lasciare passare la luce dall’interno. Niente inquinamento luminoso.
Un’impressione, quindi, decisamente fallace.
Musica assordante al punto di non potere neppure parlare. Giochi di luce ipnotici, arcobaleni impazziti che aiutavano non poco ad ottenebrare la parte razionale della più solida mente. Odore di fumo, sudore ed alcool in tali concentrazioni che solo un veterano poteva sopportare per una notte intera. Agitazione al massimo livello, ritmi sfrenati e potenziati dall’adrenalina pura.
Benvenuti al Club Disco Inferno, dove il divertimento era di casa.
E dove Terrance ‘Terry’ Sorenson stava dando il meglio di sé, sfogando la tensione accumulata nelle precedenti settimane di battaglie. L’uomo, che per l’occasione era vestito come una versione ‘estrema’ del celebre Ali G, aveva conquistato la pista principale non tanto per la sua abilità fisica -diciamocelo pure, in quanto a contorsioni, era ancora un dilettante di fronte ai professionisti della disco!
In compenso, lui era il solo, fra i presenti, a disporre di superpoteri, e fin quando non faceva un casino, era ben felice di usarli per cose migliori che combattere. Nello specifico, stava generando un elaborato gioco di fiamme esaltato da una continua ‘aura’ di cristalli di ghiaccio, dando così l’impressione di essere un angelo preda della musica. E a giudicare dagli incoraggiamenti della folla, ci stava riuscendo benissimo…
La musica raggiunse il suo crescendo, e Terry fece lo stesso, espandendo la sua ‘aura’ in un’esplosione che raggiunse il soffitto a volta. E quando fu finita, gli applausi furono travolgenti. Le richieste di bis si sprecavano, ma per ora anche un super-eroe aveva bisogno di una pausa.
Terry si diresse al bancone del bar. Ordinò al volo una qualunque specialità della casa, che un barista-robot predispose con delle manovre da giocoliere -manovre che garantivano la giusta combinazione che rendeva speciali i drink serviti al CDI.
Subito un paio di amazzoni più nere del giovane afroamericano gli si sedettero accanto. “Povera creatura,” disse quella alla sua sinistra, che quanto a scarsità abbigliamento aveva poco da fare concorrenza all’altra. La ragazza passò un dito sul ventre scoperto di Terry. Sembrava sinceramente preoccupata per lui. “Dev’essere così dura, tutto questo sforzo dopo essersi impegnati a salvare il mondo.”
“Così vero,” disse l’altra, che a ben vedere poteva benissimo essere la sorella gemella della prima, con tanto degli stessi occhi azzurri. Questa gli accarezzò sensualmente la testa, trasmettendo a Terry orde di segnali diretti direttamente alla sua libido! “Un Campione ha diritto a qualcosa di meglio che doversi esibire per un branco di pecoroni irriconoscenti…” E con la testa, un’espressione di sprezzante divertimento in volto, indicò la pista principale, dove nuovi aspiranti al cubo stavano dando mostra di sé per una folla che già aveva dimenticato il suo eroe…
Ma a Terry non poteva importare di meno, considerando che era già sul punto di chiedere loro di vedere la proverbiale collezione di francobolli! Dio! E dire che quando gli avevano detto che la sua identità sarebbe stata pubblica, si era sentito nervoso di brutto…ed ora, invece..!
Terry levò il bicchiere in brindisi, e disse ai suoi angeli, “Mie care, a questo punto un ragazzo perbene come me dovrebbe dire qualcosa di interessante, giusto? Allora, quali sono le vostre misure?”
Le due ragazze risero, e solo molto distrattamente lui redarguì mentalmente i suoi amici per non essersi uniti a lui…
…Ma a Dave Martin non sarebbe potuto importare di meno, di fiondarsi in un locale affollato e incasinato all’inverosimile. Non quando, letteralmente, per la prima volta in vita sua, poteva godersi l’elementare quiete della foresta intorno a lui.
Godersela con la piena consapevolezza di sé, rinato a tutti gli effetti dopo anni passati in uno stato di follia schizofrenica. In quello stato, il suo corpo era stato controllato dalla sua distorta personalità di ‘Chip’. Chip, il represso, il timido ed introverso, il giocattolo vivente per quella carogna di suo padre!
Dave sorrise, e si rilassò ulteriormente contro il tronco su cui poggiava. Inutile amareggiarsi ancora, quello che era stato era stato…In compenso, avrebbe dovuto fargli visita al vecchio, sì. Mostrargli non solo la propria guarigione, ma fargli vedere anche chi lo aveva aiutato a guarire!
Come quel pensiero fosse stato un segnale, un frusciar di foglie alle sue spalle annunciò l’arrivo
di un lupo grigio-argenteo, un esemplare perfetto che si muoveva con la grazia e la sicurezza del dominatore che era di quell’ambiente.
L’animale si avvicinò a Dave, e posò la gola sulla spalla del giovane mutante, emettendo un soddisfatto Murr. Il suo muso era umido, e odorava leggermente del sangue della sua recente preda.
Dave ricambiò quel gesto affettivo accarezzandolo sul naso. “Mi chiedevo una cosa,” disse il ragazzo, distrattamente.
Il lupo si staccò da lui. Subito dopo, il suo corpo si rimodellò, per assumere un aspetto antropomorfo. Hrimhari si mise seduto accanto a lui. “Cosa, Dave?”
“Yllyni. Com’è che appare una volta ogni morte di Papa? Mi sembra un tiretto tosto, eppure la si è vista ben poco…”
Hrimhari sospirò. “Lei è una faerie, e per sua stessa natura è capricciosa e imprevedibile. Mi si era affezionata per averla salvata da un drago di Hela -una ragione per cui ancora oggi la Dea della Morte continua a tentare di avermi prima del mio tempo- e, nonostante il suo caratterino, credimi, sa essere preziosa al momento giusto.”
“Questo è vero,” concesse Dave. La piccola aveva dato ampia prova di tale attitudine[xxi]. Sospirò, per poi appoggiarsi con una spalla contro quella impellicciata -contatto fisico, quella semplice, deliziosa intimità che Chip si era sempre negato…
Una parte di lui trovava ancora curioso che un Principe Asgardiano potesse legarsi così a un tizio incasinato come lui…ma, in fondo, Dave non avrebbe mai avuto alcunché da ridire. Sperava solo che momenti come questo non terminassero mai…
…Stesso discorso valeva per Griffin Gogol, Ebreo di nascita, non ortodosso per scelta, e per tale scelta da troppo tempo tormentato da un padre ultra-osservante.
Un padre che, finalmente, mostrava ora un sorriso compiaciuto attraverso lo schermo del videotelefono.
“Abbiamo seguito i servizi televisivi da Phoenix,” disse l’anziano Jeremiah Gogol mentre con l’altra mano reggeva una pipa. Sorrideva, ma i suoi occhi avevano anche una luce dura, protettiva, che Griffin non aveva più visto da quando aveva annunciato di volere intraprendere una strada lontana dalla fede.
“Francamente,” disse il medico in pensione, “sono disgustato dall’atteggiamento di questa Carmen Twohawks verso te ed i tuoi amici…Anche se devo ammettere che non bisognerebbe lasciare un’arma come quel…robot,” quasi sputò la parola, “in mano a qualcuno così debole contro le tentazioni del Grande Oppositore.” A quel punto, un gomito apparve nello schermo, e diede una discreta gomitata a Jeremiah.
Griffin sorise. Grazie, mamma.
“Ad ogni modo, figlio, siamo tutti molto orgogliosi di te, qui. Un sacco di giornalisti sanno dire la verità, e i vicini ora non fanno che parlare delle vite che avete salvato…Ma fai attenzione!” e puntò un indice ammonitore. “Non crediate di sostituirvi a Jahvé. Certe imprese non sono cose che un uomo, per quanto potente, possa arrogarsi di fare…Ouch!” un’altra gomitata lo riportò lesto compos sui.
Jeremiah si schiarì la gola platealmente come un Rabbi prima della più solenne cerimonia. “Torna a trovarci, quando puoi, chiaro? Ah, e non badare alle ciance di quella donnaccia,” riferendosi a Carmen “sul tuo conto. Tanto, mica è un’Ebrea…Ahio!”
Griffin sapeva che, anche per quel solo, goffo discorso, il suo genitore aveva dovuto digerire parecchi amari bocconi, l’equivalente di uno sforzo epico per qualcuno che credeva che i poteri dell’alter-ego del figlio fossero di natura non esattamente ‘legittimata’ dal Signore…
L’uomo era talmente perso nei suoi pensieri che, dapprincipio, non comprese cosa fosse quell’insistente cicalio dall’orologio -e dire che era sicuro di non avere acquistato un modello digitale con la suoneria…
Finalmente, realizzò che quello non era il suo orologio, ma l’omnicom subcutaneo! E il ‘cicalino’ era il segnale di allarme!
“Papà, scusami, ho un’emergenza!” Griffin tolse la comunicazione, pregando che il vecchio non se la sarebbe presa, e al contempo si trasformò nel coloratissimo Capitan Ultra, teamleader dei Campioni. “Parla Ultra, cosa succede?”
Sapevano che sarebbe dovuta finire, ma ugualmente Dave bestemmiò al suono dell’omnicom. Intorno a loro, la realtà virtuale della foresta si dissolse.
Dave e Hrimhari si sciolsero dal reciproco abbraccio, e contemporaneamente dissero, “Sì?”
Terry dovette ammettere che doveva essere ciucco peso. Aveva un mal di testa maiuscolo, e si sentiva generalmente uno straccio. Quando il segnale gli arrivò dritto dall’apparecchio posto nella tempia, gli venne anche trasmessa una fitta paurosa lungo tutto il cranio!
Il ragazzo si mise seduto, a fatica, sul divano dove era stato spaparanzato fino a un istante prima. “Pronto? Cosa succede? Avevamo una licenza, no, perdio?”
La trasmissione dall’altra parte giunse secca e telegrafica. Il suo contenuto fu sufficiente a ‘sobriarlo’ in un batter d’occhio. Terry scattò in piedi, terreo in volto. “Sarò lì subito.”
Nel correre via, non salutò neppure le sue ‘fan’. Non si voltò, e non si accorse minimamente dell’occhiata d’intesa che le due ragazze si scambiarono…ne’ del loro sorriso di natura tutt’altro che benevola..
QG a terra delle FSDN
L’atmosfera era carica di angoscia. Nessuno osava solo pensare alla parola ‘morto’. Tuttavia, dopo avere appena sentito dalla bocca del loro stesso capo di quei recenti attacchi misteriosi…
“…e non si tratta di Demonicus,” stava dicendo Giapeto ai Campioni, nella sala riunioni. “Se quella di rapire per teletrasporto fosse la sua tattica, senza dubbio l’avrebbe usata per costruirsi un esercito istantaneo, rubando la tecnologia che finora ha distrutto. No, c’è un’altra forza, all’opera.
“Come vi ho appena detto, la sparizione di Mazinkaiser ha fatto venire i vermi allo SHIELD. Il Direttore locale non ne vuole sapere di sapervi fuori dal suo campo visivo, e per ora acconsentiremo a placare le sue paure. È un problema che dovrebbe essere risolto a breve, comunque, visto che lo SHIELD era incaricato di supervisionare ai soli disarmo e custodia di Ma…”
“Direttore…E Robert?” ad interromperlo, era stato Equinox, che teneva una mano alzata come uno scolaro al professore. “Cosa facciamo per…”
Giapeto lo interruppe con un cenno di diniego della testa. “Mentre parliamo, unità di fanteria di terra ed aeree della FSDN stanno setacciando al millimetro l’area in cui il segnale di Takiguchi è scomparso. Il nostro Grande Fratello” si riferiva al satellite artificiale in orbita geostazionaria sopra lo Zilnawa “sta facendo lo stesso con ogni centimetro quadro di terreno fuori dello Zilnawa. Ogni telecamera di sicurezza, scansare DNA e poliziotto dello Zilnawa sono stati allertati. Se Takiguchi si trovasse in questa fetta di mondo, non importa in quali condizioni ed aspetto fisico, lo troveremo. Non ha senso disperdervi in una ricerca probabilmente inutile: potrebbe trattarsi esattamente di questo, che vuole il responsabile della sparizione.”
Come sempre, gli occhi -l’unica parte visibile- del Ninja Bianco erano impenetrabili. La sua postura tradiva un’uguale freddezza calcolatrice. C’era da chiedersi se fosse veramente umano. E gli altri? Ai sensi di Hrimhari, tutti erano tesi come molle, furiosi per l’apparente indifferenza di Giapeto...ma il lupo poteva percepire distintamente la lotta interiore dell’Italiano, che era non meno fremente per il destino di qualcuno per il quale si preoccupava sinceramente come un padre per il figlio...
“Signore,” Ultra spezzò il silenzio. Sembrava imbarazzato, nel porre una domanda apparentemente stupida. “Um...come facciamo, se adesso ci attaccasse lo Stato? Insomma, quelli usano modelli di Sentinelle, come soldati...”
Giapeto annuì. “Ottima domanda, Capitano. La risposta è: stiamo provvedendo. Non potremo disporre di un super-robot, ma stiamo per arruolare un egregio sostituto. Il Sig. Thran aveva temuto e previsto una simile eventualità.
“Se, nel frattempo, dovremo cavarcela con le sole nostre forze...” sorrise, un sorriso che non sarebbe stato male su un bucaniere prima dell’abbordaggio. “Be’, lei è pur sempre abbastanza potente da farne a pezzi più d’una, come ampiamente provato[xxii]. E se anche non lo fosse, nessuno di voi guerrieri dimentichi che i Fantastici Quattro, da soli, hanno distrutto il Samurai Destroyer che aveva annientato gli originali Shogun Warrior[xxiii]s. E una vecchia formazione dei Vendicatori ha fatto letteralmente a brandelli Red Ronin[xxiv]. Domande? Bene. Purtroppo, a titolo puramente precauzionale, devo considerare revocata la vostra licenza.” Grugniti eroici. “Non vi preoccupate troppo, comunque: avrete un sacco di tempo libero per studiare i particolari della nostra prossima missione.
“Lo Stato sarà riuscito a ottenere il disarmo di Mazinkaiser, ma c’è un intero continente che aspetta l’aiuto dei Campioni. Orsù, alle vostre stanze!”
Uscendo dalla sala, il gruppo si diresse alla cabina pneumatica che li avrebbe portati a destinazione. Equinox tornò alla sua identità civile, subito sentendosi meglio. Nessuno dei suoi compagni scorse in lui qualcosa di strano…Del resto, lui stesso appariva perfettamente in buona salute. Fin quando non usava i suoi poteri.
Terry sapeva che avrebbe dovuto avvertire almeno il medico di bordo…Ma credeva che i suoi poteri fossero stati scombinati da quel casino di Inferno2, e che la sbronza alla disco doveva avere contribuito non poco…
Questo, almeno, era quello che si ripeteva come un mantra. La verità era che la sola idea di perdere i suoi poteri, o di venire esonerato dal servizio, gli era letteralmente insopportabile! Per anni, Terrance aveva maledetto quei poteri, la sua trasformazione in un mostro, la sua follia…No, non avrebbe permesso a un raffreddore o roba del genere di impedirgli di essere un fottuto eroe, ora che la sua vita aveva preso la direzione giusta!
I Campioni entrarono nella cabina, e si sedettero sulle poltrone al centro del locale; con un sibilo, la cabina partì un attimo dopo.
Terry tossì, e con piacere notò che nessun allarme era scattato -su questo, Giapeto era stato chiarissimo: una qualunque forma virale ritenuta patogena dal database del computer sarebbe stata rilevata dai sensori ed isolata insieme al portatore nel giro di pochi secondi.
Andava tutto bene, giusto? E allora, perché, per ogni istante che passava, si sentiva rabbrividire o bruciare senza alcuna ragione apparente?
Per il suo stupido orgoglio, Terry si era seduto dietro tutti gli altri. E gli altri erano troppo persi nella loro preoccupazione per il fato di Robert, per badare a lui. Lo stesso Hrimhari aveva erroneamente attribuito lo stato fisico di Terry al suo stato emotivo.
Quando il lupo lo capì, quando percepì un marcato cambiamento nell’odore dell’umano…
…fu troppo tardi. La cabina esplose.
Episodio 17 - …gente che viene
L’aereo passeggeri era un
modello rivoluzionario, un apparecchio concepito per raggiungere quota
sub-orbitale, spinto da una combinazione di celle di idrogeno ed energia
solare. Era giunto al termine di un volo diretto da New York, un volo ricco di
ogni confort, a prezzi particolarmente competitivi. Non c’erano una prima o una
seconda classe, bensì un trattamento unificato che, insieme alle novità
tecnologiche, garantiva un semprepieno ad ogni tratta.
Del resto, non c’era da aspettarsi di meno dalle Zilnawa Airlines, il cui operato mirava ad influenzare le esigenze dei clienti verso migliori apparecchi ed un migliore trattamento in altre compagnie…
L’apparecchio stava atterrando a Cape Laika, cuore del Centro di Ricerca Spaziale dello Zilnawa. Ogni turista poteva così approfittarne per vedere da vicino i progressi in quel settore della città-stato.
A bordo, pochi potevano comprendere il significato di quel luogo come il Dott. David Patrick Lowell. Il giovane Americano quasi sbavava attraverso il suo oblò, dandosi pacche sulla schiena ogni minuto per avere accettato l’offerta del Governo di quel paese…
L’aereo si fermò all’altezza del proprio ‘braccio’. Una volta agganciato, i passeggeri scesero ordinatamente, con Lowell in testa che quasi correva.
Dopo una vita a dir poco schifosa, che lo aveva visto perdere il lavoro, fare il supercriminale, finire in prigione e perdere l’unica donna che mai avesse amato, David aveva un disperato bisogno e di rifarsi un nome nella comunità scientifica, e di fare qualcosa di decente con i poteri che aveva guadagnato.
In America, la ‘terra delle opportunità’, il mercato era praticamente inflazionato di gente come lui! Gli scienziati super-eroi, come Hank Pym o Bill Foster, occupavano quelle posizioni nella biogenetica cui lui ambiva. E un ex-galeotto come lui, in quel periodo di paranoia sui super-esseri, sarebbe stato fortunato a trovare un posto di assistente…
Pensando queste cose, giunse al dispenser dei bagagli. Infilò in una fessura il tesserino ottico che lo identificava, dalle impronte digitali e retinale registrate su un chip, come possessore del proprio bagaglio, su cui gli stessi dati erano registrati, e si mise in paziente attesa.
No, lui voleva di più. Voleva vedere il suo nome attaccato a un premio Nobel, e il suo alter ego legato al salvataggio di vite umane…
Lo scampanellio dal dispenser lo scosse da quei sogni ad occhi aperti. Un display fece scorrere il codice numerico del bagaglio in oggetto, mentre una voce lo elencava a beneficio dei sordi; Lowell ritirò il proprio bagaglio, una valigia ed una ventiquattr’ore, e si avviò verso l’uscita, non senza lanciare occhiate deliziate alla vista di robot usati come personale di servizio.
Seguendo le indicazioni, si diresse allo spazio dedicato agli accompagnatori. Lì, riconobbe il suo ‘appuntamento’ dalla videoconferenza col Gran Capo in persona. E, dal vivo, la donna era davvero stratosferica! Non si chiese neppure se fosse libera, una così bisognava essere privi di ogni senso per ignorarla!
La donna, vestita di un taileur grigio, occhiali da sole ray-ban eleganti ma severi, e un caschetto impeccabile di capelli biondi, si avvicinò a David. Sfoggiava un sorriso educato, che, tuttavia, a David Dava la precisa impressione di quello di un vampiro un attimo prima di scoprire i canini…
La donna tese una mano, mentre con l’altra reggeva una specie di palmare dall’aspetto molto sofisticato. “Dottor Lowell? Kristen Palmer, segretaria particolare di Alexander Thran, e P.R.A. delle Forze Speciali di Difesa Nazionale dello Zilnawa. Benvenuto.”
Vampiro o no, a quella voce l’uomo si sarebbe sciolto come un gelato al sole. “Uh…sì…Salve.”
La donna si voltò. “Prego, mi segua.”
“Duh. Seguo.”
Una volta nel veicolo, una limousine da prìncipi con tanto di vasca idromassaggio, Kristen disse, “Il Presidente si scusa per la premura, ma sono avvenuti dei fatti inaspettati concernenti i Campioni dello Zilnawa. Temo che la sua introduzione allo staff dei laboratori dovrà attendere. Ecco, prenda.” Come per magia, nella sua mano erano apparsi un passaporto ed una tessera plastificata in una custodia. “Con questi, lei diventa un cittadino dello Zilnawa a tutti gli effetti, come stabilito negli accordi. La tessera la identifica altresì come Campione dello Zilnawa. Maggiori dettagli le saranno forniti dal Comandante delle FSDN.”
David si mise gli oggetti in una tasca della giacca. Dovette ammettere di avere un po’ di paura, nell’aprire la ventiquattr’ore, e rivelare il suo contenuto: un costume bianco, rosso e nero, con un sole giallo nella metà inferiore e nero su quella superiore.
Ora che la fase depressiva gli era passata, era bello tornare in azione!
Il protocollo antincendio
si era attivato all’istante. Una ‘schiuma’ composta di materiali inerti e
naniti aveva riempito la sezione del tubo pneumatico interessata
dall’esplosione. La schiuma avrebbe soffocato le fiamme, mentre i naniti,
respirati ed ingeriti insieme alla schiuma da chiunque potesse essere
sopravvissuto all’esplosione, avrebbero trasformato la schiuma in aria respirabile…
Precauzioni, in questo caso, non necessarie.
“Tutto *cough* bene, gente?”
La cabina era stata ridotta ad un ammasso irriconoscibile. Il metallo era stato fuso come stagnola, e si era mescolato in sculture astratte a quello delle pareti. Parlare di sopravvissuti sarebbe stato ridicolo, se questi non fossero stati i Campioni. E almeno due di loro possedevano il potere di trasformare i loro pensieri in azioni concrete.
Nello specifico, a reagire per primo era stato il teamleader, Capitan Ultra. Era il più vicino alla causa dell’esplosione, cioè una manifestazione incontrollata del potere di Equinox, l’Uomo Termodinamico. Sfortunatamente, insieme alla fiammata, erano state generate anche enormi schegge di ghiaccio, col risultato che il doppio attacco aveva scalzato l’eroe dal suo posto come fosse stato un fuscello.
Per quanto riguardava Dave Martin, a.k.a Psychlone, la sua armatura psichica aveva perfettamente resistito alla prova, e per un momento ne fu anche felice…Fino a quando non realizzò che un certo qualcun altro, un’armatura non la possedeva! “HRIMHARI!”
In risposta al suo grido, dalla schiuma emerse la forma di un uomo-lupo –o meglio, più una versione licantropesca dell’omino dei Marshmallows con qualche ciuffo di pelliccia argentata, che un fiero Principe di Asgard. Al suo collo, brillava ad intermittenza un ciondolo dal bordo dorato. “Placa l’angoscia nel tuo cuore, Dave. Il dono del Sire Thor ha fatto il miracolo…” in una zampa sporca di schiuma sollevò il ciondolo. Una superficie di cristallo proteggeva la causa di quella luminosità: una scheggia dai riflessi metallici, una scheggia dell’indistruttibile Mjolnir. “Ma credo sia più importante concentrarci sullo stato del nostro compagno.”
Tutti si voltarono a guardare verso Equinox.
Il corpo del super-essere era come impazzito. Plasma e ghiaccio si alternavano in schemi puramente casuali, frenetici. La sua espressione era pura angoscia…E c’era da scommettere che le cose sarebbero state decisamente peggiori, se non fosse stato per il Ninja Bianco. Il silente guerriero stava tenendo le mani strette alle tempie di Terry Sorenson, in qualche modo imponendo la propria volontà sul panico dell’altro. Il tremendo calore era circoscritto solo al corpo di Equinox.
“Un effetto postumo di Inferno2?” chiese Dave, che a sua volta aveva provato bene la corruzione mentale causata dai demoni[xxv].
“Un qualche veleno, piuttosto,” rispose il Ninja. “La tecnica di Lin-Shi per domare il disequilibrio può funzionare fino ad un certo punto. Capitano..?”
“Detto fatto,” disse Ultra, prima di avvolgere entrambi gli eroi in una bolla di energia-Ultra. “E ora…” si preparò a fasare sé stesso ed il suo ‘carico’, ma fu prevenuto dal bagliore che li avvolse tutti…
…per farli riapparire all’interno di un’ampia stanza dalle pareti nude e metalliche, ermeticamente sigillata.
“Scusate lo scarso preavviso, signori,” disse, attraverso l’interfono, la voce del loro comandante. Poi, Simone Giapeto in persona apparve all’unica finestra blindata di quella cella.
Con un sibilo, si aprì una porta scorrevole, ed entrò una fila di uomini vestiti di tute di protezione arancioni dotate di protezioni corazzate intorno al petto e all’inguine. Senza esitare, si diressero verso Equinox, e Ultra capì di dovere abbassare il campo.
“Ora, Campioni, per favore uscite.” E dopo che loro ebbero obbedito, la porta si chiuse.
Si ritrovarono all’interno di un’altra stanza, identica alla precedente. Giapeto si mostrò loro alla solita finestra; al suo fianco, procedeva uno sconosciuto biondo in costume ed occhialoni neri. “Signori, vi presento il vostro nuovo compagno di squadra: David Patrick Lowell, il Campione Sundown. Il teletrasporto è stato effettuato da lui.”
“Piacere, gente,” Sundown fece un saluto goffo con la sinistra.
“Mitico,” commentò Dave, laconico. “Morto un Campione, se ne fa un altro. Non mi dispiacerebbe incontrare il mio…” fu interrotto da un colpo di tosse da parte di Giapeto.
“Che sia chiara una cosa, giovanotto,” disse lo scienziato. “Che ti piaccia o no, i Campioni sono per lo Zilnawa quello che Capitan America è per gli USA. Mantenere i ranghi al numero stabilito è fondamentale, o perderete gravemente di efficienza, e dareste un’idea di instabilità come squadra.
“E per quanto riguarda la scomparsa di Takiguchi[xxvi], appare chiaro che nelle sue condizioni psicologiche non sarebbe comunque un combattente efficiente. Sundown saprà rimpiazzarlo adeguatamente, almeno fino a quando non saremo rientrati nelle grazie dell’ONU per quanto riguarda le armi speciali. Nel frattempo, mi aspetto un comportamento civile da voi altri. Mi sono spiegato?” e qui fissò decisamente Psychlone negli occhi.
Era una scena curiosa: l’eroe, che anche grazie all’elmo a teschio bovino sembrava più un angelo sterminatore che un essere umano, aveva le dimensioni e le armi necessarie non solo a sminuire, ma a fare polpette di quell’omone da saloon. Eppure, abbassò prontamente gli occhi. “Sissignore.”
Giapeto annuì, “Eccellente. Ora, per favore, concentriamoci su un problema più importante: stabilire fino a che punto anche voi siete stati infetti dallo stesso male che ha colpito Equinox.”
In una località sconosciuta.
“Mazinger Alfa è…scomparso?”
Era difficile capire se fosse soddisfazione o rabbia, quella che animava il volto del Barone Maximillian Von Staar. L’uomo, un militare e nobiluomo, e fiero di mostrarlo dall’abbigliamento alla cura del corpo, era abituato a non mostrarsi mai trasparente con i suoi superiori…Tuttavia, dentro di sé, stava schiumando d’ira!
Mazinger era una super-arma avanti anni-luce rispetto anche alle Sentinelle di nuova generazione. Catturarlo era diventata un’ossessione per Von Staar…Ed era stato proprio a tale scopo, che aveva appena avviato l’operazione Pestilenza.
E tutto quello che ne avrebbe ottenuto era un pugno di mosche! “In che circostanze è…svanito?” chiese, con voce tranquilla, calcando un po’ il sarcasmo sullo ‘svanito’.
La donna che gli rispose dallo schermo era la classica ‘bellezza d’acciaio’. Calva, affusolata e assolutamente predatrice nei suoi movimenti, era una figura marziale quanto il suo interlocutore, ma dotata di una vena di durezza che l’aveva portata con merito alla sua posizione nell’ambito dello Stato. “Gli informatori che abbiamo piazzato nello SHIELD sono attendibili, Barone. Sia il robot che il suo pilota sono scomparsi senza una causa o una ragione identificabili. Il divieto di usare super-robot in operazioni di combattimento permane. Il che vuol dire che il suo dipartimento ha mano libera. Modifichi la prossima Super-Sentinella in modo che non sia riconoscibile come tale, e faccia in modo che sia ben visibile questo.” E accanto al volto del Capitano Thereza Claymore da Rosetta, apparve un elaborato teschio cornuto, disposto su uno scudo araldico.
“Abbiamo subito troppe perdite per colpa del Dottor Demonicus,” disse la donna. “Dieci hangar sono stati perduti per sua mano[xxvii], e con essi numerose Sentinelle, anche se tutte di Prima Generazione. Se riusciamo ad infliggere un grave colpo allo Zilnawa e a fare ricadere la colpa su di lui, potremmo ritrovarci con due problemi in meno di cui occuparci.”
Il Barone fece un breve inchino con la testa, mostrando un sorriso confidente. “Capitano, non abbia timore: con l’operazione Pestilenza in atto, presto non ci sarà alcun Campione ad ostacolarci!”
“Dunque, si tratta di un virus?”
Giapeto annuì. “Dobbiamo ancora capire come abbia fatto a superare gli scansori, ma è così.” Ad un suo comando, la finestra divisoria mostrò un’immagine della stanza adiacente. In essa, si vedeva Terry, in forma umana, sdraiato in una specie di sarcofago pieno di liquido, mentre alcuni tecnici lavoravano sui dati che il sarcofago mandava.
“Una cosa è certa: ha aderito al solo sistema nervoso centrale, causando una progressiva paralisi e una perdita di controllo dei suoi poteri. Ovviamente, si tratta di un prodotto di geningegneria.”
Degli sportelli nel soffitto si aprirono, e ne uscirono degli apparecchi sospesi da un campo di repulsione. Assomigliavano ad eleganti libellule, dal carapace bianco cromato. Recavano sulle ali il simbolo della divisione medica.
“Questi droni scansiranno i virus presenti nel vostro sangue. E prima che me lo chiediate, no, non mi hanno ancora comunicato la gravità delle condizioni di Terry. Fermi così, per favore…Stavi per dire qualcosa, Hrimhari?”
Il lupo fliccò le orecchie in assenso, mentre coni di energia passavano sul suo corpo come su quello degli altri, senza risparmiare un millimetro quadrato. “Dagli odori, non risulta alcuna malattia. Potrebbe essere che..?”
“Temo di doverla deludere, Principe…Ecco, osservate.” Altra immagine sulla finestra. Era quella del suo sistema nervoso. Hrimhari uggiolò, chinando la testa di lato: ovviamente non si era mai visto dentro, e questo effetto gli sembrava un grande prodigio…
Una serie di strisce porpora attraversava il nerbo spinale, estendendosi in piccoli filamenti lungo le terminazioni nervose principali, concentrandosi specialmente verso il cervello.
“Allo stadio attuale, si limitano ad estendersi. Il sistema immunitario li identifica come materiale biologico ‘inerte’, e non li combatte. Quando la contaminazione ha raggiunto l’estensione necessaria, il materiale virale si attiva, inondando il corpo ospite su più fronti. Se dobbiamo usare il locale da cui Terry è venuto[xxviii] come riferimento, allora occorrono circa tre ore dal contatto al completamento dell’incubazione.”
La macchina apparve, in un lampo di teletrasporto, sui cieli dello Zilnawa, per la precisione sulla verticale di Cape Laika. Gli allarmi suonarono all’istante.
La Super-Sentinella Ravager-A3 era stata modificata al punto da assomigliare ad un titanico gladiatore, con tanto di scudo e tridente.
Sul torace del robot si aprirono due sportelli, rivelando una coppia di cannoncini. Le bocche di fuoco spararono proiettili incandescenti, saturi di radiazione elettromagnetica. I primi colpi esplosero contro il centro di controllo della ZNSA, scavandovi un buco impressionante, e friggendo d’un colpo tutti i computer all’interno, non schermati per un simile concentrato di EMP.
Fu tutto quello che la macchina riuscì a fare. Un attimo dopo, una barriera di energia coerente solida fu eretta intorno a Cape Laika. I colpi esplosi dal robot si infransero come contro il più solido dei muri.
A quel
punto, Ravager-A3 sollevò il tridente, che si accese di energia…e lo scagliò
con tutta la sua forza contro la barriera.
Se avesse potuto infrangere o no la barriera, non sarebbe stato dato di sapere
–perché una altrettanto gigantesca mano
umana, guantata di nero, satura di energia, afferrò l’arma un momento prima
dell’impatto!
Nel QG dello Stato, il Barone Von Staar e il Capitano Claymore impallidirono in perfetta sintonia. “Cosa..?” fecero, pure all’unisono.
“Direi che sei stato un bambino abbastanza cattivo, vero?” fece un Sundown grande quanto il suo avversario, circondato da un campo di energia fotogenetica. Strinse l’arma, e il metallo si fuse come burro! “E lo sappiamo cosa succede ai bambini cattivi, non è vero?” Sorrise.
“E così,” sorrise Von Staar, “ora sappiamo che non ci sono sprovveduti, al comando delle FSDN.” La frase fu pronunciata come un pungolo alla Claymore, direttrice dei Servizi Segreti dello Stato, che si erano rivelati decisamente insoddisfacenti!
“Ma non importa,” proseguì l’uomo, con una luce astuta negli occhi. “Nuovo Campione o no, l’operazione può proseguire. Se anche distruggessero Ravager-A3, la vittoria sarà comunque nostra.”
“PROFESSORE! Segnalazione U.F.O in prossimità della Stazione Prometeus.”
La visione dello schermo principale, nella sala-comando dello StarGlider-1000, passò dal combattimento di Cape Laika al Punto dove stazionava la costruenda stazione spaziale orgoglio del programma spaziale dello Zilnawa. Nelle intenzioni del Governo, Prometeus doveva servire per una ‘colonia turistica’, da laboratorio di ricerca, nonché da convogliatrice ed emittente di energia solare per rifornire una centrale a terra.
Recentemente, le FSDN erano riuscite a proteggere il lancio di un componente vitale per la stazione[xxix]…E lo Stato non aveva tentato altri attacchi…
Ma ora, con la potente fortezza volante costretta a terra per la manutenzione ed il rifornimento, Prometeus era vulnerabile…ed anche il Dottor Demonicus doveva saperlo, come provò la visione di un super-robot con il suo stemma sul torace appena apparso in prossimità della stazione! La macchina era un mecha dal corpo interamente liscio, composto di un’uniforme superficie bianca cromata riflettente, che brillava come una stella a parte nella luce solare…
Simone Giapeto attivò il comm dal bracciolo. “Sundown! Teleportati nel punto che ti stiamo inviando. Priorità assoluta!”
“Con piacere enorme…” giunse la risposta, mentre contemporaneamente lo schermo mostrava una finestra della battaglia a terra. Sulla finestra, Sundown era stato appena avvolto da una rete collegata al palmo di Ravager-A3. “…Se sapessi cosa vogliono dire questi numeri…YARGH!” una scossa elettrica percorse il supereroe da capo a piedi.
Giapeto bisbigliò un ‘maledizione’, prima di abbandonarsi completamente contro lo schienale della poltrona, massaggiandosi la fronte pensosamente con una mano. Si era dimenticato che Sundown non era stato istruito!
Sullo schermo, nel QG dello Stato, la Supersentinella puntò le mani verso Prometeus. L’energia solare scorse nel corpo, e fu proiettata in potenti colpi!
Colpi che si infransero contro una barriera.
“Non importa, Shiner-E7,” gongolò Von Staar. “Aumenta la potenza a piacimento: con lo StarGlider fuori gioco, non avrai alcun problema!”
“Capitano, a che punto procede la decontaminazione?” chiese la voce di Giapeto attraverso l’interfono.
Ultra stava brillando del proprio potere. Allo stesso tempo, stava irradiando Dave con piccoli colpi di energia. Teneva i denti serrati in intensa concentrazione, e gocce di sudore gli rigavano le guance. “Non sono neanche a metà strada…professore…” Aveva paura che, a dire una sola parola di più di quelle, avrebbe perso la concentrazione. Poteva essere un dio a buttare giù palazzi, ma lavorare su scala microscopica era un casino di ben altro conto!
Almeno, l’intuizione di Giapeto si era mostrata corretta: il potere Ultra era un esorcismo potente contro il virus artificiale…
All’idea di dovere ripetere quel processo sugli altri, gli veniva male. Stava già pianificando una bella licenza-sonno di un 36 ore…
Giapeto non insistette, e tornò ad osservare lo schermo.
Si morse un labbro: doveva
mandare su Capitan Ultra, non c’era altro da fare. L’eroe si era ripulito col
proprio potere, e forse avrebbe fatto in tempo a sistemare quel robot…
E se non faceva in tempo,
tre quarti dei Campioni sarebbero stati persi…Ma non c’era altra soluzione…
Sullo
schermo, una cascata di dati mostrava il progressivo cedimento della barriera.
A
meno che..? Ma certo! Idiota che era stato, a non pensarci subito!
“Bene
così, Shiner-E7. Ci sei quasi…” Con la distruzione della stazione, il mondo
industriale avrebbe dovuto per forza rivolgersi nuovamente alle agenzie
spaziali tradizionali, ulteriormente aumentando così il potere di controllo
economico da parte delle nazioni industrializzate!
La corrente avrebbe dovuto
friggerlo, ma lo stesso potere che lo alimentava gli donava altresì un fattore
di guarigione istantaneo…Disgraziatamente, anche la guarigione richiedeva
energie, e David sentiva di essere al limite del collasso…
Improvvisamente, l’immagine
della stazione spaziale sotto attacco gli apparve sull’interno delle lenti! Il
robot nemico era cerchiato di verde, come fosse stato dentro un mirino.
“Cosa..?”
“Unisci le mani e puntale
verso il bersaglio virtuale, come se questo fosse reale. Forza!”
Il
tono non ammetteva risposte, e in una nebbia di dolore, Sundown sollevò le
mani. Sulle lenti, una riproduzione digitale delle mani puntò verso il
bersaglio. “Usa tutto il potere residuo, e fai fuoco. ADESSO!” l’ultima parola
fu come una frustata. Sundown diede fondo alle sue riserve: le mani eruttarono
un campo che vaporizzò la rete dove questa toccava gli arti. Poi, quello stesso
campo si protese in un colpo di doppia polarità, parte abbagliante e parte
nerissimo. I due poli si mossero lungo un intreccio che ionizzava l’aria con un
ronzio intenso.
“NO!”
Von Staar diede un pugno al muro, scavandovi un buco. Sullo schermo, Shiner-E7
fu trasformato in un fiore esplosivo dal colpo di Sundown. “Così vicini, maledizione!” Poi, allo schermo,
disse, “Ravager-A3, finisci quel buffone in costume! Non ce ne andremo a mani
vuote, almeno!
Il robot-gladiatore rispose
avvicinandosi a Sundown. Le armi, scudo incluso, erano state tutte distrutte
dall’energia fotogenetica. La rete era inutilizzabile. Avrebbe finito il
super-essere a mani nude…
Un
colpo solare proveniente dall’alto mise bruscamente fine alla sua esistenza!
Della macchina non rimase che una poltiglia fusa…
Giapeto
sorrise, annuendo. Era semplicemente giustizia poetica che la Stazione
Prometeus avesse salvato il suo salvatore…Per quanto lo scienziato detestasse
che uno strumento concepito per lo sviluppo civile della tecnologia fosse
diventato un’arma. Ci sarebbe stato l’inferno da scontare, ma almeno un
Campione era salvo. E questo era quello che contava!
Von Staar spense lo
schermo, per poi guardare l’altro, che mostrava un’altrettanto esterrefatta De
Rosetta. “E’ tutta colpa tua, strega
malefica!”
La sorpresa si trasformò in
ira. “Colpa mia? I tuoi trabiccoli…”
“Shiner-E7
ha perso metà delle armi a disposizione, a causa di quel travestimento! Se le
avesse avute tutte, avremmo già vinto!
Il Consiglio saprà capire chi è il responsabile, puoi contarci!”
“Davvero, prof., dovremmo
brevettare il nostro Cap come vaccino. Con queste nuove malattie che girano,
per giunta…”
“Questa te la perdoniamo
solo perché hai sofferto abbastanza finora,” rispose Giapeto a Terry, che ora
sedeva in un letto d’ospedale. Per precauzione, tutti i Campioni ex-contaminati
erano stati messi nella stessa corsia. Hrimhari se ne stava acciambellato su un
lettino da cani. Cap non aveva obiettato, anche perché dopo avere decontaminato
i compagni, si era addormentato come una montagna intera.
Giapeto diede un rapido
controllo ai bracciali ipodermici, uno dei quali avvolto intorno alla coscia,
che sostituivano le tradizionali flebo sospese. “Non posso dire che tu abbia
colpe per essere stato irretito col più classico dei trucchi, Sorenson…ma sono molto deluso che tu non ti sia
presentato immediatamente in infermeria per qualunque sintomo avessi avvertito
al momento, fossero anche stati i semplici postumi di una sbornia.”
“…”
“Almeno,” e qui si voltò
verso Dave, che a sua volta non osava incontrare lo sguardo del suo superiore,
“Sundown si è dimostrato un valido elemento. Appena si sarà ripreso
completamente, passeremo ad un rigido programma di allenamento, signori...” *groan!*
“Machepp…” *whine!* “Mm, no mamma, la torta kosher no…”
“Programma limitato ad una
sola sessione, per ora,” aggiunse lo scienziato. “Fuori di qui ci sono due
agenti del Dottor Demonicus, pronti a spargere la stessa malattia. Sarà nostra
priorità trovarli e prenderli. Possibilmente vivi.”
Episodio 18 - Il tocco dell’Untore (I parte)
Sigla di apertura del notiziario di RAI News24.
Il mezzobusto Angela Rampato si schiarì la gola e disse, in un tono monocorde, “Buonasera da RAI News24. Notiziario delle 23:30.
“Non accenna a placarsi la polemica in seno all’ONU per i fatti di poche ore fa nella repubblica tecnocratica dello Zilnawa, in Africa meridionale. Per chi si fosse sintonizzato adesso, ricordiamo che durante una battaglia fra uno dei super-esseri di bandiera, i Campioni dello Zilnawa, ed una macchina da guerra di nazionalità ignota, lo Zilnawa ha fatto uso della sua stazione spaziale civile, Prometeus, a mo’ di arma[xxx]. Una decisione che, pur avendo salvato la vita all’eroe noto come Sundown,” sulla metà destra dello schermo, apparve una foto di un caucasico con i capelli castano chiaro, corti, e il volto decorato da un paio di occhiali nerissimi a lente tonda “ha altresì scatenato non poche preoccupazioni nella comunità internazionale. In diretta da New York.”
L’immagine passò ad un classico esemplare di animale caucasico da telecamera -giacca crema severa su camicia bianca all’ultima moda, microfono de rigeur a cuffia su acconciatura castana e vaporosa, abbronzatura da centro estetico. “Grazie. Qui parla Alison Fitzpatrick.” La sua voce era tradotta in simultanea, un po’ goffamente. “La riunione del Consiglio di Sicurezza è in pieno svolgimento, ma già si delinea, cosa rara date le correnti tensioni internazionali, una strategia comune fra i partecipanti.
“Gli Stati Uniti chiedono una feroce moratoria su tutta la produzione dello Zilnawa, che si è sempre distinto per l’altissima ed avanzata qualità della sua tecnologia. L’ambasciatore dello Zilnawa all’ONU insiste che Prometeus non sarebbe un’arma, ma i fatti giocano a favore della posizione dell’intero consiglio di sicurezza. Ricordiamo che gli Stati Uniti non sono ancora giunti ad un soddisfacente risultato nella cosiddetta tecnologia da ‘Guerre Stellari’, ripresa con forza dal Presidente Bush, ed ora il mondo intero scopre, nel modo più sorprendente, che qualcuno li ha ampiamente superati.
“A meno di sviluppi sorprendenti, c’è da aspettarsi che la
Repubblica dello Zilnawa si troverà ferocemente ostracizzata dalla comunità
internazionale. Una situazione che giocherebbe molto a favore del Regno di Wakanda, considerato un fondamentale alleato dell’occidente. Da new York, è
tutto.” Lo schermo fu spento.
“Lei rappresenta davvero un bell’enigma, Professor Giapeto,” disse, con calma mista a curiosità, il Presidente della Repubblica dello Zilnawa, Abner K’auna. “Da una parte, provo un marcato desiderio di ucciderla con le mie mani. Dall’altra, mi rendo conto che la sua…azzardata manovra ha di fatto salvato il programma spaziale della nostra nazione…Sempre ammesso che gli Americani non riescano ad affossare ogni programma di ricerca a microgravità a Prometeus. A proposito, lo sa che ci vogliono sospendere le concessioni sulla ISS[xxxi]? Cavalcano il loro solito cavallo: la nostra ricerca potrebbe benissimo essere finalizzata alla creazione di nuove armi di distruzione di massa, ecc. ecc.”
Seduto dall’altra parte della scrivania, sprofondato nella stessa poltrona anatomica automodellante, Simone Giapeto ascoltò quella tirata con una serietà che sembrava inusuale su quel suo ampio volto mediterraneo da oste. Senza scomporsi, disse, “Signore, sono stato nominato Direttore delle FSDN[xxxii] per i miei meriti scientifici e la capacità di prendere le direzioni giuste al momento giusto. E non tornerei sulla mia decisione: usare il cannone solare di Prometeus per distruggere il robot che minacciava il Campione Sundown era l’unica cosa da farsi, in quel momento. Ogni altra arma non avrebbe semplicemente fatto in tempo.”
K’auna non sembrava soddisfatto, anzi…Ma, come lui stesso aveva detto, non c’era stata alcuna scelta. Sicuramente Giapeto aveva considerato la possibilità di sacrificare Sundown, ma la Super-Sentinella non si sarebbe fermata con quella vittoria. Cape Laika sarebbe seguito a ruota, e a quel punto lo Zilnawa si sarebbe trovato privo, forse per anni, del proprio programma spaziale e tutta l’industria ad esso collegata…
“Abbiamo comunque ottenuto una vittoria,” continuò Giapeto. “Anche se saremo costretti a rinunciare, per ora, ai super-robot nelle file dei Campioni, gli USA non ci possono impedire di usare super-esseri per la nostra difesa interna…così come non possono impedire ad altri stati di chiederci aiuto.”
K’auna annuì, sottolineando l’ovvio -gli USA in particolar modo vedevano, e a ragione, nello Zilnawa un rivale molto pericoloso nel campo delle più avanzate tecnologie. Avrebbero fatto ricorso ad ogni colpo basso, per ostacolarlo… “Il primo team di ispettori ONU partirà alla volta di Prometeus entro due settimane. Non sono stati così rapidi neanche per quel verme di Saddam Hussein.” Anche Giapeto sorrise a quell’osservazione. K’auna proseguì, “I Campioni dovranno ‘accompagnare’ gli ispettori, seguirli passo passo e prevenire qualunque…azione non prevista nei loro protocolli. Metà di loro saranno Americani, e sono pronto a scommettere la mia presidenza che ci saranno dei super-esseri, fra loro…O addirittura dei sicari dello Stato.”
Giapeto annuì. Quella considerazione non era stata gettata lì per caso: analizzando i resti del super-robot inizialmente stimato appartenente al Dottor Demonicus, era venuto fuori che la macchina era fatta della stessa lega delle altre Super-Sentinelle coinvolte nel primo attacco a Cape Laika[xxxiii]. O Demonicus, che effettivamente si stava dedicando alla distruzione dei maggiori centri ad alta tecnologia[xxxiv], era il fornitore dello Stato, o l’attacco era stato uno specchietto per le allodole…
Comunque fosse, Giapeto avrebbe fatto l’impossibile per assicurarsi che nessuno cercasse di interferire con le ricerche a bordo di Prometeus… “Speriamo solo che non ci debba essere bisogno di loro, per risolvere la crisi in corso…”
Il cielo era un trionfo
del plumbeo, percorso ad intervalli quasi regolari da poderosi fulmini. La
pioggia cadeva con una violenza tale che quasi sembrava di essere sotto una
cascata. L’aria era tiepida ed appiccicosa. Le luci dello Zilnawa erano
frastagliate dall’acqua che si riversava dal cielo, per poi formare vene
luminose lungo i canali di scolo del suolo asfaltato…
Lasciandosi dietro una
scia di acqua nebulizzata, l’autoblindo fu l’ultimo ad arrivare, a sirene
spiegate.
Il palazzo, l’albergo King’s
Cross, cinquanta eleganti piani di metallo ceramizzato bianco e
plastivetro, era ormai assediato da un semicerchio di camionette. I poliziotti
erano armati fino ai denti, ed in numero sufficiente a conquistare ogni piano
dell’edificio.
Fortunatamente, a loro
interessava solo il piano terra. I mezzi erano equamente divisi fra quelli
della polizia, e quelli che recavano sulla fiancata uno scudo bianco con croce
nera nel mezzo -i mezzi della Divisione di Coordinamento Rischi Biologici
del Ministero della Sanità dello Zilnawa. Tale ufficio era l’equivalente del
più celebre USAMRIID americano, ma, naturalmente meglio attrezzato e preparato.
L’ufficiale in capo del
‘Risk’, come i media locali avevano affettuosamente battezzato quell’ufficio,
si avvicinò al Capitano Karl-Heinz Münch della Polizia. “Rapporto, Capitano?”
L’uomo, un teutone dalla
testa ai piedi, spalle quadrate e capelli rigorosamente biondi a spazzola,
indicò con un cenno l’atrio del palazzo. “Ci dia l’ordine, Tenente, e vi
garantiamo una copertura che non fanno in tempo a starnutire prima che voi le
prendiate.”
Il Tenente Jean
Bristòl annuì. Come i suoi colleghi del Risk, portava alla cintura un unità
a campo di forza -stessa precauzione di cui erano regolarmente dotati gli
agenti. L’uomo controllò le bombolette di ossigeno supercompresso che portava
alla cintura, insieme al kit per il primo contenimento biologico. “Comprendo i
vostri regolari ordini di ingaggio, Capitano, e siamo onorati che lei abbia
deciso di intervenire personalmente per prevenire un casino…Ma, ugualmente,
debbo ripeterglielo: niente ferite. Non voglio una, che sia una, goccia di
sangue volare. Stessa cosa per il gas, che potrebbe interagire in modi
sconosciuti con il virus. Siamo di fronte ad un’arma biologica di origine e
natura ignota. Voglio quelle donne vive e vegete.”
Münch annuì. “Tutti gli
agenti hanno predisposto i taser a lungo raggio. Solo, non posso garantire
nulla, se le stronze fossero deboli di cuore.”
Bristòl estrasse da una
tasca le foto delle due sospette: due africane native, giovani e belle, quasi
identiche. Il tipo ideale di esca per attrarre l’attenzione delle vittime
designate…
“Qualcos’altro che non
le va, Tenente?”
Il paramilitare non si
era accorto di avere la fronte accigliata in preoccupazione. Sollevò lo sguardo
dalle foto, riprese dalle telecamere di sicurezza del Club Disco Inferno,
dove questo casino era iniziato[xxxv], e
lo riportò sul palazzo. “Non sono fuggite.”
“Come?”
“Hanno avuto il tempo
sufficiente per squagliarsela con qualunque mezzo…Invece sono rimaste qui,
lasciandosi rintracciare con facilità, e mettendoci nelle condizioni di
prenderle senza sforzo…Capitano, è saltato fuori niente di nuovo, su di loro,
mentre venivo qui?”
Il poliziotto scosse la
testa. “No.” Le strane sorelle erano arrivate come semplici turiste da
Pretoria. I loro documenti erano in ordine, erano cittadine Sudafricane…ed
erano decedute da diversi mesi, almeno stando a leggere il rapporto degli
hacker in forza alle FSDN, che avevano passato al pettine ogni database
computerizzato di Pretoria con mainframe quantistici.
D’accordo, si convinse
Bristòl: era una trappola, e voleva avere un risultato spettacolare, o non
avrebbero aspettato che le forze avverse si schierassero. In qualche modo,
erano entrate nei sistemi di controllo dell’albergo, ed avevano bloccato tutte
le porte. Tuttavia, dentro l’edificio, la gente non solo sembrava stare bene,
ma erano liberi di muoversi, senza armi puntate addosso a loro. Non solo: le
sconosciute non avevano risposto a nessun tentativo di contattarle, e loro non
si erano fatte sentire -davvero uno strano modo di gestire degli ostaggi…
Il Rasoio di Occam
concludeva quegli indizi in una sola parola: kamikaze. Un attacco
suicida. Quale che fosse l’esito della loro missione, contagiare i Campioni
con un virus sconosciuto, dovevano morire…Ma perché aspettare? Perché tacere?
Questo tormentava Bristòl, che lanciò un’occhiata ai giornalisti trincerati
dietro i poliziotti -una cosa era certa: se quelle due erano terroriste, non
avrebbero ricevuto la pubblicità che cercavano con gli avvoltoi locali. Anziché
starsene lì a biascicare commenti ed ipotesi al limite del ridicolo, i
giornalisti delle testate multimediali dello Zilnawa tacevano, avendo già fatto
le loro brave domande e formulato le prime ipotesi, lasciando che fossero le
immagini a parlare da sole, adesso…
Un cicalio venne dalla
radiocuffia di Münch. Lui ascoltò attentamente per qualche istante il rapporto
che gli venne fatto, poi, “Tenente? Abbiamo di nuovo il controllo
dell’elettronica dell’albergo.”
Bristòl sospirò: inutile
temporeggiare ancora. Le stronze erano dentro, loro erano disarmate, e non
c’erano bombe nell’appartamento dell’albergo. Avrebbe avuto tutte le risposte
che voleva da loro. “Le porti qui, Capitano.”
Münch sorrise, e nel
microfono nel bavero disse, “Dentro! Dentro!”
Due file di poliziotti
scattarono in avanti. Le loro armi, simili a sofisticate mitragliette,
presentavano tre canne -una per i proiettili, una per le granate a gas
supercompressi, ed una per il cavo del taser. Dietro di loro venivano gli
uomini del Risk, chi con una valigetta per il pronto soccorso, chi con un kit
completo per la prima decontaminazione…
Bristòl trattenne il
fiato. Quella era la sua prima emergenza sanitaria…almeno, di quel tipo. In
Africa c’erano un casino di malattie allo stato endemico, malaria ed HIV in
testa, ma un virus artificiale nuovo era un altro paio di maniche!
L’ufficiale del Risk
vide le porte cristalline aprirsi scorrendo. Si chiese fugacemente quanto fosse
stata saggia la mossa di confinare tutti gli ospiti nelle loro stanze, anche a
forza…Ma era la sola tattica da usare. Una folla di stranieri mossi dal panico
avrebbe potuto solo incasinare ulteriormente le cose, soprattutto se ci fossero
stati dei contagiati, fra loro!
Il dubbio gli era venuto
pensando alla possibilità che l’ultimo atto delle ‘terroriste’ potesse
coinvolgere ben altro che un virus…
Ma, ormai, era troppo
tardi per qualunque dubbio. Bristòl e Münch videro le truppe entrare e
dirigersi lungo un corridoio…
Nella loro stanza, le
due ‘sorelle’ annuirono soddisfatte al rumore dei numerosi passi. Sorrisero,
l’una lo specchio dell’altra, poi entrambe afferrarono ognuna un calice di
spumante dal tavolo al centro della stanza. Mentre ormai i passi erano
abbastanza vicini da fare tremare la porta, loro fecero un cenno col capo, e
brindarono.
Poi, fu solo la fiera
luce…
”NO!” Bristòl ebbe solo il tempo di urlare quella parola, mentre un immenso
fiore di fuoco sbocciava lungo tutto il piano terra! Poi, venne lo spostamento
d’aria, e uomini e mezzi furono egualmente travolti dalla corrente e da una
pioggia di schegge di cristallo.
Quella fu solo la prima
di una catena di esplosioni, che si susseguirono in rapida sequenza…
Bristòl, ancora sotto
choc, si mise dolorosamente in ginocchio. Ovunque intorno a lui c’erano fiamme,
fumo, il dolciastro odore di carne umana bruciata, il ferroso odore del
sangue…I corpi non si contavano…
Poi, ci fu quel tremendo
brontolio. E finalmente, l’uomo realizzò.
Il King’s Cross tremò,
come un animale ferito a morte, poi la sua agonia si spense con il suo crollo.
L’ufficiale
del Risk attivò il suo campo di forza, ma ugualmente preferì rannicchiarsi in
posizione fetale, proteggendosi il collo con le braccia. Una sterminata nuvola
di polvere si mescolò alla pioggia. Una letale tempesta di cristallo si sfogò
sui pochi sopravvissuti che avevano dimenticato di attivare il loro campo di
forza…Ci furono altre urla, folle di gente si riversarono in strada. Il panico
prese possesso dell’intero quartiere…
Quartier Generale
dello Stato, località sconosciuta.
Lo schermo mostrava quel
caos nei più vividi dettagli.
“Come potete vedere,
signori,” gongolò il Barone Maximillian Von Staar, “il piano Pestilenza
può ugualmente procedere.”
Le figure intorno alla
grande tavola rettangolare non sembrarono particolarmente impressionate.
“Sembra che i Campioni si siano ripresi pienamente dall’infezione, Barone,”
disse uno di loro, una donna. “Se loro hanno trovato una cura, cosa impedirà
loro di applicarla ai nuovi contagiati?”
Il
militare sfoggiò un ghigno arrogante. “Molto semplice, signori: i Campioni si
sono curati da un altro tipo di virus. Quello che abbiamo appena
scatenato è non solo qualcosa di completamente nuovo, ma anche qualcosa della
cui esistenza non sapranno finché non sarà troppo tardi. E per allora, i
Campioni, anche se ancora attivi, non saranno in grado di fare niente!”
La macchina dei soccorsi
si era mossa con una velocità encomiabile. Ogni mezzo che la cibernetica
potesse offrire venne utilizzato nella ricerca dei possibili sopravvissuti come
dei corpi. I cani sarebbero andati anche molto bene, ma farli lavorare fra quel
tipo di macerie avrebbe, alla lunga, causato gravi danni ai loro polmoni. Al
loro posto furono usati robot, microsonde radio- e filoguidate, scansori sonori
ed a raggi X…
E i Campioni, che ancora
una volta dovettero vivere l’incubo della distruzione causata dai capricci di
una mente intelligente. Non importava che Phoenix fosse stata colpita su
una scala ben più ampia di qualche terrorista. Questo era stato un atto voluto,
e ciò moltiplicava il carico emozionale…
Ø Capitan Ultra,
da quando era arrivato, non aveva smesso di usare la sua vista-ultra, e da solo
stava facendo metà del lavoro, attenendosi rigorosamente alle direzioni del
dipartimento di soccorso per la rimozione delle macerie.
Ø Equinox,
intento a tagliare lastre di cemento ed acciaio con il proprio plasma,
comprendeva bene quanto fosse importante obbedire a tali disposizioni. Una
buona parte di quelle macerie era composta in incastri tipo il gioco Shangai.
Rimuovi quello sbagliato, e il sopravvissuto era bello che morto…
Ø Hrimhari
stava facendo meglio di qualunque macchina, nel rintracciare i più flebili
lamenti. Stava lavorando da ore, senza fermarsi un momento, ma era ben lontano
dal sentirsi stanco. Come a Phoenix, le sue abilità di segugio si stavano
provando insuperabili…senza contare che, potendo passare da lupo naturale ad
antropomorfo, poteva essere doppiamente utile…
Ø Psychlone
procedeva fianco a fianco di Hrimhari, assistendolo dove la forza del
principe-lupo di Asgard non bastava. Molte vittime, per ora, dovevano
essere raggiunte prima da aria ed acqua. Al mutante Dave Martin spettava
il compito di ‘aprire’ un passaggio per i tubi con i suoi poteri psicocinetici.
Ø A Sundown spettava il triste compito di
rimuovere le macerie per recuperare i cadaveri. Ad ogni nuovo corpo, il peso
nel suo cuore aumentava geometricamente. Quando era in prigione, si era
ripromesso che non avrebbe mai più usato i suoi poteri per colpire qualcuno a
sangue freddo…Ma, Dio lo aiutasse, se avesse avuto sottomano i mandanti di
quelle due pazze, li avrebbe disintegrati oltre ogni possibile resurrezione!
La pioggia non rendeva il
lavoro più facile. Anche se la polvere non si levava ad accecare i
soccorritori, c’erano seri rischi di prematuri cedimenti delle macerie, o di
annegamento…C’era solo da pregare che il nemico, qualunque nemico, non
facesse una mossa proprio ora..!
Continuarono così per
quanto? La notte giunse senza che nessuno se ne accorgesse, salvo per
l’abbassamento della temperatura e l’accendersi dei riflettori. I pasti furono
un affare veloce, distribuiti in gavette a turni il più distanziati possibile
-almeno, erano sostanziosi quanto bastava.
La notte lasciò il posto
all’alba, quando finalmente l’ultimo corpo, quello di un bambino di cinque
anni, fu tirato via da Sundown -corpo! C’era ben poco, di integro, in quel
fagotto di carne sanguinolenta…
Il Tenente Bristòl era
bendato quasi come una mummia. Il braccio destro era ingessato, la gamba
sinistra tenuta insieme da ‘stecche’ metalliche di nuova concezione. La sua
uniforme era bruciacchiata, e brunita di sangue rappreso. Ignorando ogni
preghiera dei medici, lui dirigeva le sue truppe come un vecchio lupo troppo
testardo per abbandonare il suo branco. A lui, tutto sommato, era andato bene:
il peggio che le schegge di plastivetro gli avevano fatto era stato regalargli
qualche cicatrice sul volto…A Münch era andata peggio: il poliziotto era stato
decapitato da netto come da una ghigliottina.
Per quanto lo
riguardava, comunque, in quel disastro una buona notizia c’era: niente virus
rintracciati. La potenza dell’esplosione aveva sterilizzato le ‘untrici’, ed i
loro complici …
L’uomo vacillò, ed un
attendente fu lesto ad impedirgli di cadere. “Signore, lei deve assolutamente
riposarsi. Non può sforzarsi ancora!”
Bristòl era
stanco…Ma c’erano troppe domande in sospeso, troppi dati da analizzare. Aveva
la precisa sensazione che ogni minuto contasse, nella ricerca delle motivazioni
di quella strage. Gente così organizzata doveva avere agito con
un’agenda precisa. Doveva esserci…un*
Bristòl svenne.
Erano stanchi,
distrutti, eppure in qualche modo erano tutti oltre il desiderio di dormire.
Seduti al tavolo nella
stanza delle riunioni, i Campioni, davanti a tazze di Übercoffee
brevettato Richards, seguivano il notiziario nazionale, che dal momento della
strage era andato in onda in una diretta nonstop. I messaggi di solidarietà erano
giunti numerosi, soprattutto dagli Stati Uniti ed Israele; tuttavia, il
Presidente K’auna era stato molto attento a non permettere una
strumentalizzazione dell’evento. In sala conferenze, il messaggio all’Occidente
era stato chiaro: fino a prova contraria, non c’era un colpevole chiaro in
questo assurdo attentato.
“Incredibile: un
politico che sa usare la testa,” disse Terry, sorseggiando ancora caffè. “Cosa
dicono gli investigatori, capo?”
Giapeto rispose da una
finestra su quello stesso schermo. L’uomo aveva gli occhi cerchiati e
l’espressione di un bulldog tenace. “I terroristi sono arrivati praticamente da
tutto il mondo. Alcuni di loro sono a loro volta risultati deceduti circa un
paio di mesi fa, e di nessuno è rimasto abbastanza da fare un’analisi.
“Abbiamo chiesto allo
SHIELD di appoggiarci nelle indagini sulle ragazze. Naturalmente, Pretoria
afferma di non averle mai avute, almeno con quell’aspetto, fra le loro
cittadine.”
“Questo è assurdo!”
esclamò Ultra, frantumando la sua tazza. “Abbiamo abbastanza potere, insieme,
da scuotere tutta quella città fino alle fondamenta! Checcazzo stiamo facendo
qui, a rigirarci i pollici, quando…” tirò un paio di respiri profondi,
sforzandosi di calmarsi. Era parecchio che non perdeva il controllo così; il
che, in un super-essere, era una cosa poco raccomandabile.
“Avete
già fatto abbastanza così,” rispose lo scienziato Italiano. “Senza contare che
stiamo ancora facendo l’impossibile per trovare Robert.” Di Robert
Takiguchi, pilota di Mazinkaiser, non si avevano ancora notizie. A
questo punto, c’era un fondato sospetto che questi anomali terroristi fossero
legati sia alla sua sparizione che quella del super-robot[xxxvi].
Il che rendeva il rintracciare qualunque indizio una priorità assoluta…
Centro Medico
Nazionale
Come Cape Laika, il CMN
era una cittadella nella città, composto di tre grandi, eleganti palazzi
centrali interconnessi di vetro e acciaio, e tante strutture più piccole
disposte intorno ad essi in una pianta a stella.
Il Risk aveva qui il suo
QG, nel Vertice Nord del ‘triangolo’ centrale. E qui, per misura di sicurezza,
erano stati portati i vivi ed i morti del crollo del King’s Cross…
…Specificamente, i morti
erano andati al Livello Sotterraneo 5. I cinque livelli si estendevano a cono,
ampliandosi mano a mano che si scendeva. Ogni livello era dedicato ad un
equivalente di bio-hazard, con il quinto circondato da pareti di
Adamantio-B ed abbastanza dispositivi di sicurezza da assicurarsi che nessun
germe potesse uscire dai sotterranei. Dispositivi di sicurezza che includevano
ordigni nucleari…
Il corpo devastato fu
riposto nel cassettone scorrevole della grande cella frigorifera. “Per fortuna
che esistono le Particelle Pym, altrimenti sai che casino. C’era mezzo mondo
fra questi disgraziati,” disse il tecnico, protetto dal suo campo di forza.
Il suo collega, che
stava depositando in un vaso il fegato ed una porzione di cervello del corpo
appena riposto, disse, “E l’altra metà rischia di andare a puttane, se ci è
sfuggito qualcosa. Coraggio, Harry, ci aspetta una notte lunga.”
Harry grugnì.
“Straordinari pagati doppio o no, per una volta non mi dispiacerebbe fare meno
soldi, ‘sto mese…Quanti sono, che dobbiamo esaminare?”
“Duecentotrentacinque…Pensi
ancora di avere fatto un buon affare, specializzandoti per questo reparto?”
“Bravo, continua ad
infierire, e vedrai se non te la faccio mangiare un po’ di questa buona
robina…Hm?” Per un momento, Harry pensò ad uno scherzo dei suoi occhi stanchi -sperò
in uno scherzo dei suoi occhi stanchi. Almeno, a quel punto avrebbe potuto
invocare la stanchezza per farsi sostituire…
Purtroppo,
sfortunatamente per lui, e non solo per lui, la sezione di cervello
presumibilmente priva di qualunque attività neurale lampeggiò nuovamente,
producendo una luce smeraldina… “Uh, Felipe..?” ma era inutile farglielo
notare, perché anche Felipe se ne era accorto… “Harry, vai all’interfono e
chiedi dei pazienti. Svelto!”
Il ventinovesimo e
trentesimo piano del Risk erano stati trasformati in una fortezza. L’isolamento
era assoluto, i sopravvissuti al crollo ognuno nella sua brava tenda ad
ossigeno e collegato ai suoi monitor. Le corsie erano chiuse da spesse porte
blindate di plastivetro, l’atmosfera era a pressione negativa. Di guardia erano
stati messi dei robot-soldato, che si aggiravano per i corridoi, simili a
strani ragni. Nel caso estremo, uccidere i contaminati diventava un imperativo,
e ci volevano delle macchine spietate, che non potevano essere contaminate, per
eseguire il compito…
Improvvisamente, nel
corridoio C-4, i ‘ragni’ si irrigidirono, in una posa che simulava allarme. I
loro sensori furono puntati tutti verso la porta da cui l’allarme era partito.
I loro freddi occhi non
poterono che registrare spassionatamente lo spettacolo di uno dei pazienti che,
improvvisamente, aveva preso a contorcersi in preda a violenti spasmi. Non un
suono passò attraverso la porta, ma si potevano benissimo immaginare i grugniti
ed il suono delle vertebre scricchiolare, mentre la schiena si inarcava ad una
angolazione innaturale…
Poi, il paziente crollò
sul letto. Immobile. Morto.
Un altro, subito dopo,
fu preda degli stessi sintomi, e poi un altro, ed un altro ancora…Nel centro di
controllo, i tecnici non ci si raccapezzavano. Uomini, donne e bambini,
indipendentemente dalle loro condizioni, venivano come presi da un morbo…che
ancora una volta, se di un virus si trattava, era sfuggito agli scansori!
Le squadre mediche erano
pronte, e già si stavano dirigendo verso le corsie dove la morte falciava a man
bassa. Gli allarmi risuonavano dentro e fuori l’edificio…Ma era troppo tardi…
Dentro la stanza del
C-4, dove la nuova crisi si era consumata, il primo paziente a morire aprì gli
occhi.
Occhi che ora erano
diventati piccoli, due palline bianche incassate nelle nere orbite…
Episodio 19 - Il tocco dell’Untore (II Parte)
La Repubblica dello Zilnawa.
Un paradiso della tecnologia e del progresso sociale. L’esempio concreto di cosa si possa fare superando le filosofie del mercato puramente capitalistico…oppure, imponendo l’’illuminazione’ di riffa o di raffa.
Sia come sia, lo Zilnawa, esteso intorno all’area del Vreedefort Crater, in Sud Africa, consiste di una metropoli dove il sogno di molti scrittori di fantascienza è diventato realtà. Energia dal sole, dalle viscere del suolo e dalla fusione nucleare. Idrogeno per la propulsione veicolare. Lavoro retribuito su base puramente meritocratica, e pagato non in denaro liquido ma in unità virtuali dette ‘Meriti’ -che è poi la moneta nazionale. Robot affiancati all’uomo, la più avanzata intelligenza elettronica diffusa come in occidente è diffuso il telefonino. ‘Molto alla portata di tutti’ è la filosofia.
Distruggerla è una sfida…interessante. Si sta lavorando per un credibile intervento militare da parte delle coalizioni occidentali…Ma ci vorrà tempo, tempo ed ancora qualche errore da parte dell’amministrazione, come mandare i loro Campioni, insieme a due super-armi come Mazinkaiser e lo Starglider-1000 negli Stati Uniti, anche se per una missione umanitaria…[xxxvii]
Ma non si può contare sul mutevole mondo della politica. Già ora gli USA e l’Inghilterra stanno soffrendo di una seria perdita d’immagine per le menzogne usate per scatenare la Seconda Guerra del Golfo. No, se si vuole occupare lo Zilnawa, foss’anche sotto l’egida dell’ONU, bisogna disporre di ragioni a prova di verifica.
Resta solo l’attacco dall’interno. Impresa al limite dell’impossibile: con molta fortuna, si può riuscire in un solo, rapido colpo con armi come le bombe umane fatte detonare ieri all’hotel King’s Cross[xxxviii]. Dopo, le maglie della rete della si stringeranno, come sta già succedendo, ad un livello tale da impedire anche questo tipo di manovra.
Per questo, la distruzione doveva essere parte di un piano più grande, a più stadi: l’operazione Pestilenza. Un piano che, se anche fallisse nel distruggere lo Zilnawa, lo avrebbe messo in una tale luce da renderlo ben poco affidabile sul piano diplomatico e commerciale. Paradiso tecnocratico o no, hanno ancora bisogno di un mercato esterno da cui attingere risorse. Nel peggiore dei casi, soffriranno una lenta agonia…
“…E noi dovremo solo tendere la mano e raccogliere i frutti dello smembramento delle meraviglie tecnologiche di quella nazione maledetta!”
Così parlò Maximillian von Staar, di fronte al Consiglio dello Stato. L’uomo, dalla testa ai piedi un membro della schiatta militare e nobile, disciplinatamente sull’attenti di fronte all’anfiteatro che ospitava i membri della Nazione Segreta, un’organizzazione multinazionale volta a mantenere ben saldo il controllo delle nazioni più ricche su quelle povere. Ogni membro del Consiglio occupava una propria cabina dai vetri a specchio monodirezionali. Persino le loro voci erano alterate. La prudenza arrivava ad un livello tale, che gli unici a conoscere le identità dei Consiglieri erano il Presidente dello Stato e il mainframe che gestiva tutte le informazioni dello Stato.
Un Consigliere parlò dalla sua cabina. “Abbiamo studiato i dettagli del suo piano, Barone…ma nutro dei dubbi sul fatto che riuscirà a fermare la fase tre di Pestilenza per tempo. L’esperienza insegna che il caso gioca sempre una parte molto rilevante nei piani basati sulla guerra batteriologica.”
Von Staar sorrise, confidente. “La fase tre entrerà in azione solo e solamente se i Campioni riuscissero a fermare la fase due…Cosa alquanto difficile, vista la natura…particolare…dell’Untore.”
Un lungo, diffuso silenzio accolse la sua asserzione. Poi, finalmente, “E sia, Barone. Abbiamo votato, e deciso di rinnovarle la nostra fiducia. Ma ricordi: ne’ la fase due ne’ la tre debbono sfuggirle di mano, o accoglieremo la denuncia del Tenente da Rosetta.”
Von Staar si inchinò, senza aggiungere verbo, ed uscì, il mantello agitato solo dai suoi passi, il soldato ligio al dovere e nient’altro.
Dentro di sé, decise che avrebbe trovato un modo per avere la testa di Thereza Claymore da Rosetta servita su un bel piatto d’argento…Dopo averla umiliata in almeno un milione di modi diversi, la strega! Prima gli faceva fallire un piano brillantemente congegnato[xxxix], poi osava denunciarlo per indegnità al Consiglio!
Non lo sai, strega, ma sei già morta!
Quartier Generale a terra delle FSDN dello Zilnawa.
Nella sala di comando era presente, oltre al normale personale in servizio, il Professor Simone Giapeto, Direttore delle Forze Speciali di Difesa Nazionale.
Sullo schermo principale, troneggiava il busto del Direttore della Divisione di Coordinamento dei Rischi Biologici, o Risk, del Centro Medico Nazionale: Aaron Fiesler. 40 anni, i capelli neri prematuramente ingrigiti dalla lotta contro il nemico invisibile. Lotta che gli era servita per giungere a quella prestigiosa posizione; e quella posizione, Fiesler la manteneva con la rigida applicazione dei protocolli e nervi molto saldi.
Anche di fronte alle soluzioni più estreme. “Il Vertice Nord è stato totalmente isolato. Le paratie stagne solo blindate a sufficienza da reggere l’esplosione di un missile Tomahawk. Abbiamo escluso ogni condotto di aerazione collegato con l’esterno. Il personale di ricerca sta facendo l’impossibile per giungere ad una cura dell’Ultronia Pestis; se ci riusciremo senza che la contaminazione sfugga al controllo, siamo a posto. Altrimenti, procederò all’innesco del sistema di nuclearizzazione.” Fiesler pronunciò quell’ultima frase con una casualità che suonava assurda -‘nuclearizzare’ quel palazzo significava prima riempirlo di soluzioni acide nebulizzate, seguite da una generosa innaffiata di napalm e il tutto, infine, passato agli ultravioletti duri. Nessuna forma di vita sarebbe sopravvissuta.
“Quanto tempo stimate che vi sia rimasto?” chiese Giapeto. Era stanco, come tutti là dentro, sfibrato dall’attentato di poche ore prima al King’s Cross, e non si vedeva la fine dell’incubo. Non fece nulla per nascondere la propria tensione, e francamente non gliene importava un accidente, ormai.
“Non ne ho idea,” rispose Fiesler. “Di questo virus sappiamo due cose: che è aerobico, e che è proprietà dello Stato. Non sappiamo a quali razze di mutazioni possa andare incontro. L’ultima segnalazione in merito viene dai Livelli Sotterranei…a quanto pare, Ultronia Pestis ha una grande fame di mobilità: i cadaveri contaminati hanno perso coerenza ed ora sono ridotti ad una massa di protoplasma, un ‘blob’ se vogliamo chiamarlo così, che sta cercando di trovare una via d’uscita. Mentre le vittime uccise dal virus, per ora, si limitano a cercare di sfondare le paratie. Per quanto ne so, non è da escludere che, una volta che gli ‘zombie’ si dimostrassero inutili, il virus non li muti in altro protoplasma.”
“’Ultronia Pestis’..?” fece, da una finestra sullo schermo, Capitan Ultra, il leader del super-braccio armato delle FSDN.
Fiesler si rivolse a lui. “Una prima analisi dei campioni contaminati indica che questo virus è uguale a quello coltivato dallo Stato in Slorenia[xl]. Un elegante assemblaggio di nanotecnologia e ingegneria genetica: adattabile, senza vaccini e cure, se non, come si può facilmente immaginare, quelle escogitate dai suoi creatori. Ultron-13 lo aveva usato per animare i cadaveri delle sue vittime, quando distrusse quella nazione.”
Cap scosse la testa. “Se è aerobico, come dite, perché i Vendicatori non ne furono contaminati?”
Fu Giapeto, a rispondere. “Essenzialmente perché lui li voleva vivi, con il DNA in condizioni perfette, per poterli ‘campionare’ ed usare come base per creare il proprio esercito di super-robot di nuova generazione. Per risparmiarli dal contagio, doveva per forza avere iniettato loro un antidoto…”
“…Ed è per questo che siete stati mandati lì. Per trovare qualunque cosa possa aiutarci a ricreare quell’antidoto. O lo Zilnawa è finito.”
Capitan Ultra deglutì. “Grazie per la fiducia, gente…Ma siete proprio così sicuri che non ci si potesse almeno separare? Insomma, almeno un paio di noi potevano…”
Fu il Vicedirettore David Stone a rispondere, con un tono che non ammetteva repliche, “Per quanto la Slorenia sia effettivamente una nazione morta, abitata solo da cadaveri, si è anche dimostrato un posto pieno di sorprese. Indipendentemente dalle attività dello Stato segnalate da Ms. Cleaver, il governo locale aveva, alla fine, provato di essere impegnato in programmi militari illegali focalizzati sui superumani. E non dimentichiamo le forze mistiche in gioco: se da Battleground, che era una sola città, giungono a tuttora numerose segnalazioni di attività di poltergeist, niente impedisce che uno Psychlone si formi in Slorenia.”
Psychlone! Un termine sconosciuto al grande pubblico. Pochi medium di provata serietà sapevano del fenomeno, ed insieme a loro maghi e stregoni che del soprannaturale avevano fatto la loro vita.
Psychlone: una corrente di anime in pena, milioni di spiriti senza pace che, improvvisamente, lasciavano il luogo dove da vivi avevano dimorato, per dirigersi verso i responsabili del loro tormento. Una migrazione infernale, accompagnata da fenomeni di distruzione di rara potenza…
“Capitano,” disse Giapeto, “se veniste contagiati, non avreste scampo. E se dei super-esseri venissero contaminati, le possibilità di espansione del contagio a livello globale salirebbero geometricamente. Se dovesse avvenire il peggio, almeno il nostro maggiore sistema di difesa, cioè voi, sarebbe al sicuro. Voi sareste in grado di difenderci anche a distanza.”
Capitan Ultra impallidì -nelle ultime 24 ore, il gruppo di bandiera era stato costretto a vivere in un incubo, di cui questo virus era solo l’ultimo frammento…Anche loro erano spossati, ma ben oltre quanto Giapeto, che già non era ottimista in merito, stimasse. Il morale era basso, e sapere di non potere fare altro che stare a guardare non aiutava di certo!
Stranamente, per contro, c’era ben poca, per non dire alcuna, tristezza a bordo di un altro aereo. Un Boeing modificato, un ‘fratello’ del celebre Air Force One. Ufficialmente disegnato per il Presidente dello Zilnawa, era in realtà l’ufficio volante del vero proprietario della Repubblica dello Zilnawa. Uno straordinario e sinistro essere umano: Alexander Thran, fondatore e Presidente della multinazionale Talon Corporation.
Alexander Thran era un uomo molto soddisfatto. Aveva accolto con un cipiglio di facciata le notizie dalla ‘sua’ creatura. Si era ritirato nella sua cabina, confidente che la sua efficiente segretaria avrebbe fatto da filtro per tutto e tutti. Poi, si era rilassato sulla sua poltrona foderata di velluto scarlatto con bordi intrecciati di fili d’oro, si era versato un brandy stravecchio che pochi al mondo potevano vantarsi di possedere…e dopo il primo sorso, aveva sorriso. E da quel momento non aveva fatto altro che rigirarsi il bicchiere, studiando i placidi movimenti del liquido ambrato come se ci fosse stato un mondo nascosto al suo interno.
“Non poteva andare meglio. Tutte le pedine stanno muovendosi esattamente come previsto…Adoro essere un genio.”
Parole rivolte e a sé stesso e alla figura che stava in piedi dall’altra parte della cabina: la figura di un licantropo. Pelliccia grigia, vestito solo di un perizoma e di diversi ornamenti, dai bracciali e la collana di zanne, fino agli zaffiri finemente intagliati ed incastonati nell’oro. Nella destra, stringeva una lunga lancia a cinque punte ornata da penne cerimoniali.
“Una così spontanea arroganza è stata la causa della caduta di molti altri uomini, Thran,” disse Karshe, lo sciamano-guerriero della misteriosa tribù dei Cheemuzwa. “Se i tuoi Campioni trovassero quello che stanno cercando, l’intero tuo piano fallirebbe.”
Thran bevve un altro sorso. Non sembrava turbato dall’ipotesi appena udita. “Certo. E col fallimento di questa strategia, i tempi del Progetto Exodus verrebbero pericolosamente allungati, rendendone lo sviluppo vulnerabile. Un cumulo di eventi fuori dallo schema finirebbe addirittura col trucidare il Progetto…Ma so bene che il miracolo non avverrà: i Campioni stanno correndo dietro a uno specchietto per le allodole. La loro missione in Slorenia non avrà mai successo, perché lo Stato ha avuto l’accortezza di distruggere la sua base senza lasciare nulla che potesse comprometterli…In compenso, i fantasmi locali intratterranno il gruppo abbastanza da permetterti di prendere una decisione dalla quale non potrai tornare indietro…Per quel tanto che basterà, almeno.” Ridacchiò. “Sempre ammesso che tu non voglia ripensarci. Sai bene che non sei costretto ad assecondarmi.”
Karshe sbuffò, agitando le orecchie. “Immagino che tu abbia previsto un mio rifiuto a questa follia. I miei spiriti-guida mi hanno parlato delle tue ambizioni…ed è solo perché, per ora, non conosco un’alternativa ad esse, che continuerò ad assecondarti.”
Thran annuì. “Hai ragione. Ho previsto anche il tuo rifiuto. La ridondanza è essenziale, per Progetto Exodus.”
Karshe scelse di non aggiungere altro. Guardò fuori dal finestrino, guardò il continente americano sparire all’orizzonte. Non stava abbandonando i suoi amici, qualcun altro avrebbe vegliato su di loro…Ma ancora si sentiva un vile, per averli lasciati così, anche fornendo una spiegazione…
Ma non aveva avuto scelta, alla fine. Egli era uno sciamano dei Cheemuzwa, ma era anche imbevuto dello spirito del Popolo. Quello che si accingeva a fare era, alla fine, la vera ragione per cui era stato addestrato e preparato[xli]. Mi mancherete, Rangers.
Per quanto lo riguardava, Alexander Thran stava nutrendo un ben altro tipo di pensiero. Inutile dire a Karshe che la ragione per mandare i Campioni in Slorenia era stata ben altra…
Prima del Celestiale Nero c’era stato Ultron.
Il modello mark-13, dotato del suo corpo di adamantio e di un’armata di aeromobili, aveva distrutto un’intera nazione senza il minimo sforzo. E ‘distrutto’ non voleva dire semplicemente raso al suolo ogni edificio, come aveva fatto Maelstrom: Ultron aveva ucciso ogni singolo essere vivente entro i confini Sloreni. Fino a poco tempo fa, neppure ratti e mosche erano stati presenti. Phoenix, o Battleground come la si voleva chiamare adesso, aveva qualcuno che sarebbe tornato nel suo grembo, una volta ricostruita. La Slorenia aveva cessato di esistere, c’erano solo i familiari emigrati a reclamare quella fetta di territorio…territorio ambito solo dalle agenzie immobiliari, non essendoci più risorse o mezzi. C’erano solo tanti fantasmi…
“Lo giuro: anche solo una casa fantasma, dopo questo catalogo degli orrori, e dò le dimissioni.” Così parlò Psychlone, ovvero lo psicometra David ‘Dave’ Martin.”
Nessuno degli altri presenti osò contraddirlo -va bene che nessuno dei Campioni si era scelto un lavoro comodo e facile...Ma mai come oggi si sentivano piccoli e insignificanti. Se bastava un solo mostro, neanche un dio, a fare tutto questo, a cosa potevano servire tutti i loro sforzi? Persino un virus poteva fare meglio di loro! ‘Campioni’…Ha! Che bufala!
Sullo schermo grande, si distingueva un enorme cratere in quella che un tempo era la Piazza del Parlamento, nel cuore della Capitale. Cascate di dati scorrevano accanto a quell’immagine. “Se qualcosa è rimasto, lì, ci vorrà un miracolo per trovarlo,” disse Stone. “Là dentro c’è il deserto. Scansori,” continuò, rivolto al personale, “allargate il raggio in cerchi crescenti dalla piazza. Forse, ma solo forse, lo Stato si è lasciato dietro qualcosa…In fondo, non se lo aspettavano l’attacco della Justice Incorporated.”
Ci fu un discreto scambio di occhiate preoccupate, fra Capitan Ultra, Psychlone, Hrimhari, Sundown, Equinox e il Ninja Bianco. Stone, Americano con tanto di pedigree, anche se persona competente, come dovevano essere tutti gli appartenenti alle FSDN, non aveva avuto incarichi di responsabilità oltre il proprio grado. Era inesperto, e avrebbe dovuto fare il possibile per non mostrarsi tale!
E intanto, gli scansori continuavano a registrare solamente ratti, scarafaggi, mosche e ogni altro rappresentante del nuovo ecosistema necrofago. La sola vita che…
Un cicalio sembrò esplodere nella stanza, insieme all’eccitata voce di un tecnico. “Comandante! Segni di vita. In Piazza d’Inverno Rosso.”
Lo schermo mostrava un eloquente puntino sulla mappa della città. Ovviamente, a occhio nudo, non c’era traccia alcuna di tale vita, nella piazza sepolta dalle macerie…
“Sciacalli?” disse Equinox. Quando aveva acquisito da poco i suoi poteri, Terrance Sorenson aveva dovuto iniziare subito a rubare i materiali che servivano alla madre per cercare una ‘cura’ alla sua condizione. Pur avendo dovuto imparare da zero l’arte del furto, alla fine si era adattato benissimo, diventando furtivo come un topo. I paesi confinanti con la Slorenia non erano ricchi, e un’intera nazione da depredare era un’occasione troppo buona…
“Più probabilmente, qualche soldato dell’ONU,” disse Capitan Ultra. “Capirai, la Slorenia è comunque sotto mandato proprio per evitare che ci si allunghi le mani sopra…”
“Negativo in entrambi i casi,” intervenne lo stesso tecnico di prima. Lo schermo mostrava immagini della piazza a varie angolazioni, e in nessuna si vedeva l’ombra di un essere umano. “Si tratta di qualcosa di vivo, di piccole dimensioni, ma non è animale o umano. È fermo sotto le macerie, ed ha un’emissione stabile.”
Stone annuì, per poi rivolgersi alla pulsantiera della poltrona. “Armamenti. Preparate una Squadra d’Assalto: sei elementi. Cinque li voglio bene armati e programmati per qualunque evenienza. Uno deve fare da raccoglitore.”
Un cicalio di un determinato tono segnalò l’accusata ricezione degli ordini. Stone tornò a fissare lo schermo: poteva essere nuovo al comando di quel distaccamento mobile, ma il manuale se l’era studiato eccome! La sua nuova sequenza di ordini riguardò la predisposizione di una camera completamente isolata nella sezione medica; anche se gli scansori non registravano traccia dell’U.Pestis, non era assolutamente il caso di correre rischi!
La pista di lancio, ospitata nella sezione posteriore dell’SG-1000, si aprì come un’enorme bocca. Un attimo dopo, ne uscì un heli-jet. L’apparecchio si diresse sicuro verso il punto indicato.
In sala comando, la tensione era alle stelle. L’ONU aveva deciso, a sorpresa, di dare respiro alle FSDN perché queste potessero soccorrere il loro paese…Ma i satelliti erano tutti puntati su di loro, e Stone doveva segnalare ogni suo movimento. Un solo sospetto di furbata, e molto probabilmente i Vendicatori sarebbero giunti su di loro come una muta di cani su un coniglio…
…Ma non successe nulla. L’apparecchio atterrò senza problemi. Pochi istanti, e le porte pneumatiche si aprirono. Con marziale precisione, ne scesero sei robot, sei macchine dall’aspetto inquietante, come di uno scheletro a cui avessero deciso di attaccare muscoli metallici. I loro ‘teschi’ avevano un aspetto marcatamente animale, con tanto di zanne affilate e canini come pugnali.
I droni si disposero in formazione, a proteggere il raccoglitore; questi, anziché portare un fucile lungo quasi quanto il suo corpo, trasportava una specie di incrocio fra uno zaino ed una valigetta. Si tolse l’oggetto, pesantemente blindato, dalla schiena, e si avvicinò al punto esatto in cui era segnalato il misterioso oggetto.
I due droni più vicini al punto smossero le pietre ed i mattoni, mentre gli altri tenevano puntate le armi. L’aria era satura di mosche, e molti scarafaggi fuggirono da quella sgradita intrusione.
Finalmente, l’oggetto fu rivelato.
Come gli altri, Stone perse diversi secondi a guardare lo strano parallelepipedo che brillava di un’intensa luce smeraldina. Era diviso in tre blocchi, e quello centrale presentava uno strano disegno, come di un cerchio dal quale si irradiavano due raggi, uno sopra ed uno sotto.
Finalmente, l’uomo si scosse abbastanza per dire, “Database, voglio sapere che cos’è e da dove salta fuori. Squadra 5e, confermo missione. Agite con la massima, ripeto, massima, prudenza…E ora cosa?” la sua espressione ostile si fece di colpo terrorizzata, quando realizzò che il segnale era la linea d’emergenza con il QG a terra nello Zilnawa.
Infatti, in una finestra dello schermo, apparve Simone Giapeto. Non c’era bisogno che parlasse: bastava guardarlo in volto, per capire che le notizie erano pessime.
“David, con effetto immediato, in accordo con le disposizioni sullo stato di catastrofe nazionale, ti conferisco seduta stante l’incarico di Direttore delle FSDN. Si sono manifestati altri casi di U.Pestis fuori dal Centro Medico Nazionale. La situazione è potenzialmente incontrollabile, e abbiamo chiesto un aiuto esterno per isolare a tutti gli effetti l’intera Repubblica dello Zilnawa da ogni contatto col resto del mondo, salvo quello radiotelevisivo ed internet.
“Ascolta bene: la barriera sterile sarà di origini mistiche, quindi sarà inutile cercare di violarla. Inutile e assolutamente sconsigliabile, in quanto faremo l’impossibile per mantenerla fino a quando non avremo debellato il virus o almeno contenuto la sua minaccia. In caso contrario, attiveremo il protocollo omega.
“Date istruzioni ai Campioni di fare quello che possono per difendere i nostri interessi all’estero: ONU o no, uno sfruttamento a scopo militare, incontrollato, dei nostri brevetti, potrebbe scatenare dei disastri. Ho appena allegato un file con gli obiettivi da tenere d’occhio…”
“PROFESSORE!” urlò Ultra così forte che quasi avrebbe potuto fare saltare lo schermo. “Non lo faccia! Noi…noi non sappiamo cosa fare, da s…”
Giapeto sospirò. “I centri direzionali sono già perfettamente isolati. Salvo incidenti, il virus non arriverà fin qui. C’è ancora speranza, Capitano. E per quanto riguarda lo Stato, la lista che Stone vi consegnerà riguarda le sue potenziali aree di interesse. Se sopravvivessimo al virus, non sopravvivremmo ad una scalata ostile. Una volta isolati, non ci vorrà molto prima che si arrivi ad una dichiarazione di bancarotta, e da quel momento gli squali ci saranno addosso. Voi dovrete tenerli a bada, costi quel che costi.”
Capitan Ultra annuì. Gli altri Campioni tacquero, un rispettoso silenzio rotto solo da un uggiolio involontario di Hrimhari.
Giapeto annuì, sorridendo con quel suo faccione bonario. “Sono fiero di voi, ragazzi. Ci si vede.”
Poteva vederlo.
Ai suoi sensi, U.Pestis era come una macchia di olio per motori in un ruscello limpido. Una chiazza dalle sfaccettature prismatiche, ma scure, che si estendeva lentamente, ma inesorabilmente, nell’aria, in cerca di vittime.
Karshe sedeva nella posizione del loto, sopra le cime della città-stato. I gioielli sul suo corpo brillavano di un chiarore intenso, intermittente.
Quello che stava per fare, in un certo senso, era un suicidio. La magia, normalmente, permetteva di incanalare potenti forze naturali attraverso il corpo, con gesti e/o parole. Il limite, in tali procedure, era la resistenza fisica: più debole il corpo, meno a lungo si poteva mantenere l’incantesimo. Bisognava essere quanto al meglio della forma fisica e mentale possibile, ed anche così la lunghezza di un incantesimo ‘bruciava’ energie ad una velocità impressionante.
L’unica opzione era abbandonare il corpo. Usarne ogni oncia per nutrire il pensiero, diventare una sola cosa con la magia, per potere resistere fino a quando la propria fermezza d’animo avesse resistito.
Si può capire che non era un rituale a cui si facesse abitualmente ricorso. Ma Karshe era pronto: milioni e milioni di vite dipendevano da lui…
Il lupo mannaro versò una lacrima, una goccia che, poco dopo essere caduta, si trasformò in tanti frammenti polverosi, accesi di una luce azzurra, intensa. La stessa polvere in cui, lentamente, il suo intero corpo andò trasformandosi. Poi, per un attimo, di un prode guerriero rimase solo un simulacro di Polvere delle Pleiadi; Karshe era bello come quelle giovani stelle.
Il simulacro levò la testa e proruppe in un ululato di gioia. Allo stesso tempo, esplose; un’esplosione silente, scintillante, come se la luce stessa volesse cantare. La polvere si estese come a seguire il contorno di un’invisibile cupola; c’era molta più polvere di quanta ci si potesse aspettare. Scendeva come acqua, andando a coprire ogni millimetro quadrato di spazio da dove Karshe si era trasformato fino a terra. In un silenzio irreale, il confine fu tracciato. Le comunicazioni furono interrotte.
Lo Zilnawa era totalmente isolato. La sua popolazione, per ora, viveva. I suoi edifici svettavano…ma nessuno avrebbe potuto avvicinarsi o uscire.
Da qualche parte, Maximillian Von Staar guardava lo schermo e schiumava di ira.
Da qualche parte, Alexander Thran guardava lo schermo e pensava, contento, ad una sola parola.
Perfetto!
Episodio 20 - Il volto della vergogna (I parte)
StarGlider-1000, in volo sui cieli Africani
“L’attività dell’artefatto si è arrestata,” disse la voce sintetica, femminile, del computer centrale della fortezza volante. “Si può cessare azione di contenimento.”
Solo a quel punto, la bolla intorno all’oggetto di pietra conosciuto come il Trittico fu dissolta, e Capitan Ultra poté permettersi di rilassarsi. L’eroe dal costume più colorato che si fosse mai visto si sedette pesantemente su una poltrona. “*whew* Non credevo che uno scatolotto di pietra riuscisse a generare da solo così tanta potenza. Madre, mi rispieghi un po’ cos’è, esattamente?”
Fasci di luce avvolsero l’oggetto. Nessuno, tranne il personale strettamente autorizzato, avrebbe potuto mettere le mani su di esso. “Il Trittico è una creazione di ignoti appartenuti al ceppo etnico dei Dudak. Si tratta di un artefatto di origine mistica, imbevuto di notevoli quantità di energia. Il suo scopo è potenziare con quelle energie un essere umano di etnia Dudak perché ne diventi il campione, col nome di Ember.”
“Fantastico,” disse Cap. “Quindi, quel gingillo può agire solo su un Dudak? E allora, perché è andato fuori di matto, quando lo abbiamo scavato dalle macerie[xlii]? In Slorenia ci sono solo morti.”
“E’ stata effettuata una
ricerca: il Sig. Jarlo Krigovi, grado assistente di plancia, addetto alle
comunicazioni, pur essendo originario della Estonia, ha un bisnonno Dudak. Il
Trittico ha reagito a tale linea ancestrale.”
“Oh. E allora, perché ha smesso?”
“La volontà del candidato
alla trasformazione deve essere concorde con quella del Trittico. Il Campione
dei Dudak deve essere tale di nome e di fatto, non per coercizione, o
l’incantesimo non funzionerà.”
“Tss. Magia! Più facile leggere un estratto di conto corrente bancario…” In quel momento, suonò il cicalino che lo chiamava in plancia. Fine della ricreazione.
“Dunque, signori, la situazione la conoscete.” A parlare così era il nuovo Capitano dell’SG1000 nonché nuovo Comandante delle FSDN dello Zilnawa, David Stone. “Escludendo le comunicazioni via internet, lo Zilnawa è a tutti gli effetti isolato dal resto del mondo, per un periodo di tempo indefinito. Il che ci lascia in uno stato…diciamo così…peculiare. Anche se continuiamo a rappresentare il nostro stato, non abbiamo alcun appoggio da esso, se non a livello legiferativi e consultivo. Secondo la nostra Costituzione, il nostro nuovo Presidente pro tempore è l’Ambasciatore all’ONU Colette La Fleur…e la Talon Corporation, che detiene quote sostanziali dei nostri mezzi e può decidere il bello e il brutto tempo, legge o non legge.”
Ci furono solo assensi, seppure a denti stretti, nelle fila dei Campioni dello Zilnawa, valeva a dire, oltre a Capitan Ultra, il leader, Equinox, l’Uomo Termodinamico, Psychlone, Hrimhari il Principe dei Lupi di Asgard, il Ninja Bianco e Sundown, l’Uomo Fotogenetico.
Stone picchiettò un comando sulla poltrona. Un’immagine apparve sullo schermo principale: la mappa di una nazione africana. “Il primo compito che ci viene richiesto è di proteggere la nostra Ambasciata a Monrovia, in Liberia. Sembra che l’Ambasciatore stia facendo l’impossibile per proteggere una coppia di ricercatori che hanno lavorato per un’affiliata della Talon.
“I ricercatori saranno trasferiti a bordo, insieme al personale dell’Ambasciata. Dopo, dovremo seguire l’evacuazione di una colonna di civili fino al molo e da lì scortare il convoglio nell’Atlantico, fino a permettere loro di raggiungere acque internazionali. Si tratta di uomini, donne, bambini ed anziani nelle peggiori condizioni cliniche possibili; non possono restare un minuto di più in quell’inferno. Credo che sia inutile sottolineare la delicatezza della missione; niente bravate, niente colpi di testa. Qui non basta prendere a calci un culo o due, per risolvere il problema: qui ci vorrebbero le armate di Asgard e dell’Olimpo messe insieme, per fare un’opera di pacificazione come si deve. Mi sono spiegato?”
“Che meglio non si può,” disse Equinox, indicando con un pollice la mappa. “Abbiamo almeno il permesso di arrostire quelli che cercheranno di farci la pelle per impedirci di portare a termine la missione?”
Stone annuì, seppur
riluttantemente. “Agite solo e solamente per autodifesa, tenete quei pazzi
armati, non importa di quale fazione, lontani dai civili. Lo ripeto: niente
iniziative personali, facciamo parte di una forza multinazionale di pace,
dobbiamo rendere conto all’ONU. Altre domande?”
“Una,” disse Psychlone, la
voce filtrata dal suo elmo a teschio di bufalo. “Che ricerche stavano
conducendo gli scienziati che dobbiamo soccorrere?”
Stone disse, “Nuove leghe
polimeriche basate sul diamante sintetico, per applicazioni civili. Altre
domande? Bene, ai vostri posti. Siamo in prossimità dell’obiettivo.”
I Campioni scattarono fuori
dalla plancia. Tutti avevano capito che l’aiuto umanitario era un bonus,
un’opzione aggiunta per giustificare il soccorso degli interessi della TC…Ma,
almeno, degli innocenti venivano salvati, e questa
era la cosa più importante!
Monrovia
L’ironia era sprecata,
ormai. La Liberia nacque, come il suo stesso nome implica, quale nuova nazione per
gli schiavi affrancati dalla loro misera condizione. Doveva essere una terra di
rinascita, di speranza…Questo, prima che si scoprisse che tale terra non
produceva solo un ottimo legname. Sotto i piedi dei Liberiani c’erano oro e diamanti, dei quali diventarono fra i maggiori esportatori.
La cupidigia del mondo
occidentale aveva fatto il resto: tensioni politiche ‘guidate’, alle quali
erano seguiti leader sempre più corrotti e crudeli, l’ultimo dei quali l’ex
Presidente Charles Taylor. Le ribellioni, alimentate da una miseria crescente
che a sua volta alimentava la disperazione, e soprattutto armi sempre
disponibili da un mercato polarizzato dalla morte.
La Liberia, oggi, era
l’altare della disperazione, una porta sull’inferno -un inferno passato quasi
sotto silenzio, un orrore spacciato per l’ennesima ‘guerra fra poveri’, come se
le eleganti definizioni potessero imbellettarlo a beneficio di un pubblico più
disinformato che insensibile.
In un certo senso, la somma
ironia era che c’era voluta un’altra, recentissima guerra, per attirare
l’attenzione del mondo sulla fine di un sogno: la seconda Guerra del Golfo, che
aveva definitivamente incoronato gli USA come campioni e guerrieri della
democrazia. Ora la Liberia, nata proprio sotto il patrocinio Americano, invocava
a pieno diritto G.W. Bush perché Taylor, sospettato proprio di essere una
marionetta delle multinazionali USA, venisse deposto e la popolazione soccorsa.
Taylor aveva abdicato,
c’erano timidi segnali di pace, ma la guerra andava avanti. I morti si
contavano a migliaia, i vivi erano di fatto ad un passo dal raggiungere i
morti. Il cibo iniziava ad arrivare solo ora, ed entrambe le fazioni in lotta
si guardavano bene dal permettere l’equa distribuzione ai civili. L’evacuazione
dei disperati restava la sola opzione disponibile, per ora.
Sotto gli occhi impassibili
di oltre un centinaio di telecamere e macchine fotografiche, la grande fortezza
planò nelle acque inquinate del molo. Il primo effetto dell’arrivo delle FSDN
aveva perlomeno spinto i combattenti a spostare le loro beghe più all’interno
della capitale.
Lo sportello posteriore si
aprì, e ne fu estesa una rampa snodata, che terminò la sua uscita nell’acqua.
Poco dopo, dall’SG-1000 uscì una colonna di chiatte-hovercraft, tutte recanti
il logo dell’ONU accanto a quello delle FSDN. Mentre i veicoli si disponevano
ai moli per predisporsi alla raccolta dei civili, con le navi-ospedale
costrette a stare alla randa per non essere coinvolte in eventuali scontri a
fuoco, uno sportello si aprì nella sezione superiore della fusoliera. Una rampa
di lancio fu estroflessa, e sulla rampa stava un X-101.
Il velivolo tascabile dalla
forma a delta partì con un rombo, e i reporter arretrarono istintivamente,
tenendosi strette le loro attrezzature.
“Credi che ne troveremo
altri, di quegli avvoltoi, all’Ambasciata?” chiese Psychlone, già preoccupato
di dovere gestire una potenziale situazione con ostaggi.
“Spero di no,” rispose
Capitan Ultra. “Secondo le info, la fuga delle due teste d’uovo non è stata
notata dai guerriglieri. Il Direttore dell’impianto di ricerca ha preferito
sacrificare tutto il resto del personale e l’impianto stesso, pur di coprire la
fuga dei due. La nostra missione, per quanto li riguarda, è segreta: basta
muoversi veloci, e nessuno si farà male.”
C’era un solo ‘vantaggio’,
in quella follia: le strade erano praticamente deserte. Armata o non armata, la
gente doveva muoversi in fretta o non sarebbe arrivata neppure ad
attraversarla, la strada. L’X-101 atterrò di fronte al palazzo dell’Ambasciata;
fortunatamente, lo Zilnawa era un bersaglio ‘minore’ per le fazioni in lotta,
più preoccupate di paesi ‘maggiori’ come USA, Russia, Cina, ecc., ma l’edificio
si era comunque preso la sua dose di proiettili, e le finestre erano protette
con sacchi di sabbia e sbarramenti.
I Campioni scesero e si
diressero al cancello. Per essere sicuro, Cap passò l’intero palazzo al
setaccio della sua Vista Ultra. “Territorio sgombro, gente: and…”
“A TERRA!” Il grido di
Hrimhari agì come un colpo di frusta, e i guerrieri erano abbastanza addestrati
da reagire senza porsi domande. Si gettarono giù come un sol uomo. Allo stesso
tempo, un oggetto sfrecciò verso l’aereo. Ebbero appena il tempo di
comprendere, dal sibilo, che si trattava di un missile terra-aria, che esso
colpì in pieno uno degli sfoghi dell’aereo! L’X-101, alimentato con una miscela
a base di idrogeno, esplose come un piccolo sole. A quella distanza, la potenza
dell’impatto scaraventò i Campioni come bambole dentro le mura dell’Ambasciata.
I sacchetti di sabbia volarono via come altrettante piume, spaccandosi,
generando una nube di sabbia arroventata. Gli sbarramenti furono divelti
insieme ai vetri. Urla vennero dal palazzo. La porzione di muro sul fronte
dell’esplosione fu sbriciolata.
Poi,
fu il silenzio, rotto solo dal suono del fuoco e dalla sirena di un’ambulanza…
Non sapeva per quanto tempo
era rimasto in quello stato di incoscienza. Sapeva solo che, improvvisamente,
fu sveglio. Si sentiva fresco e riposato, e per un momento credette di avere
sognato tutto…Poi, si rese conto di essere sdraiato in uno dei letti
dell’infermeria.
Griffin Gogol, l’alter ego
civile di Capitan Ultra, si mise seduto di scatto, come una molla. “Signore..?”
Accanto a lui, in piedi, immacolato
nella sua uniforme, stava David Stone; Griffin, però, continuò a guardarsi
intorno. Vide il cerchio dei letti a loro riservati. Dave Martin si stava
svegliando in quel momento; dal lenzuolo, sporgevano braccia coperte di lividi,
ma sembrava altrimenti stare bene. Nel letto accanto, Hrimhari, la cui
pelliccia presentava delle chiazze quadrate di bende. Le sue orecchie erano
agitate dall’imminente risveglio. Terry mormorava qualcosa di sconnesso nel suo
uscire dal sonno; lui, almeno, non presentava neanche un graffio…
“David..? Il Ninja?” chiese
Griffin, osservando i due letti vuoti, immacolati.
Stone stava mantenendo la
faccia ‘di circostanza’. Lo sguardo di Griffin volò all’orologio: cinque ore. Signore onnipotente..!
“David Patrick Lowell è
stato gravemente leso alla schiena, prima dall’onda d’urto e poi dall’impatto
con la parete dell’edificio. Cinque vertebre spezzate, fra cui la seconda
cervicale; quattro costole spezzate, entrambi i polmoni perforati. Commozione
cerebrale. È in coma. Potrà recuperare, grazie a nutrite iniezioni di naniti,
ma sui danni cerebrali le ipotesi sono aperte. E lui è stato fortunato. Il
Ninja Bianco, invece, è morto. Molte schegge dell’X-101 lo hanno fatto
praticamente fatto a pezzi.”
Gli altri, come Griffin,
rimasero ammutoliti. Fu Lowell a spezzare l’incredulo silenzio. “Morto..?
Senta, è impossibile. Quelli come noi non
muoiono per una cosa così. Insomma, quando ero in galera, ho letto delle
imprese delle Meraviglie. Loro non…muoiono in uno stupido agguato di quattro
straccioni. Noi non…”
Stone era, però,
adamantino. “Anche se sono stati ribelli, a schiacciare il pulsante, le armi
che hanno maneggiato erano ben diverse da quelle da loro usate normalmente.
“Quello che ha colpito
l’X-101 era un CoGSteR, un nuovo tipo di razzo-stealth guidato dal computer.
Era praticamente invisibile, almeno fino a quando i raffinati sensi di Hrimhari
non lo hanno percepito, anche se troppo tardi.
“Dopo l’attacco, un gruppo
di ribelli si è mosso allo scoperto, ed ha attaccato l’Ambasciata. Anche dando
per scontato che fossero professionisti, sono andati a colpo sicuro. Hanno
rapito gli scienziati e preso un paio di ostaggi con loro. Un’azione rapida,
portata a termine con autoveicoli che di malandato avevano solo l’aspetto. Se
la sono svignata in direzione del fiume St. Paul, dove si sono imbarcati. Gli
Stati Uniti, i più ‘autorevoli’ rappresentanti delle forze di pace, hanno
chiesto una sessione speciale dell’ONU per permetterci di andare a prendere a
calci i bastardi. Guarda caso, vogliono essere sicuri che noi ci si attenga ad
una ‘risposta proporzionata’. Il guaio di avere poteri e mezzi sufficienti a
radere al suolo una città. E per giunta, dobbiamo starcene buoni proprio a
causa nostra con il fattaccio di Phoenix.
“Ad ogni modo, i rapitori
non ci sfuggiranno: i nostri droni li
stanno tenendo d’occhio, e finora tutto quello che stanno facendo è risalire il
fiume. Sono praticamente nostri.”
“Il che è tutto da
dimostrare,” disse Sundown. “Insomma, se loro non sono guerriglieri, chi sono?
Che mezzi hanno?”
Stone scosse la testa. “Li
abbiamo identificati tutti: sono Liberiani. Poveri cristi pagati profumatamente
per fare da carne da cannone. Immagino che consegneranno i prigionieri ad un
qualche intermediario, in modo che comunque non si possa risalire ai mandanti;
non in un’aula di tribunale, almeno.
“Quanto ai mandanti, i
soliti sospetti si sprecano: Justin Hammer, l’AIM, l’Hydra, Il Dott. Fu Manchu,
lo Stato, la Roxxon…solo per citare i più noti. Le leghe carbopolimeriche
permettono una serie di applicazioni pressoché illimitata dal campo civile a
quello militare. Con le lc, per esempio, si potrebbero costruire razzi vettori
talmente resistenti da essere riutilizzabili un numero quasi illimitato di
volte. Lo spazio e le sue risorse sarebbero molto più vicini.”
“Una ragione in più per
muoverci, e subito,” disse Griffin, scostando le coperte e mettendosi seduto.
“Sappiamo benissimo che gli USA sono coinvolti nel rapimento, o non
cercherebbero di ostacolarci. Dobbiamo…” un gemito di dolore concluse quella
frase. Griffin, che si era appena alzato, tornò seduto quasi a peso morto.
Stone scosse la testa.
“Avreste dovuto essere morti, nel caso non ci abbiate fatto caso. Eravate
conciati talmente male che i rapitori non hanno neppure perso tempo a darvi il
colpo di grazia.
“Gente,
abbiamo peccato di arroganza di brutto, ed io per primo: avrei dovuto prevedere
che il nemico ci avrebbe usati come esca.
Volevano le nostre teste d’uovo, ma non potevano permettersi di rischiare un
attacco a vuoto; vedendoci arrivare, invece, hanno avuto piena conferma dei
loro sospetti.” Stone si diresse verso la porta. “Cerchiamo di ricordarcelo,
per il futuro: anche i cattivi possono vincere.” La porta si chiuse dietro di
lui.
Entrato nella sala comando,
Stone si diresse alla sua poltrona. Si sedette, e passò un paio di minuti ad
osservare lo schermo grande, che mostrava l’evacuazione ordinata dal molo alle
navi-ospedale.
Gli occhi di Stone
brillavano d’ira sotto la maschera impassibile del volto. Si credevano furbi, gli amici! Due piccioni con una
fava, e tutto il resto…E con lo Zilnawa ridotto alle sue Ambasciate ed alle
FSDN prive di un supporto logistico adeguato, si trattava solo di portare
avanti una guerra di logoramento…Furbi, vero?
Falso.
E Stone avrebbe provato a quelle carogne che i loro avversari erano tutt’altro
che privi di risorse, soprattutto in
questo frangente… “Comunicazioni. Mettetemi in contatto con la Direzione della Justice Incorporated, a New York City.”
“Come state, gente?”
Alla domanda di Griffin,
Terry grugnì. “Sono stato peggio. E tu, capo? Non stavi agonizzando, fino a
poco fa?”
Griffin stava guardando
attraverso il pannello al plasma, che riproduceva come una finestra lo
spettacolo esterno. “Non avevo intenzione di mostrargli che in realtà sto
benissimo. Mi odierò per questo, ma non intendo permettere a nessun burocrate
di metterci i bastoni fra le ruote. Porteremo a termine la missione e faremo
polpette di quei balordi.”
“Sei invero diverso dal
mortale che conobbi la prima volta, Capitano,” disse Hrimhari, togliendosi le
bende, rivelando la carne già in via di guarigione –fortunatamente, nessuna
ferita seria gli era incorsa, grazie alla scheggia del fatato Mjolnir, incastonata nel pendente
donatogli dal Sire di Asgard, Thor, in persona.
L’espressione di astio di
Griffin era ancora più accentuata sul suo volto dai tratti gioviali. “Non sono
‘diverso’, Principe…Ma non credo che tu possa capire: quando guardo la Liberia,
non posso non pensare a quello che si sta avviando a diventare la situazione
fra i miei fratelli Israeliani ed i Palestinesi. Ogni giorno sento di nuovi
sprechi di vite, da quella che doveva essere la Terra della Pace, e che invece
sta diventando un carnaio.
“La cosa peggiore è che
entrambe le fazioni, ormai, sono sprofondate nel torto, guidate solo dalla
tradizione dell’odio e delle armi. Qui in Liberia è la stessa cosa: entrambi
vogliono solo massacrarsi, e i civili innocenti sono colpevoli solo di trovarsi
nel mezzo.
“Non ci sono buoni, nella
Gehenna, amici miei, e non ho intenzione di perdonare coloro che per soldi ci
hanno scientemente aggrediti. Chi di voi non vorrà venire, lo capirò. Nessuno è
costretto.”
Dave si morse il labbro. “Non
oso venire in questo stato, capo. Mi sono liberato di Chip da troppo poco tempo[xliii],
e temo che usare troppo la mia mente adesso…” Non aggiunse altro. Del resto,
nessuno fra i presenti voleva correre il rischio del ritorno in grande stile di
Schizoid Man.
Terry disse, “Andiamo a
fare nero qualche culo.”
Hrimhari esitò, voltando lo
sguardo verso Dave. Non osava lasciare il giovane da solo, non ora. Dave
dipendeva molto anche da lui per mantenere il proprio equilibrio…
Griffin
disse, “Dunque siamo solo noi due gatti, Terry. Vuol dire che non dovremo fare
troppo casino per uscire di qui.”
“E
tu credi che il Comandante ci lascerà comodamente violare gli ordini?”
L’altro
fece una faccia sinceramente offesa. “Violare? Ho forse parlato di andare in
giro a prendere a calci qualcuno? Voglio solo fare un giro turistico della
città e dei dintorni.”
“La Justice Inc. è in grado
di venire incontro alle vostre richieste, Comandante.” Sullo schermo
principale, il volto di Angela Cleaver
era attraversato da un sorriso felino. “Vi metteremo a disposizione il numero
di Giustizieri da voi desiderato, per un’adeguata tariffa mensile.”
Stone annuì. “Accetto. Potete mandarli quando volete; io
nel frattempo contatterò il Presidente pro tempore per le pratiche
burocratiche.”
Angela Cleaver annuì. “Una
scelta saggia. Quanto al pagamento…credo che toccherà alla Talon Corporation
aprire i cordoni della borsa.” Più che un’osservazione era un dato di fatto:
senza la TC lo Zilnawa non sarebbe neppure esistito. C’era da sperare che Alexander Thran, fondatore e padrone
della multinazionale, non decidesse di tirarsi indietro proprio adesso…
Lo schermo si spense. In
quel momento, uno degli operatori si voltò verso Stone. “Comandante. Griffin
Gogol e David Lowell hanno lasciato l’infermeria. Si stanno dirigendo
all’ascensore nove.”
Stone
sospirò; sapeva che si accingevano a disobbedire agli ordini…E, onestamente,
non se la sentiva davvero di metter loro le manette. Sperò solo che avessero
quel minimo di buon senso di continuare sotto quel basso profilo...O avrebbe
dovuto abbandonarli a loro stessi…
Da qualche parte nello
StarGlider-1000, l’uomo di nome Jarlo Krigovi sedeva nel suo alloggio. Si
sentiva a disagio, irrequieto, ed aveva chiesto un permesso di qualche ora.
Avrebbe dovuto farsi visitare
dal dottore, ma la verità era che non si sentiva male: più semplicemente, la
vista dei disagi dei Liberiani aveva risvegliato qualcosa, in lui. La sua
famiglia gli aveva tramandato i racconti della persecuzione del suo popolo,
senza risparmiare enfasi e particolari…
Racconti ai quali lui,
tutt’altro che desideroso di ancorarsi alle tradizioni, aveva evitato di
prestare attenzione. Lui voleva una vita fuori dalla triste storia dei Dudak,
voleva fare parte del popolo globale, moderno…
Tutte balle! La verità era
che, sotto sotto, Jarlo voleva fare qualcosa per la gente oppressa, contribuire
a salvare il mondo. E la Talon Corporation era stata, in tale senso, la sua
scelta. Faceva parte dei migliori, si guadagnava il suo stipendio, ma
continuava a sentirsi come l’ingranaggio di una macchina. Utile, ma non
protagonista.
E ora che i Campioni erano
fuori gioco…era forse questa la sua occasione? Di fare qualcosa?
Da qualche parte nello
StarGlider-1000, il Trittico iniziò a brillare.
[1] POWER PACK #2
[2] RANGERS #6 e #7
[3] Non lo volete un elenco completo, vero??
[4] Ep. #1
[5] fatti che potrete verificare leggendo RANGERS #11
[i] ‘Teomachia’, su THOR
[ii] Catastrophes Answer And Management Integrated
Forces
[iii] Forze Speciali di Difesa Nazionale
[iv] Ultimo episodio
[v] Rangers #11
[vi] Dove il nero figlio di Loki ha combattuto in POWER PACK #10
[vii] Impegnato in RANGERS #11 e #12, per la precisione.
[viii] Ep. #12/THOR #14
[ix] Life Model Decoy
[x] Ep. #12
[xi] Sintonizzatevi allora su RANGERS #13, furbetti!
[xii] Ovviamente, su INFERNO2
[xiii] QUASAR #28
[xiv] Ep. #12
[xv] Spiegato in POWER PACK #12
[xvi] Ultimo ep.
[xvii] Ep. #2
[xviii] Se non ci capite niente, siete rimandati d’ufficio su SHOGUN WARRIORS –marca MIT s’intende ;)
[xix] Vedi la serie SHOGUN WARRIORS
[xx] Ep. #14
[xxi] Nell’ep. #2, per esempio
[xxii] Ep. #5
[xxiii] FANTASTICI QUATTRO Star #
[xxiv] STAR MAGAZINE #
[xxv] Epp. #13-14
[xxvi] Che si trova su Altro Regno, a partire da KNIGHTS TEAM 7 #18
[xxvii] I primi distrutti su SHOGUN WARRIORS #1
[xxviii] Ultimo ep.
[xxix] Ep. #5
[xxx] Ultimo ep.
[xxxi] La Stazione Spaziale Internazionale
[xxxii] Forze Speciali di Difesa Nazionale
[xxxiii] Epp. #4-5
[xxxiv] nella serie SHOGUN WARRIORS
[xxxv] Ep. #16
[xxxvi] Entrambi traslocati nel Microverso, sulle pagine di KNIGHTS TEAM 7
[xxxvii] Epp. #11-14
[xxxviii] Ultimo ep.
[xxxix] Ep. #17
[xl] Come spiegato in JUSTICE, INCORPORATED #3
[xli] Tutto quanto chiarito in RANGERS #19
[xlii] Ultimo ep.
[xliii] Ep. #14